Eccolo che riparte, il nostro indomito ‘poeta di viaggi per terra e per mare’.
Con una stella marina e una conchiglia.
Giorgio- 11 maggio 2025
Eccolo che riparte, il nostro indomito ‘poeta di viaggi per terra e per mare’.
Con una stella marina e una conchiglia.
Giorgio- 11 maggio 2025
ovvero
DATEVI UNA CALMATA
Difficile rintracciare un barlume di razionalità tra le nebbie, i fumi, le fumate di questo aprile/maggio tragico e confuso, disseminato di guerre inutili e feroci (pleonasmi: c’è guerra che non lo sia?) e di folli dottor Stranamore in fregola bellicista; impossibile comprendere e accettare che un mondo a pezzi e sull’orlo ormai del precipizio si fermi incantato come un bambinone un po’ fesso davanti a un brutto comignolo romano e allo strambo rituale delle fumate così simili ai segnali di fumo degli indiani Arapaho.
C’è che l’immaginario collettivo si nutre di suggestioni, e vuoi mettere la magica attesa della fumatona – nera o bianca, rosa forse se mai si eleggerà una papessa – contro la fredda tecnologia di un display che invece dei punti nel basket dica se il papa ce l’habemus o no.
Però. Se Dio c’è, ci salvi almeno dal diluvio. Non l’universale e biblico, no, che ce lo meriteremmo tutto –essendo chiaro che peggior sorte non poteva toccare al pianeta, quest’atomo opaco del male, dell’essere abitato dalla specie umana – bensì quello che ci sta piovendo addosso a tema unico e unificato: il magico mondo del Vaticano, The greatest show on earth.
Funzionano così, le droghe: vedi solo quelle, il resto cessa di esistere.
L’hanno ben capito i politici nostrani - e, va da sé, i giornaloni e tutta la stampa da riporto - e con loro tutto il cucuzzaro internazionale: mediocri e inetti sì, dal primo all’ultimo, ma furbi quanto basta per sapere che una fortuna così, quando gli ricapita.
Perché il più grande spettacolo del mondo è una provvidenziale droga collettiva che fa sparire in un amen (letteralmente) le porcate della politica e le follie nostre e altrui; che qui da noi permette di nascondere ai radar i 5 referendum ai quali manca meno di un mese; di far passare inosservati la demolizione scientifica dei sistemi giudiziario, sanitario, scolastico, il riarmo che procede a rotta di collo e i paccuti finanziamenti a quello destinati e sottratti a tutto il resto, le politiche guerrafondaie dell’Europa a cui ci accodiamo in nome della…pace, gli stermini di popoli (relegati quasi tra le brevi di cronaca, come gli accoltellamenti tra balordi da stadio).
È bastato che nel discorso del Leone vestito di porpora e d’oro la parola pace risuonasse più volte (le hanno pure contate!) et voilà: giornali, giornaloni e giornaletti, tromboni e trombette, timpani e grancasse in delirio collettivo a dirsi e a dirci che un'età dell'oro sta per dischiudersi ora che sul soglio di Pietro siede un Leone.
Si cita la “meraviglia” di quel nome scelto in continuità - se ne dicono sicuri - col XIII, quello della Rerum Novarum.
Dimenticando che quest’ultima, innovativa per i tempi, era pur sempre di "impianto concettuale ed etico così paternalisticamente codino" che prenderla a modello è proprio un azzardo (definiva il socialismo una potente ingiustizia, la proprietà privata un diritto di natura, condannava la laicità dello stato e la lotta di classe, riteneva torre dal mondo le disparità sociali, esser cosa impossibile…insomma non proprio Che Guevara…)
Meglio questo, tuttavia, che farsi venire in mente quell'altro, il mediceo Leone X - niente meno che figlio del Magnifico - e il suo esultante, goliardico e arcinoto “Andiamo a goderci il papato”…
[D’altronde aveva 38 anni - altri tempi - e si può capire… E poi non gliene restavano molti, defunse a 46. Un malore, si disse, ma resta un cold case: era già scampato all’avvelenamento una volta….Comunque no panic, da un pezzo i papi non li assassinano più].
Insomma, datevi una calmata. Perché di questo passo toccherà nominarne presto un altro, di papa, se non si vuole che dissoltisi troppo presto i fumi del fumo di Roma le folle tornino a vedere chiaro – d’una chiarezza allucinante - e si accorgano che non solo il re, ma pure il papa è nudo, e i suoi richiami alla pace – vedere Bergoglio per credere – hanno sulle scellerate politiche mondiali lo stesso effetto di quelli di missitalia.
A meno che l’attuale non si dimostri un leone per davvero e scomunichi, coi loro capi, i regimi genocidari, quelli guerrafondai, quelli che le guerre le fanno per procura, quelli che fanno strame dei diritti umani e civili. Cominciando, in rigoroso ordine alfabetico, da Netanyahu, Putin, Trump, Zelensky. E via scomunicando…
Sara Di Giuseppe - 11 maggio 2025
Bisogna farsi venire delle idee, non solo parole, per dire NO al riarmo e conseguenti conflitti (va da sé), che fanno sembrare cosa ‘buona e giusta’ perseguire l’onda di morte. PGC ci prova facendo una citazione di un famoso slogan e comunicazione di successo degli anni ’70, ma rovesciandolo: chi prepara la guerra con il riarmo (progetto in discussine in Europa) “non mangia le mele”, cioè non fa un gesto sano, giusto e umano come natura e logica vorrebbero.
BILLY MOHLER / contrabbasso HERMON MEHARI / tromba FRANCESCO BIGONI / sax NATE WOOD / batteria
ASCOLI PICENO - Cotton Lab 11 aprile 2025 h21.00
Di BILLY MOHLER già il nome suona bene: è facile, si ricorda, non si confonde, funziona, piace. Oggi, un nome “internazionale” e orecchiabile spesso propizia il successo, lo sanno bene cantanti, attori, scrittori, registi, atleti, pittori, presentatori… (no, politici no, loro bramano voti).
Tanto che chi non ce l’ha, e mentre il suo è davvero pessimo, si auto-ribattezza disinvolto con un paccuto nome d’arte, e via.
Ma qua al Cotton Lab, se quell’americano si chiama proprio BILLY MOHLER e fa il musicista jazz e ci sa fare e gli viene in ogni modo riconosciuto, che il suo sia un bel nome è un optional. Anche se suona il contrabbasso e non la chitarra, il piano, la tromba, la batteria, il clarinetto, il sax alto…
Proprio il contrabbasso classico di legno, invece, quel bestiolone alto 2 metri. [ Altezza del corpo 2,12, fino al riccio 1,92, lunghezza della corda vibrante un metro e dodici…* ]
E non fa TUN TUN - TUN TUN come tanti nelle canzonette, quattro note a rimorchio della batteria, sempre quelle che è pure difficile sbagliarle nè devi saper legger musica.
[Negli anni ’60 - ’70, al tempo dei “complessi”, al basso (elettrico) ci poteva stare chiunque: imparava facile, senza stress, e tomo-tomo cacchio-cacchio si beccava la sua brava quota (di 4, o di 5), come gli altri. Da noi usava “se vuoi suonare con noi mettiti al basso”. Come a pallone “se vuoi giocare mettiti in porta”: toccava al più scarso o al più somaro, guai se gli passava la palla tra le gambe!].
Fattostà che il contrabbasso è stato quasi sempre considerato uno strumento minore o subalterno. Nelle orchestre di “classica” - che ne hanno anche 4 in fila - lui se ne sta in disparte, o dietro, o là in fondo in solitudine, o sbattuto all’estrema (ala) sinistra dove pare non conti nulla. Mai sotto la luce dei riflettori, quasi mai in evidenza, quasi nessuno che lo guardi, che senta le sue “note profonde e quasi inudibili”. E il direttore che sbava quasi solo per i violini? Quando invece “è inconcepibile un’orchestra senza il contrabbasso. Se si toglie il basso insorge una totale confusione linguistica di tipo babilonese, una Sodoma, all’interno della quale più nessuno sa perché fa della musica.** A un’orchestra, a una band, toglietegli tutto ma non il contrabbasso (come fosse il suo Breil).
Se dunque di BILLY MOHLER già il nome suona bene, figurarsi quando “contrabbassa” nell’ EURO AMERICAN QUARTET dove, mancando (stranamente) il pianoforte - ma proprio non ne sentiremo la mancanza - il “motore” deve farlo lui. Musicista pazzesco, per molti il migliore in circolazione. Metamorfico e ipnotico, quando partendo di pancia con colpi secchi e marziali, bellici e minimalisti, continui e trascinatori, riesce a garantire infinita energia vitale all’esecuzione. Lui, il contrabbasso lo artiglia, o lo accarezza. E l’atmosfera, da potente e adrenalinica, torna cauta, striata, levigata nei dettagli.
Questo anche per l'affiatamento col suo giovane batterista, che riempie rullando oppure asseconda con fantasia, e come sussurrando ricama, sui grandi piatti, inverosimili momenti sospesi. E dei due diversissimi fiati, sassofono e tromba, che sembrando a volte fratelli a volte pensosi randagi dai passi di gatto, declinano divoranti dissonanze e invenzioni di vera grazia, incrociando tra loro sguardi lieti.
E’ jazz controvento, mai jazz antico. E’ jazz euro-americano futuribile, capace di pensiero o impetuoso dalla velocità elettrodomestica. E' jazz utile, economicamente corroborante, mai scontroso, mai "pericoloso": Nate Wood, quando d'improvviso ma in velicità “inchioda” la batteria fiondandosi sui due grandi piatti roventi e li blocca simultaneamente con le (quasi rosse) mani e dita simili a due orgogliose pinze-freno BREMBO, ogni suono si immobilizza, sparisce. Che silenzio...
Un quartetto sicuro.
Con un campione di contrabbasso.
* Patrick Süskind - Il contrabbasso,1980
** ibidem
PGC - 22 aprile 2025
ovvero
Carloterzo, Camillareginaconsorte, la servitù italiota
Cerimoniali da ottocento asburgico, quelli che hanno accolto la regal coppia decisa a festeggiare il ventesimo di matrimonio nel paese (il nostro) rimasto forse l’unico – oltre al loro - ad andare in deliquio all’apparir di teste coronate all’orizzonte.
Imbarazzante il quadro d’insieme: dalla pompa magna dell’accoglienza istituzionale (la bellastatuina Mattarella, la fratelladitagliamelona, le Forze Armate panciaindentropettoinfuori, le Frecce italiche e quelle britanniche, le divise scozzesi e le cornamuse alla cena di gala con oltre cento invitati: tutto pagato da noi popolo bue), agli aerei caccia che ne hanno scortato il volo, alla “folla festante schierata lungo i percorsi”, alle cronache televisive e giornalistiche a orgasmi unificati per fascinazione da teste coronate.
foto Federico Del Zompo |
Barbara Eramo – “Cantando Emily”
Barbara Eramo infine è la più bella scoperta della serata, ma è difficile spiegare o solo raccontare, come. Lei lo sa: alla fine ti dà il vinile e il cd, la sua scrittura, e soprattutto ancora parole di passione per il suo lavoro di ricerca su Emily per Emily. Come se il concerto continuasse. (nel teatro che per soffitto ha il cielo…)
PGC - 9 aprile 2025
Scivola via, e vorremmo trattenerla, l’abbondante ora e mezza di immersione nella poesia montaliana che il vulcanico Di Bonaventura arricchisce di stralci di confidenze e “confessioni” attraverso le interviste: ci rivelano, fra molto altro, il talento musicale del poeta, l’aspirazione a una carriera baritonale (“Un’ambizione più concreta e strana mi occupava, diventare baritono”) fatalmente spezzata dalla morte del suo maestro, Sivori, e accomodatasi più tardi nella lavoro di critico musicale; e perfino, curiosamente, la passione per la pittura (“…tornò con una cassettina piena di gessi colorati e con un cartone in cui si vedeva un paesaggio che ricordava vagamente lo stile di Semeghini…” **).
Domenica ho trovato questo 6 di coppe caduto in terra, davanti al Duomo.
(Non sia mai adesso dovessero lavora’…)