21/09/23

“Non si può essere seri…”

16 Settembre 2023 h 21.15
San Benedetto del Tronto
chalet enoteca n°80 “Vino ammare
 


Non abbiamo bisogno di economisti che ci macellano, abbiamo bisogno degli aedi che ci ricompongono.

(M.Macario, Festival Ferré 2012)


Una ventata d’aria fresca, questo  Revival Ferré con i Têtes de bois in trio: concerto senza politici, autorità, sindaci, amministratori, stampa embedded, posti riservati e bella gente. Che d’altra parte quasi mai ci furono, ai gloriosi Festival dedicati a Léo: neppure quando, a interpretare e rendere omaggio a quel grande, arrivavano a San Benedetto personaggi come Juliette Gréco, George Moustaki, Jane Birkin, Gino Paoli, Paolo Fresu, Dee Dee Bridgewater, Nanni Svampa, Gianmaria Testa,  Francesco Guccini e tanti altri…


(Ci furono tempi di leggenda / ma sono passati)


Rispondevano prontamente all’invito irresistibile di Pino Gennari: Pinox, inossidabile geniale folletto che nelle aule scolastiche per decenni innamorò di Léo legioni di studenti. Instancabile ancor oggi a differenza di noi che vorremmo la sua stessa voglia di correre e ancora sognare.

Un “tête de bois” anche lui, oggi come allora; legno di quelli pregiati, di quelli con cui fanno violini e chitarre e pianoforti  e più invecchiano più crescono di valore.


Così i Têtes de bois, provvisoriamente in trio, diventano quattro con lui, cinque con Carmine Torchia e il “suo” Ferré che ti arriva al cuore come una freccia degli Arapaho: e a noi 4 gatti in ascolto pare d’essere sui tetti di Parigi, col cuore ancora giovane come gatti proletari in amore. 


Non si può essere seri a diciassette anni - cantava Ferré - e noi, diciassettenni di secoli fa, lo siamo di nuovo oggi, dimentichiamo d’esser seri e ci abbandoniamo alla sera: alla voce di Andrea, alla tromba di Luca, alle tastiere di Angelo, scopriamo un po’ di cielo in mezzo a qualche ramo, ritroviamo il mare a due passi dalle stelle. 

E siamo perfino degli Anarchistes anche noi, con la malinconia per compagna di danza: perché stasera la voce di Andrea ricompone per noi il Léo dalla voce scoscesa e dai pensieri urticanti, il Léo della rivolta e dell’amore, il Léo poeta della musica e musicista della parola.


D’altronde non ti capita quella cosa teatrale che è morire un 14 luglio come ha fatto Léo, se non sei un anarchiste nell’anima; se non sei un visionario Don Chisciotte e il tuo cuore “ha un peso rispettabile”; se non hai sventolato canzoni e poesia come bandiere, gridato versi in faccia ai potenti dalla voce vociante e dai rimorsi assenti; se non hai travolto convenzioni e generi, se non hai giocato con Baudelaire e Rimbaud, se non sei stato albatro e battello ebbro; se non hai amato infaticabilmente la vita e l’amore e ricomposto in quest’armonia - dentro di te e per noi - le lacerazioni della condizione umana.

 

Da quel tempo “saggio e lontano” la musica di Léo è tornata stasera in riva al mare, con la risacca e i gabbiani: extra e giovanissima sempre, come questi suoi impareggiabili  interpreti che la reinventano e la riconsegnano nuova, e l’intensità e il brivido sono gli stessi di un tempo. E ci pare che sia qui, Léo, a sussurrarci che Ogni barca ha il suo timone / Che la riconduce al porto  / Dal cielo che ne è prigione.


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[…]

Prima di cedere le armi

Prima che la morte mi disarmi

Tal giorno tal ora in tale anno

Senza denaro senza carta senza notaio

È ben magro l’inventario

Di quel che ho messo da parte

 

Ma io lo lascio a te come una canzone tenera

Con la tua fantasia che saprà fare meglio 

E la mia voce persa che potrai risentire

Per calare la tela se vorrai farlo,

Se vorrai farlo

 

[Léo Ferré, Il Testamento, trad. Giuseppe Gennari]

 

Sara Di Giuseppe - 21 settembre 2023


20/09/23

La storia che manca, e mai ci sarà, nel libro “30 ANNI DI STORIE DEI TÊTES DE BOIS”

 
       Emozionante e commovente per noi, il concerto dei Têtes de Bois al 5° Revival Ferré. Ma tecnicamente per i Têtes de Bois in trio è stato normale: hanno avuto tutta l’energia elettrica di cui avevano bisogno dall’ENEL, senza l’ansia per eventuali défaillances muscolari in quei loro fantastici Palchi a pedali, dove le migliaia di watt per il concerto si producono “solo” con un centinaio di pedalatori volontari su cento biciclette.


       Così mi sono immaginato la storia di un concerto “a corrente naturale” - che mai si farà - anche qui a San Benedetto: un “Palco a pedali” in spiaggia alimentato da 98 ciclisti in fila per 6 col resto di 2 (e “quarantaquattro gatti in fila per 6 col resto di 2” a guardare dal tetto dello chalet n°80).
Non sarebbe bello se lo vedessimo funzionare così, il 6° Revival Ferré di sabato 14 settembre 2024, sempre con i Têtes? Sarebbe godurioso soprattutto se i 98 pedalatori fossero obbligati, non volontari. E dunque, per fare intanto un parziale elenco, come minimo dovrebbero esserci:

-     Sindaco Spazzafu’ & Co. (assessori, consiglieri, dirigenti, sponsor elettorali ecc.), quelli che “hanno fatto l’Elettrochoc (sic) alla città”.
-     Gli ideatori della colorata mostra-non-d’arte “Prospettiva Van Orton”, ladri di Palazzina Azzurra... con pure i torinesi gemelli VAN ORTON protagonisti: loro su tandem, ovvio.
-     Gli ideatori di Villaggio Coldiretti - “Campagna Amica”, grandi inquinatori di lungomare, compresi i persi Carabinieri a cavallo - ippomontati (sic) - che pattugliavano il Villaggio.
-     Quelli (del fiasco) della Cena al Porto da 130 euro a cranio, più i 5 chef stellati (e pentiti).
-     Quelli che buttando al… cielo soldi pubblici hanno fatto venire le inutili inquinanti rumorose pericolose e chi ne ha più ne metta FRECCE TRICOLORI (e gli è andata pure bene).
-     Quelle têtes de… che hanno segato i bei pini di viale Moretti davanti alla scuola! e - prima - anche più su. Compreso il Comitato di Quartiere che se ne accorge sempre dopo perché prima dormiva, e mo’ frigna.
-     L’archistar del mezzo-Ballarin-al-prezzo-di-uno, con tutto il cucuzzaro pedestre.
-     Quelle têtes de… che hanno ucciso la “Casa Bassa”, ma anche i parolai che hanno fatto finta di difenderla.
-     Quelli che hanno ucciso la “Casa Rosa” in viale De Gasperi per farci una torre grigia d’appartamenti di lusso.
-     Quelli che hanno progettato e costruito il Nuovo Villaggio dei Pescatori che pare un ossario, o Auschwitz se preferite.
                                   
     Tutti umani mai visti in passato ai “Ferré”, ma che tornerebbero utili far pedalare ai Revival. Ovviamente sotto la sorveglianza volante degli anarchici ALBATROS di Baudelaire-Ferrè, ogni tanto giù in picchiata a beccarli nei momenti di stanca e a bombardarli di patafisica “merdre”. Ma alla fine, anche questi 98 si meriterebbero il carezzevole “Grazie, veramente grazie, grazie di cuore” da Luca per i Têtes de Bois e da Francesco e Giorgio del fu “ZéROdeCONDUITE communications”.

PGC - 19 settembre 2023 
 


 

09/09/23

35.000 papere in fila per 6 col resto di 2

     La sfolgorante generosità di Roberto Capocasa ci stupisce ancora: offre la sua mega-collezione di 35.000 papere di tutto il mondo da insediare nell’antica Torre del Porto della Sentina di San Benedetto. Vicino ai laghetti dove oggi sguazzano annoiate quelle poche papere vere, che così incoraggiate potrebbero però attirarne e ospitarne tantissime altre, stanziali, di passaggio, da formare un’allegra colonia…

     La Torre del Porto della Sentina, che vuota e appesantita da quel tumorale box di cemento non ha senso*, così un senso lo troverebbe diventando la Paperopoli vera del Piceno, altro che quella americana di fantasia; anche attrezzando poi la Sentina circostante con gli altri personaggi disneyani della grande famiglia Duck: Paperino, Qui-Quo-Qua, Matilda, nonna Papera, zio Paperone, Gastone… 

     35.000 papere in fila per 6 col resto di 2 sono 5.833 file di papere (col resto di 2), in pratica 6 km, giusto la distanza dal centro di San Benedetto. Immaginarsi lo spot pubblicitario: un cartone animato in vari capitoli - uno all’anno - che racconti le gustose avventure di viaggio delle 35.000 papere in fila per 6 col resto di 2 dalla rotonda Giorgini alla Torre del Porto. Con il nostro Roberto Capocasa nel ruolo di papero-comandante e “44 gatti in fila per 6 col resto di 2” a far da Servizio d’Ordine. Alè. 

 

*”Voglio trovare un senso a questa Torre

                anche se questa Torre un senso non ce l’ha…”

                                      [saccheggiando “UN SENSO” di Vasco Rossi]

 PGC - 9 settembre 2023 




 

06/09/23

LA VITA IN SUBAPPALTO


      Tanto loro non possono più parlare, gli sventurati operai morti di lavoro lungo una ferrovia nel torinese. Così, a meno di non richiamarli indietro dal silenzioso Ade per testimoniare, alla fine si “accerterà” che è stata tutta loro, la colpa d’essersi fatti sbriciolare dal treno in corsa. 

Giornaloni e tromboni e grancasse di regime sono già pronti alla bisogna. 


Normative sulla sicurezza, italiane ed europee, inadeguate e comunque disattese? Analisi e valutazioni di rischio non effettuate? Mancate verifiche di adeguatezza del Sistema di Gestione Sicurezza? Procedure non adottate da parte dei gestori e delle figure istituzionali deputate al controllo? Bubbole e quisquilie. C’è che se lavori di notte sui binari, un treno che ti spappola è una problematica che ti puoi aspettare [così come se vai in discoteca e ti sbronzi, vai incontro alla problematica che ti stuprino, l’ha detto in tivù il Giambry-compagno-d’Italia. Per dire come siamo messi.].

 

      Ci sarebbe quell’altra bazzecola che è l’italica costumanza dell’italiche imprese di subappaltare - legalmente, sia chiaro - tutto il subappaltabile. Anche cosette marginali tipo manutenzione e sicurezza nei cantieri: come fa l’azienda Rfi che subappalta la manutenzione della rete ferroviaria alla premiata - si fa per dire - ditta Sigifer [da cui dipendevano gli operai vaporizzati dal treno in corsa].

 

E sono appena 1.800 i cantieri di Rfi in subappalto in tutta Italia. 


     Criminale roulette russa che il mercato e gli interessi di bottega giocano con le vite degli altri: effetti collaterali, queste, quando si spappolano su un ponte d’autostrada, in fabbrica, in un cantiere qualsiasi o lungo i binari del treno.

Intanto, se le tecnologie avanzate (avanzate?) sono per l’alta velocità - cosiddetta, perchè ne vediamo di ogni pure là - sulla rete tradizionale invece si va avanti a comunicazioni cartacee e carta carbone, telefoniche se il telefono funziona, vocali - del genere “ahò, spostatevi se arriva il treno” – fino ai segnali di fumo che è uno scherzo impararli dagli scout.


      “Abbiamo un sistema ferroviario in enorme ritardo su molteplici aspetti della sicurezza” (A.Mortellaro) ma, alle brutte, premere il tasto “errore umano” funziona sempre. 

Come se l’errore non fosse l’anello finale di una catena di inadempienze, inadeguatezze, colpevoli superficialità, impensabili in una realtà in cui la tecnologia può segnalare un callo sul mio piede a chilometri di distanza, ma per impedire che si lavori sulle rotaie mentre passa un treno di notte siamo ancora alle tavolette del cuneiforme di Uruk.


      E i minimo 1800 cantieri subappaltati da Rfi (molti di più in realtà, considerando l’infinito moltiplicatore che sono  - storia nota - i subappalti dei subappalti) misurano l’estensione del fenomeno lungo tutto il belpaese: dai colossi - sempre impuniti - concessionari di autostrade con relativi gallerie e ponti in odore di sbriciolamento e manutenzioni effettuate ad ogni cambio di era geologica (ponte Morandi docet) - alle imprese di ogni settore senza eccezione, la corsa al subappalto (osceno ma legale, appunto) è la norma. 


      Così come in ogni Comune del belpaese - nord, centro, sud e isole - subappaltare permette di fare ciò che si vuole, come e con chi si vuole, favorendo l’amico o il parente o il potente al minor costo possibile e magari per “correre come una Ferrari” [nell’immaginario preadolescenziale della fratelladitaglia] così che i favori elargiti e le commesse ottenute amplino il bacino del consenso e dei voti di ritorno. 


Pazienza se a sì nobili obiettivi si sacrifica sempre più spesso qualche vita di passaggio, perchè viene sempre in aiuto il salvifico “errore umano”, meglio se attribuibile agli anelli ultimi della catena (all’aria ci vanno i cenci, n’est-ce-pas?). Smacchia ch’è un piacere, quello, lava via responsabilità, colpe, connivenze, insipienza e malaffare ai piani alti e medi, candeggia coscienze meglio di Omino bianco, dovrebbe provare, signora mia.


Ad ogni vita in subappalto che se ne va resta solo da aggiungere lo spettacolo del funerale più o meno di Stato, lo stucchevole rituale di applausi, fiaccolata e palloncini e, perchè nulla ci sia risparmiato, la svergognata retorica dei sepolcri imbiancati di ogni risma.


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 “…Ormai nessuno ci pensava, solamente qualche madre, qualche vecchierello […] al vedere gli altri che parlavano tranquillamente dei loro affari coi galantuomini, [….] col berretto in mano, e si persuadevano che all’aria ci vanno i cenci

[G.Verga, Libertà, 1882]

 

Sara Di Giuseppe - 6 settembre 2023

30/08/23

Spunti da un servizio televisivo del TG3-Marche

 

Lunedì 28 Agosto 2023: 
la giornalista Barbara Marini intervista i protagonisti della prima edizione della “Festa del Cinema Pirata” a cura di Giungla collective.
 


Barbara coinvolge per primo Andrea Damiano, 26 anni, milanese, presidente del Collettivo:
“Pirati per noi sono le persone più libere e coraggiose. Un po’ come i registi che abbiamo selezionato, è il cinema che ci piace. Un cinema magari con pochi soldi, però con tante idee e tanto cuore. (…) Si può pensare a un’idea di cinema fatto dal basso, fatto in amicizia e in maniera informale. Questo è ciò in cui crediamo”.

Barbara precisa che hanno tutti meno di 30 anni, come Giovanni Merlini, giovane regista sambenedettese:
“Noi è da anni che facciamo qualcosa qui a San Benedetto del Tronto, fondamentalmente… La cultura ce la siamo persi un po’ per strada negli ultimi anni”. (…) La nostra idea è portare le persone in sala e poi farle restare qui, per parlare di cinema, bersi qualcosa, mangiare qualcosa, ballare e semplicemente vivere il luogo. Questo forse è la cosa più importante”.

Alla fine è la volta di Federico Falaschetti, presidente dell’associazione Casa del Pescatore:
“Sono bravissimi, eccezionali. Una novità per la nostra San Benedetto e per la nostra associazione è stato un grosso privilegio.
L’anno prossimo si rifà?
Federico, mosso dall’entusiasmo e dall’aver ospitato per tre giorni il maggior numero di giovani nella storia della ‘Casa’ in un colpo solo e confondendo i ruoli da ospitante a protagonista, risponde per tutti: Senz’altro!

In queste poche righe c’è molto, di ciò che va e ciò che non va. Seguendo lo spirito di questo dialogo (tra la giornalista e gli intervistati) tutto va bene, estro e grinta ci sono ma… potrebbe andare diversamente e in meglio, rileggendo le parole di Giovanni. Quello che va bene è fare di necessità virtù, cioè adottare uno spirito positivo e resiliente, dove ciò che non si trova o non venga offerto (eventi culturali, d’arte, cinema e musica di spessore e accessibili a tutti) si crea con motu proprio. Una cronica mancanza di iniziative che non riescono a portare pubblico giovane, ispirato, competente, entusiasta, impegnato, stralunato, piratesco come questa “giungla”, capace di sovvertire l’indolenza di una comunità assuefatta al ‘pacchettino’ pronto-cotto e servito dalle recenti amministrazioni cultural-popolari, forse questa spirale può essere spezzata da pirati coinvolgenti e organizzati con decine di persone pronte a svolgere mille mansioni, come se organizzare un festival sia cosa di tutti i giorni… Vi sono riusciti? A noi il giudizio, ma che deve tener conto dei blocchi di partenza posti non esattamente a regola d’arte, e osservarli con i nostri occhi di ieri, buttando all'aria i pregiudizi e insoddisfazioni passate.

Guardando questi giovani muoversi tra le due location non proprio accanto e quanto siano stati capaci di fare in solo 4 giorni (compreso il giorno di preparativi degli spazi con strumenti e arredi), verrebbe voglia di arrabbiarsi per quanto questa città non riesca a trovare una sintesi e un centro di raccordo e incontro delle migliori energie… Sembra però che il lavoro fatto negli ultimi tre anni all’ex Cinema delle Palme sia stato utile. Abbia cioè favorito l’individuazione di un ‘punto’ aggregante e propositivo in pieno centro (c'è qualcuno che si farà venire un'idea?). Basta osservare il sempre maggiore interesse per i suoi spazi, fortuitamente recuperati dal degrado e dati in comodato d’uso gratuito dal Dopolavoro Ferroviario all’associazione culturale Bon Vento che ne gestisce l'uso, con il susseguirsi di mostre e incontri di elevato interesse artistico e culturale, come “La pace manifesta” 2022, mostra di manifesti di grandi designer internazionali; Crisis, ultimo avviso con “Mare Dentro” e “L’ambiente Manifesta” di maggio-luglio scorsi e i tanti incontri con scrittori, ricercatori e intellettuali di sicuro interesse. E ora, ancora in corso fino al 30 settembre, “I Fiori del III° Millennio”, mostra di opere e sculture di Marcello Sgattoni, storica personalità artistica made in SBen.

Il caro artista Nazzareno Luciani (Naza' per tutti), prematuramente scomparso il 21 agosto scorso - con grandissimo dolore personale e di tutto il mondo dell’arte contemporanea del nostro territorio - mi diceva spesso che l’arte, come la cultura, ha bisogno di due cose essenziali e in questo ordine: spazio e tempo. Non escludeva l’aspetto economico, ma quest’ultimo non lo riteneva indispensabile o prioritario per accendere idee, ambizioni e anime, perché su due ‘ruote’ ci si può muovere lo stesso. Lo spazio sembra ritrovato. Precario? Provvisorio? Ma per ora c'è. Per il tempo dedicato sembra che il cronometro sia stato avviato da tanti volontari (oltre la Buon Vento c'è anche il punto di ritrovo dello storico CAI cittadino). Cosa certa è che ambedue le cose, spazio e tempo, siano da sostenere, alimentare con metodo, con dedizione, sperando e operando in modo che durino… Massimo Consorti sosteneva che 10 anni di vita, per una rivista o festival che siano, di per sé è un successo. UT c’è riuscita. Ce lo auguriamo anche per i pirati e quanti si avventurino in simili progetti.

PS: Oltre ai citati nel servizio, Andrea e Giovanni, aggiungo l’attore Francesco Bovara, attivista e promotore insieme agli altri di Giungla collective che ho conosciuti. Sulla qualità dei corti e lungometraggi in concorso non posso pronunciarmi. Ho assistito solo alla ‘pellicola’ inaugurale “Real Guadagna” dopo aver cenato in compagnia di Giorgio (all’esterno della Casa del Pescatore), accorgendoci subito che alzavamo decisamente la media dei presenti. Ma sono certo di una cosa: le otto ‘visioni’ che hanno illuminato in successione lo schermo sono state seguite con attenzione dagli oltre cento, tra ragazze e ragazzi, presenti a ogni proiezione.

Il servizio in oggetto:
https://www.rainews.it/tgr/marche/video/2023/08/festa-cinema-pirata-san-benedetto-del-tronto-f496257c-ae0c-4c1c-b7ad-4b15340c03f3.html

https://www.instagram.com/cinemapirata/

Francesco Del Zompo, 30 agosto 2023

 

 

28/08/23

RIPA è la caserma del generale VANNACCI?

 Ripatransone, domenica 27 agosto ore 11

 

In questo momento a Ripatransone paese, salutati a lungo dalle festose campane assordanti del Duomo, girano indisturbati e minacciosi:

-         N° 2 Vigili pistoleri dei Monti Azzurri armati di pistoloni Beretta (Piazza Matteotti e dintorni)


-         N° 2 o 3 Vigili pistoleri dei Monti Azzurri armati di pistoloni Beretta a controllare l’inesistente traffico alla Petrella e a fare multe.


-         N° 8 (ma certamente di più) uomini armati di fuciloni semiautomatici (Browning, Franchi, Winchester, Springfield), attrezzati con imponenti fuoristrada e SUV, più vari cani latranti, praticamente in paese, vicinissimi alle case, pronti a sparare. Infatti si sentono svariati colpi di fucile. 

E’ in corso una battuta al cinghiale in città, lo annunciano foglietti di carta appesi qua e là. Questi 8, ma certamente di più, stanno pattugliando la Cuprense lungo la circonvallazione, la parte alta di Contrada Sant’Egidio, l’accesso est al colle, e ogni pertugio dove potrebbe rintanarsi un cinghiale. 

Praticamente in mezzo alla gente e vicinissimi a giardini privati.

Questo succede, ma tutti stanno zitti. Uno ha detto: “Ho preso la multa ma poteva andar peggio, almeno sono vivo… mo’ vado a Messa”. Un altro, al bar, parlando di Vannucci: “… ah, ce ne vorrebbero!”.  

 

27 agosto 2023                   PGC  

27/08/23

Costantino (Custanti’) e i tre pigiami

      Quando nel ’91 uscì la canzone di Gino Paoli, eravamo anche noi “4 amici al bar” (il bar di Ivo): Rocco, Ivo, Costantino ed io. Amici non si sa perché: non mi ricordo di frequentazioni di parentela o di lavoro, né di interessi e passioni comuni, nè ho mai capito cosa c’entrassi io, corpo estraneo. Ero solo il Verde che abitava nella vicina Via Monte San Michele, un assiduo cliente, un caffè e una pasta ogni mattina (tranne il lunedì) con sbirciata ai 3 quotidiani.

Sta di fatto che eravamo 4 amici-amici.


      Certo ci univa la politica. Idee molto diverse, si capisce. Ma a quei tempi ci si ascoltava attenti e con garbo, prima di lanciarsi a turno in discussioni su progetti praticabili o fantasiosi, seppur tra loro contrastanti. Poi ci si frequentava poco (senza i social!) ma con metodo: circa una volta al mese a pranzo insieme, sempre nello stesso ristorante su in collina. Prenotava Ivo, che dopo aver lasciato dettagliate istruzioni, era contento di abbandonare per 2 ore il suo bar per un pranzo come si deve, col proprietario-amico del ristorante praticamente solo per noi. Sequestrato.

“Si parlava con profondità di anarchia e di libertà… si parlava in tutta onestà di individui e solidarietà… si parlava con tenacità di speranze e possibilità”… Si parlava di ambizioni, di sogni, di progetti. Non volevamo cambiare “tutto questo mondo che non va”, ma anche sì. Era bello perché si cominciava “seriamente”, in lingua di scuola, ma presto Ivo e Custanti’ scivolavano nel sambenedettese spinto, Rocco e io annaspavamo…

      Un giorno, sarà stato ottobre, il colpo di teatro: arriva Custanti’ con 3 scatole di cartone uguali, sottili, stilose, bordate d’argento ma senza nessun marchio, e d’improvviso “con quella faccia un po’ così quell’espressione un po’ così” ZAC ce le dà: una peròo…” (una a testa). Dentro, tre raffinatissimi pigiami, uno blu, uno grigio, uno beige, ma mica a righe!… azz… questi sono pigiami da matrimonio, da attori in Costa Azzurra… li fabbrica Braccetti nel suo laboratorio, noi quasi non lo sapevamo. Una scena, Ivo che vorrebbe metterselo subito - ah, mo’ mme lu mett, mo’ - Rocco che ne osserva l’eleganza e le finiture, io che farfuglio “troppo lusso per un camperista…” Ah che scena, 4 amici al bar - e al ristorante - con 3 pigiami!

(…)

      Adesso “son rimasto io solo al bar (a quel ristorante non ci sono più andato), gli altri son tutti quanti a casa” (diciamo casa) e “forse non c’incontreremo mai”…  Sicuro.

 PGC - 24 agosto 2023