09/07/13

Alf Wilhelm Lundberg. Una chitarra norvegese nella Chiesa di Sant'Agostino

Il pezzo migliore di Alf Wilhelm Lundberg, quel Mannheim Love (se ricordo bene), non potrà certo mai competere in fama con la vecchia nostra Chitarra Romana, una delle più classiche canzoni/stornello italiane. Del resto Alf è di Trondheim e quello che suona è un chitarrone molto particolare, con tasti a trapezio e 8 corde (due La in più), tenuto in piedi e abbracciato come un violoncello, con tanto di puntale e disco metallico antiscivolo. E Mannheim Love non la puoi canticchiare, nemmeno “in sordina” e “sotto un manto di stelle”.
Non possiede parole. Ha un motivo (poco) conduttore delicato, struggente e sfuggente, quasi nascosto, che “non puoi” ricordare. Infatti non me lo ricordo. Eppure è passato tra le possenti travi lignee della chiesa, tra gli altari barocchi dei muri maestri, sfiorando l’involontaria eleganza del pavimento a semplici quadrotti rossi alternati e i dipinti dei santi dalle prospettive scolastiche, tra i banchi severi e scomodi, tra le statue impassibili e l’altare principale vestito di ricca tovaglia bianca… E’ passato leggero e impalpabile, ma lasciando in chi c’era un segno. Un vento tra i tronchi di betulle; un raggio di mezzanotte tra i fiordi dell’estremo Nord; una cascata di suoni limpidi e freddi, ma non gelati. Ad osservarlo mentre suona in astrazione, del giovane Alf noti le prolungate mani da (ex) pianista che “articolano” sulle (8) corde come sull’infilata di tasti d’avorio di un Bosendorfer. Difatti quando fa Bach non “senti” una chitarra. Ma ti pare anche che suoni un’arpa immaginaria, quando - orecchio sinistro sul legno del manico - passeggia sulla tastiera a velocità controllata e a scientifiche falcate da quattrocentometrista ad ostacoli… prima di ricordarsi che alla fine quella è una chitarra e che un flamenco energetico è d’obbligo. Ma senza esagerare.
La Chiesa di Sant’Agostino di don Giorgio, insomma, non ospita chitarristi qualsiasi: dopo la “chitarra sarda preparata” di Paolo Angeli ad aprile, ecco questa “norvegese” dell’originale ragazzo dall’indubbia nazionalità. Dell’altro concerto come in questo, è però destino che non resti niente in testa se non l’emozione. Mannaggia com’è complicata e insolita, ‘sta Mannheim Love. E non esiste il CD. Ma quando la buona musica è anche poesia non serve neanche scriverla. Bisogna esserci quando succede. In pochi è meglio.


Pier Giorgio Camaioni

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