27/12/21

IL CANDIDATO UNICO

 


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“Nessuno dei vecchi sogni era stato messo da parte. Si credeva ancora nella Repubblica degli Animali. 

(…) Nessuna creatura chiamava “padrone” un’altra creatura. Tutti gli animali erano uguali.” 

 

(G. Orwell, La fattoria degli animali, 1943/44)

 

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      All’inizio dell’anno 2022 nella Fattoria si rese necessario eleggere un Presidente. C’era un solo candidato, Dragoleòn, il quale fu eletto all’unanimità. Furono dedicati alle celebrazioni due giorni interi. Ci furono canti, discorsi, e ogni animale ricevette come dono speciale una mela, gli uccelli due once di grano e ogni cane tre biscotti.

Nel frattempo, alla Fattoria la vita era dura. L’inverno era freddo e il cibo sempre più scarso. Le razioni furono ridotte, tranne quelle dei maiali e dei cani.

CorrierStamPubblica spiegava che una parità troppo rigida nelle razioni avrebbe nuociuto alla causa, e quali che potessero essere le apparenze, si sarebbe dimostrato che non c’era penuria di cibo, che da quando c’era Dragoleòn gli animali avevano più avena, più fieno, più rape di quanti ne avessero avuti prima, e che lavoravano meno, che l’acqua che bevevano era di qualità migliore, che vivevano più a lungo, che una più alta percentuale dei piccoli superava l’età critica dell’infanzia, che pativano meno la presenza delle pulci.

Gli animali credevano ogni singola parola. Sapevano che la vita di oggi era aspra e misera, che spesso avevano fame e freddo e che, tranne quando dormivano, erano al lavoro. Ma senza dubbio le cose erano state peggiori nei tempi andati, come CorrierStamPubblica non mancava mai di puntualizzare, ed essi erano lieti di crederci. 


Ora c’erano più canzoni, più discorsi, più processioni. Dragoleòn aveva ordinato che una volta alla settimana si tenesse una “Dimostrazione Spontanea”: all’ora stabilita gli animali sospendevano il lavoro e marciavano con i maiali in testa, recitavano poesie in onore di Dragoleòn, cui seguiva un discorso celebrativo di CorrierStamPubblica. Le pecore erano le più ferventi devote alla “Dimostrazione Spontanea”, ma nel complesso a tutti gli animali piacevano queste celebrazioni e tra le canzoni, le processioni, le liste di cifre di CorrierStamPubblica, lo sventolio delle bandiere, essi riuscivano a dimenticare di avere la pancia vuota.


Solo il Corvo favoleggiava dell’esistenza di una terra felice, sosteneva di averla vista in uno dei suoi voli più alti, e molti degli animali gli credevano: la loro vita era piena di fame e fatica, non era forse giusto e sensato che da qualche parte esistesse un mondo migliore?

 

      Un giorno gli animali videro uscire Dragoleòn, maestosamente eretto sulle zampe posteriori, che lanciava intorno occhiate piene d’alterigia. Reggeva con la zampa una frusta. Poco dopo videro che sulla parete, dove prima c’erano i Sette Comandamenti, campeggiava una scritta con un unico comandamento. Diceva:

 


 Tutti gli animali sono uguali

Ma alcuni animali

Sono più uguali degli altri.

 

 

      Dopodichè non parve strano che il giorno seguente i maiali che sovrintendevano il lavoro ed erano il cervello della Fattoria, reggessero tutti una frusta nella zampa. Quella stessa sera, dalla casa padronale, giunsero grandi risate e canti. Avvicinatisi in punta di zampa, gli animali sbirciarono dalla finestra e videro Dragoleòn, con una mezza dozzina dei maiali più eminenti, che brindava col signor Bonomington, della Fattoria di Confindwood.

 

Questi, in piedi col boccale in mano pronunciava parole di elogio per la disciplina e l‘ordine che aveva osservato nella Fattoria degli Animali, e credeva d’essere nel giusto se affermava che gli animali più umili della fattoria lavoravano di più e ricevevano meno cibo di tutti gli altri animali della nazione: un esempio che avrebbe dovuto essere seguito da tutti. 

 

Infine, dopo essersi quasi strozzato, tanto era sopraffatto dall’allegria, e mentre i suoi doppi menti si facevano paonazzi, riuscì finalmente a gridare con entusiasmo “Se voi dovete contendere con i vostri animali più umili, noi dobbiamo contendere con le nostre classi più umili”: e a questo bon mot tutta la tavolata proruppe in una risata ancor più fragorosa; ancora un volta il signor Bonomington di Confindwood si congratulò con i maiali per le scarse razioni che davano, per le lunghe ore di lavoro e per l’assoluta mancanza di condiscendenza che dimostravano. Ci fu un rinnovato, allegro batter di mani e i boccali furono vuotati fino in fondo.

 

Nessuno si accorse degli animali che guardavano fissamente dalla finestra

 

(…)


(quasi nessun) Saccheggio da “La fattoria degli animali” di George Orwell


Illustrazione di Antonello Silverini, in

G. Orwell

La fattoria degli animali

Fanucci Editore 2021 


 

Sara Di Giuseppe - 27 dicembre 2021             

26/12/21

SE UN GIORNO D’INVERNO UN VACCINATO…

ovvero

Eccellenze picene

 

Giornata prima.


Hai saputo che a Grottammare un “hub vaccinale” sarà a disposizione in via Cairoli il giorno ics dalle ore alle ore, e ti appresti a godere del vantaggio che ti si offre, a pochi chilometri da casa, per spararti la terza dose di vaccino anti-Covid.


Arrivi con ampio anticipo il giorno indicato e scopri che già sono stati distribuiti i primi 60 numeri: da chi a chi e perché tanto prima dell’orario indicato non sapremo mai, ma un paio di congetture si potrebbero fare. 


Così resti fuori, ammucchiata con tutti gli altri perché la via è stretta e se le auto in transito t’investono non ti serve più neanche il vaccino. Che è un modo come un altro di risolvere il problema.


Pensi alla stranezza di denominare pomposamente “hub vaccinale” quello che propriamente è un buco vaccinale; che bastava un Q.I. medio-basso per capire che la richiesta di vaccinazioni non poteva essere soddisfatta in uno spazio così miserando e che forse i cittadini meritano di meglio che sentirsi un pecorame intruppato: perchè non è che ci si è volontariamente ammassati per il concerto dei Pink Floyd e allora perché brontoli…

 

Capisci ben presto che per oggi non ce la farai (alle 18 si chiude, signori) e ti rassegni al viaggio della speranza, l’indomani, al principale Centro Vaccinale di San Benedetto, quello che il mondo c’invidia: il Centro Agroalimentare di San Benedetto/Porto d’Ascoli.


 

Giornata seconda

                  

Stavolta ce la fai, l’organizzazione è accettabile; i volontari sono volenterosi e smistano, controllano, consigliano, scherzano perfino; medici e altro personale gentili al minimo sindacale ma mica ti possono accogliere con la fanfara. Niente code chilometriche, è vigilia di Natale. Ti prendi la tua brava terza dose ed è fatta.


Ma sei semi-assiderata: gli step dell’attesa, di prima mattina, si sono consumati lungo i moduli di una struttura dove a emergenza finita presumi che congeleranno il pesce da esportazione. I tendoni fuori sono quelli de L’Antico e le Palme, che te li raccomando.

Presumi ragionevolmente che i più anziani e fragili e cagionevoli muoiano entro i primi dieci minuti e le salme vengano presto rimosse per non turbare i vaccinandi. 


Chiedi alle dottoresse come facciano, loro lì tutto il giorno, e mi indicano una stufetta in un angolo della sala che così piccola neanche a casa mia. Contente loro.

 

Ma i “funghi” che riscaldano bar, ristoranti e in genere locali all’aperto, esteticamente osceni ma certo efficaci e funzionanti, no eh? L’intelligenza al potere ha deciso che va bene così e bisogna soffrire signora mia?


Impareggiabile sanità picena.


Ma, soprattutto, approdare qui è un’esperienza antropologica che ti segna: ti chiedi quale visione della realtà, della decenza, della civiltà, del decoro, animi i decisori che collocano il Centro Vaccini in un postaccio che per squallore, tristezza, disordine urbanistico, caos segnaletico, irraggiungibilità, non teme rivali. 

Dove il BRUTTO celebra i suoi trionfi; a metà, per desolazione e orrenditudine, tra carcere e centro profughi (spesso uguali fra loro); un non-luogo che il gergo romanesco definirebbe pittorescamente “lo sprofondo”, dove chi non sia automunito non ha nessuna possibilità di arrivare, dato che il trasporto pubblico devono ancora inventarlo, qui da noi.


Un lusso, al confronto, il Palazzetto dello Sport o Palaspeca (pur nella sua degradata vetustà e oggettiva schifezza architettonica) presso il quale - con entusiasmo ben diverso che già appartiene al mito – ricevemmo le prime due dosi. 


È questo, ciò che una città e un territorio avvezzi ad autocelebrarsi – molto più di quanto oggettivamente meritino – sono riusciti a partorire nell’emergenza? Non ci sono, nella superlativa San Benedetto stupor mundi, in questa parte delle Marche che le scoprirai all’infinito e pubblicizzate urbi et orbi dalla celebrità di turno ed evasore fiscale, strutture adatte allo scopo, a portata di cittadino di ogni censo ed età, che rispondano a canoni elementari di decoro, raggiungibilità, funzionalità, ospitalità, civiltà?

 

O devo aspettarmi in risposta che tutto questo è normale?



Sara Di Giuseppe - 25 Dicembre 2021

15/12/21

MANGIAPANE A TRADIMENTO  (2)

        Ci risiamo. Alla discussione della Legge sul “fine vita” (o “sul suicidio assistito”, o “sul testamento biologico”) il cui testo giace alla Camera da 3 anni!), lunedì 13 dic. presenti 15 (quindici) deputati su 630. Tutto rinviato a febbraio o a babbo morto. Proprio come per la Mozione contro la violenza alle donneddl ZAN – del 24 nov. quando erano presenti appena 8 deputati. Due leggi di Civiltà buttate nell’immondizia. Che arretratezza! Che vergogna!
      Però a molti sapientoni bravabellagente sembrerà ancora esagerato definire i parlmentari “MANGIAPANE A TRADIMENTO”. Alzano il sopracciglio, mormorano, fanno smorfie: loro sì che sanno, quindi comprendono, giustificano. E farebbero anche loro così, magari potessero! Sentenziano non esser vero che gli onorevoli sono “mangiapane a tradimento”; che anzi alla Camera si lavora e tanto (specie nelle “Commissioni”, davvero estenuanti, quasi da morirne); che i poveri deputati devono studiare perfino di notte, oltre il quotidiano peregrinar questuando nei ministeri, l’organizzar “incontri sul territorio”, il manovrar pedine… fino all’inventarsi leggi! Tanti sono lontani in missione, in viaggi segreti, in conferenze all’estero, a pregare in convento, a sfamarsi da “Sora Lella” a Trastevere… Una vitaccia, credeteci! Quando per disgrazia non languono malati. Capito? E poi, aggiungono saccenti i benpensanti di cui sopra, devono rispettare montagne di complicatissimi Regolamenti. “Tu li conosci i Regolamenti? No. Allora zitto”. Motivi di saggia opportunità politica o squisitamente tecnici, quale menefreghismo. No, tu non puoi giudicare, chi sei tu, che ne sai. Non puoi dare del “mangiapane a tradimento” a degli stimati onorevoli votati da noi! Ignorante! Lo sai che puoi beccarti anche una querela?”.
 
Ah, Ah, Ah.  [Per precisare, en passant: votati da altri, non da me (“..Non io con tal vergogna scenderò sotterra” scriveva un tal Leopardi)]
      Neanche se ne accorgono, che i nostri (i loro) cosiddetti onorevoli rappresentanti ci prendono tutti per scemi; che è malcostume politico praticato professionalmente alla luce del sole; che non se vergognano sapendo bene di essere intoccabili; che neanche fingono più di dribblare giornalisti bavosi, anzi li cercano e gli vanno incontro, recitando con fare pensoso a favore di selve di microfoni lo sgrammaticato temino mandato a memoria. Ciò che li impegna d’altronde è fuori dalla portata di noi tapini: niente meno che gli alti trucchi per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica; l’intricata questione Draghi-al-Quirinale o Draghi-al-Governo; le temute Elezioni Politiche subito o quando gli conviene meglio; chi e come farà le liste. Non sia mai doversene tornare a casa anzitempo, senza stipendione, senza benefit a go-go e magari pure con vitalizio ridotto o addirittura senza. Soldi. Soldi a tradimento, come il pane.
“MANGIAPANE A TRADIMENTO” è il minimo. Anzi, è quasi un complimento.
 
PGC - 15 dicembre 2021

14/12/21

“Il buio oltre la Ripa” (ma non è un film)


Ci risiamo: centro storico di Ripa al buio. A Natale. Quando gli altri Comuni mettono le luminarie, “Ripa città del sollievo”, “Ripa città dell’olio e del vino”, “Ripa città del buio”. Ma poco male. Basta organizzarsi con le pile quando si deve uscire la sera, noi indigeni prudenti già lo facciamo. Per chi viene da fuori, invece, ci sarà l’obbligo del PILA PASS: potrà circolare solo chi ha il PILA PASS valido rilasciato dal sindaco e la pila appesa al collo (nel porta-pila come il porta-occhiali di Bertinotti) o infilata nella fondina alla coscia (come i cow-boys). Se il buio non andrà via, aspettarsi a breve il SUPER PILA PASS

È Ripa, bellezza.            

13 dicembre 2021 - PGC

08/12/21

GLI INIMITABILI

 ovvero
i Migliori e gli altri
 
Vignetta di Natangelo, Il Fatto Quotidiano 7/12/'21

Ovvio che siamo inimitabili. Noi italiani, s’intende. Specie da quando abbiamo i Migliori (sullo Zingarelli, v. alla voce “Governo dei ”): geni si nasce e loro, modestamente, lo nacquero.

Oggi sono le nuove norme su green pass base, super pass o pass rafforzato-rinforzato-forzuto a suscitare nei partners europei attacchi d’invidia nei nostri riguardi e scomposte spinte emulative, peraltro inutili perchè i fenomeni al governo li abbiamo solo noi. Provate a imitarci.


Norme come queste appena entrate in vigore, prive di qualsivoglia complicazione, vaghezza, contorcimento logico-linguistico, memorizzabili da qualunque cittadino normodotato sopra i tre anni, non altri che i Nostri potevano concepirle.

 

Basta vedere come sia facile ricordare cosa puoi frequentare col Green Pass base e cosa col Pass Rafforzato (confidenzialmente Super Pass); 

e che col basico il non vaccinato tamponato può andare sì a matrimoni, battesimi e comunioni, non però a feste di compleanno e laurea, riservate queste ultime a quelli col super (la ratio è certamente che su matrimoni - religiosi - e battesimi, comunioni ecc. c’è l’ombrello della Chiesa che ripara dal contagio, mentre lauree e compleanni esulano dalla celeste supervisione quindi meglio se il vaccino ce l’hai).


Facile poi ricordarsi su quali treni – regionali veloci e regionali lenti, lunga 

e breve percorrenza, alta e bassa velocità, Transiberiana Mosca-Vladivostok, Trans Europ Express, Orient Express – serve il modello super e su quali il taglio basic.


E quello che puoi o non puoi fare se la tua Regione si colora d’arcobaleno (senza dimenticare che col modello basico puoi mangiare al ristorante sì ma all’aperto: che è il must dell’inverno, vuoi mettere. Sempre a patto di non essere arancioni).


E con quale pass puoi far shopping al centro commerciale da lunedì a giovedì, con quale da venerdì a domenica, ma solo se indipendentemente dal pass la regione ha il colore giusto sennò tornare alla casella di partenza please. E se il caffè al bancone puoi prenderlo liscio o ti serve il super (pass).

E con quanti alunni positivi la scuola va in DAD e con quanti basta invece chiuderli in bagno per la durata della lezione.

Che ci vuole.


Insomma siamo gran bravi cittadini noialtri italiani, a dispetto delle apparenze - addirittura eroico l’apparato sanitario pubblico furiosamente depredato a favore del privato in decenni di gestione regionale - se nonostante i Migliori, nonostante la scombicchierata maggioranza di governo, nonostante le impresentabili amministrazioni regionali e locali, nonostante l’imbecillismo no-vax, ce la stiamo cavando dignitosamente bene col contagio.

 

Ed è meglio che Frau Merkel, assorta nell’elogio del sistema italiota e rapita nell’estasi indotta da Super Mario migliore-tra-i-migliori non si sia accorta di autobus e metro di pendolari e studenti nelle città ammucchiati come sardine senza che Ministeri preposti e Regioni abbiano ovviato minimamente al problema, e senza nessun obbligo di green pass fino a ieri; né delle scuole con le classi pollaio dove è saltata qualsiasi illusione di distanziamento interpersonale e adeguamento degli impianti (in fondo far lezione d’inverno con le finestre aperte rafforza il fisico e il carattere); né dei docenti universitari non obbligati al vaccino diversamente dagli altri insegnanti; né delle categorie di lavori finora tenute sciaguratamente fuori dall’obbligo vaccinale. Cosette così.

 

Intanto però stiamo sereni, perché adesso “è previsto anche il rafforzamento dei controlli” e, perfino, “una circolare del Viminale ha tracciato la cornice” (fonte ANSA). 

E come no.

 

Sara Di Giuseppe - 7 Dicembre 2021

 

27/11/21

UNA OGNI TRE GIORNI

Camera dei Deputati, 24 novembre 2021

Una donna ogni tre giorni è stata uccisa da un uomo, da gennaio ad oggi. 

8 parlamentari su 630 erano in aula il 24 novembre ad ascoltare la ministra Bonetti discutere la mozione contro la violenza maschile sulle donne, alla vigilia della giornata dedicata al tema.

Alla faccia del profondo impegno.
 
Replicheranno, benpensanti e beninformati, che altri e corposi “impegni” han tenuto gli altri 622 fuori dall’Aula: fumose commissioni ministeriali, missioni segrete all’estero, viaggi a sbafo, vertici al ristorante, interviste e comparsate nei salivanti salotti televisivi, incontri con elettori all’incasso, cogitabonde riunioni perché il momento per la patria è grave e ardua e solenne è la missione di salvare i mercatini del natale.
 
La violenza di genere può ben aspettare, anzi si può beatamente stracatafottersene, come sicilianamente direbbe Andrea Camilleri.
 
Non sarebbero necessarie conferme, e questa tuttavia lo è, del livello etico ed intellettuale del nostro ceto politico; per la gran maggioranza del quale il cursus honorum è una cavalcata nel privilegio, ignara delle finalità che appartengono alla politica nella sua accezione più alta, e il Parlamento è ufficio di collocamento di lusso atto a garantire la ricca poltrona finchè vitalizio non sopraggiunga. 
 
 
Senonchè non è proprio un dettaglio che quelle morti si sarebbero evitate, che l’indecente mattanza potrebbe finire, se ci fossero intelligenze e volontà politiche, energie e mezzi per prevenire e contrastare, anzichè vuoti e disattesi proclami di "profondo impegno".

Se, per esempio, 
dei tre documenti programmatici emanati dai governi, l'ultimo - il Piano strategico nazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne 2017/2020" - non fosse stato attuato, male, soltanto al 60%. 

Se, insomma, gliene stracatafottesse qualcosa a quei 622 che erano altrove.
 
 
Sara Di Giuseppe - 26 novembre 2021

26/11/21

MANGIAPANE A TRADIMENTO

 


Roma, 24 Novembre 2021: Camera dei deputati vuota

 

Oggi, alla discussione sulla “Mozione contro la violenza sulle donne”, erano presenti 8 (otto) deputati su 626. La ministra per le Pari opportunità e per la Famiglia on.Bonetti ha parlato al vento, pardon, al vuoto della Camera.

Nessuna meraviglia, succede spesso, impunemente. Ancora una volta, deputati-mangiapane a tradimento. Fannulloni, parassiti, fetenti, omissis, omissis, omissis…

Ma pure le donne, ben 228 (il 36,42%) alla Camera, dov’erano? Specie oggi che si sarebbe parlato di loro, dov’erano? Sì: onorevoli donne-mangiapane a tradimento come gli onorevoli colleghi uomini, anzi di più.

Politica sempre di più mangiona e marcia. Irrecuperabile da buttare via ma neanche in discarica, che si auto-ricicla.

Lo so, adesso fioriranno sapientoni e bellagente a infestarmi con le loro dotte giustificazioni, a darmi dell’ignorante, del superficiale, dell’idealista, dell’incontentabile…

Grazie. Ma andate al diavolo e omissis, omissis, omissis…, complici e “mangiapane a tradimento” pure voi!

 

PGC - 24 novembre 2021

14/11/21

Tom & Jerry

San Benedetto, interno giorno

Personaggi:   

Tom è mister Spazzafumo, di gatto ha solo il nome
Jerry è Jerry, Jerry Tommolini in persona (quello grosso), mica un topo



Tom & Jerry stavolta non si rincorrono nell’emiciclo comunale, mica siamo al cinema o alla Warner Bros. Qui a San Benedetto sono seri, fanno i bravi: Tom è il fresco sindaco bacia-pavimenti, Jerry è l’imprenditore mezzoamericano di successo che produce costumi da bagno alla moda. Ripeto amici, non nemici. Qua la mano.

Si son messi insieme col sacro patto di farci belli: “L’unione fa la forza” (che pensatona). Come? Jerry (col suo fiuto topigno anche se non è un topo) troverà altri imprenditori potenti – leggi costruttori – che faranno un “comitato per avvantaggiare e migliorare la città” (qualunque cosa voglia dire). Dovranno “mettersi insieme e fare squadra” (tipo la Samb?) per “progetti che vadano a lubrificare…”(cosa?) “cominciando ad interagire nella parte centrale della città”… (il resto può aspettare) “creando una sinergia veloce” (me cojoni!).

          Ma attenzione: “imprenditori che, avendo una certa consistenza (chiaro, no?) possono (voleva dire possano) intervenire in un certo modo” (sic), cioè “gruppo di imprenditori che andassero(resuscitato il congiuntivo, benché imperfetto, troppa grazia) ad abbellire San Benedetto del Tronto”. “In ballo ci sono diverse situazioni… casse piangono, ma…” (testuale, dal sonoro, non i balloon dei cartoni animati).

          Con Tom & Jerry c’è pure il nuovo assessore all’urbanistica, l'avvocato che sa di urbanistica e di bellezza. La triade, gli altri non contano. Mentre gli imprenditori-costruttori aspettano fiduciosi fuorinell'attesa di essere scelti. Ovviamente, per ottimizzare la comunicazione con Tom & Jerry, avranno la precedenza quelli con problemi di alfabetizzazione e chi ha già fatto e continua a far bella San Benedetto. Guardarsi attorno per credere. Bisognerà solo “lubrificarli” meglio e in fretta, oh yesss!

          Contenti, cari votanti?

 

PGC - 7 novembre 2021

RIPA, cimitero esteso

 Ripatransone: centro storico

 

Dormono, dormono sulla collina…”

  (Fabrizio de André, 1971)

 

  

Ripatransone:  Centro storico - 9 novembre, esterno sera h18


Temperatura +9,5°C  / pioggia e vento metodici ma moderati  / nebbia fitta fitta fitta 

“Cielo grigio su, foglie gialle giù”…“cerco un po’ di blu, dove il blu non c’è”…*

 

Buio pesto: illuminazione pubblica azzerata.   [A macchia di leopardo succede spesso]

 

Buio pesto. Stanno girando un film promozionale horror? Ma non si vedono attori, solo indigeni chini e guardinghi che camminano di bolina e un cane pezzato non morsicatore guardingo e pisciante.

Buio pesto. Auto buttate qua e là, con gli abbaglianti disperati che succhiano le batterie.

Buio pesto. Bar tutti chiusi. Per turno, per ferie, o uccisi.

Buio pesto. Chiese chiuse meno una, socchiusa: non escono preghiere, solo rare facce penitenti.

Buio pesto. Mesto supermercato d’emergenza. Farmacia terminale.

Buio pesto. Rare luci opache di case e negozi di sopravvivenza, che vanno spegnendosi come candele.

Buio pesto. Silenzio ovattato di cimitero, aria un po’ di morte, come post-bellica. Eppure non incalzano i funerali, e il cimitero è lontano…


Dunque questo è il “cimitero esteso”.

No, non è la scena di un film horror. E’ la metamorfosi di RIPA, inclinata verso l’abisso.

        Le cose stanno così e amen.


sento solo freddo, fuori e dentro me”…

*[“Sognando la California”, Dik Dik, 1967] 

 

PGC - 10 novembre 2021

01/11/21

G20 THEATER: 1.000 miliardi di alberi e 15 monetine da 1 euro

I magnifici sette, pardon G20, prima hanno ascoltato le difficili istruzioni, poi si sono goffamente esibiti nell’arduo lancio della monetina nella Fontana di Trevi: “all’indietro” come da prassi, sennò i desideri non s’avverano. Col sorriso scemo che si richiede ai vacanzieri del turismo di massa che come si sa non è sinonimo del viaggiare intelligente.

Bah, uno pare se la sia tirata in testa, la monetina, un altro non ha centrato la fontana, quell’altro l’ha tirata di gusto a un piccione… Ma erano solo in 15, dunque 5 non sono andati a tirarla, hanno messo l’euro in tasca! Neanche soldi loro – quei 20 euri sono stati coniati apposta per i magnifici – ma vuoi mettere l’arte di rubarsi pure quelli…

Naturalmente (quasi) tutta l’informazione plaudente e salivante godrà di questa mondiale performance fermamente voluta dal drago in persona, solo B. poteva far di peggio ma almeno ci si divertiva, pur con amarezza, come con Totò. Comunque: non so voi, io mi vergogno per loro.
Un G20 insulso quanto spettacolare, vanesio in modo imbarazzante, tanto ingombrante e pericoloso quanto inutile e costoso, con una “dichiarazione finale” pomposa a tutte maiuscole, pingue di sorridente arroganza e altrettanto inconsistente e bugiarda.
Come l’impegno di piantare 1.000 miliardi di alberi entro il 2030. Ma se non siete neanche capaci di tirare le monetine!
Millemiliardi
. Cifra tonda spaventosa, inimmaginabile per noi umani, difficile pure da scrivere, un “uno” seguito da quanti zeri? Mi piacerebbe chiederlo di sorpresa a qualcuno dei magnifici, o a tanti nostri parlamentari e politici, chissà che risposte, altro che teatro, altro che cabaret.
1.000 miliardi di alberi da piantare (non uno di più non uno di meno), me cojoni! Per riequilibrare la ciodue fuori controllo. Facile no? Cioè: se nel mondo oggi abbiamo ancora 3.000 miliardi di alberi - dopo averne allegramente tagliato o bruciato 2.000 miliardi in 2 secoli - quando arriveremo in soli 9 anni a 4.000 miliardi di alberi tutto andrà ben madama la marchesa.
Le cifre tonde, specie se ufficiali, sono sempre sospette ma stavolta sono proprio a cazzo, anche perché nessuno – neanche i draghi – dicono quanti miliardi di alberi in più ancora taglieremo come ci pare. Pianta e tagli - tagli e pianti. Ah, Ah… Ah, Ah… Sembra di stare a San Benedetto o a Grottammare.
 
Per fortuna, dopo due giorni, il THEATER è finito, andate in pace (si fa per dire). Anzi no, perchè si apre subito quello di Glasgow, che i sapienti mezzibusti televisivi nostrani pronunciano perfino Glesgow con la e, con tanto di dabliù finale ben marcata, tante volte non si dovesse sentire…   La messa non è finita.

 
PGC - 1 novembre 2021

27/10/21

I TRIONFI


“…Così riportando il trionfo per la terza volta entrò in Roma e venne chiamato "secondo Romolo" come fosse egli stesso fondatore della patria."
(Eutropio, Breviarium ab Urba condita)
 
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San Benedetto T.,
 Anno Domini 2021
Bisogna risalire indietro fino ai fasti di Roma antica, per trovare Trionfi degni di quelli che il neo sindaco sambenedettese Spazzafumo ha tributato a sè stesso dopo la vittoria elettorale.
Preceduta da ludi circensi e porchettata propiziatoria [impossibile ahilui la seconda distribuzione alla plebe, dopo la vittoria, per la nota fuga in massa delle intelligenti suine], la proclamazione imperial/sindachese è stata improntata a sobrietà, misura, austerità; momenti topici: l’inginocchiamento del Nostro con bacio al pavimento della sala consiliare nella Civica Residenza – vedere per credere – e il trionfo celebrato su megapalco con undici pretoriani – insomma i sindaci del circondario – a fargli corona.
Vero è che in antico il Trionfo doveva essere approvato dal Senato, e richiesto dal generale glorioso fuori dal pomerium dell’Urbe sennò perdeva il diritto. Solo dopo poteva entrare dalla Porta Triumphalis e dare la stura ai festeggiamenti.

Quisquilie, oggi, naturalmente: in tempi di rispetto delle regole democratiche degno dello Stato libero di Bananas; di pennuti generalissimi a presidiare vaccini; di algidi uomini delle banche, ops della provvidenza, a governare senza essere eletti, di trionfi agli uni e agli altri tributati a prescindere, di candidature di pregiudicati alla massima carica dello Stato, chi vorrà negare a uno Spazzafumo qualsiasi il suo bravo trionfo in una sperduta provincetta dell’Impero, pur se non si è ancora coperto di glorie militari, se non ha combattuto campagne marcomanniche o sterminato i barbari in Pannonia?
 
Semmai destano perplessità il linguaggio e il tono della comunicazione da parte del miles gloriosus e dei suoi legionari: in particolare il lessico bellicista - “ora vogliamo prendere il Comune”, aveva detto - applicato al progetto di governo della città, l’idea di “vittoria” - scompostamente agitata come si fosse in guerra o in una gara sportiva - inappropriata a definire l’elezione ad una carica e ruolo gravosi e difficili, che dovrebbero far tremar le vene e i polsi al prescelto, anziché scatenare tripudi bacchici come quelli che si son visti.
 
Desta perplessità anche l’accorrere dei sindaci limitrofi a condividere l’autocelebrazione, le banalità e luoghi comuni prodotti in dosi industriali dal neo eletto, del genere “l’unione fa la forza” - apperò -  e “bisogna unirsi e pensare in grande”, e “non si può pensare al proprio orticello” e non dobbiamo essere sparpagliati (modello Pappagone/Peppino De Filippo col suo siamo vincoli o sparpagliati? ).
 
E visto che americanamente gravitiamo in zona-Halloween, la domanda del giorno è: che razza di zucche hanno ‘sti sindaci al posto della testa, per prestarsi a partecipare a simili narcisistici, autocelebrativi, inopportuni, scomposti Trionfi?

Sara Di Giuseppe - 27 ottobre 2021
 

 

26/10/21

CHRISTO SI E’ FERMATO (pure) A CUPRA

        In tanti luoghi CHRISTO si è fermato a impacchettare di immensi teli bianchi monumenti, ponti, palazzi. In tutto il mondo. Miracolosamente continua anche adesso che è morto, coi suoi discepoli a terminare l’imponente fasciatura-con-drappeggi niente meno che dell’Arco di Trionfo di Parigi, come lui voleva.
Sarà un evento chiacchierato ma sicuramente redditizio, come sempre. CHRISTO funziona, credeteci. Dove si ferma lascia il segno, se ne parlerà per secoli, usciranno libri grossi come vangeli, la LAND ART l’ha creata lui. Anche se di norma le sue opere sono a tempo, durano poco, qualche mese e poi per incanto ZAC spariscono: tutto torna come prima, non è successo niente. Ma ne resta l’immaginario, per sempre.

Ovvio, perciò, che tutti vorrebbero CHRISTO: città, paesi, ogni luogo del mondo. Mica è facile. Non è che lo chiami e lui viene, si ferma, compie il prodigio, lo paghi e ciao. Lui riceve una visione e poi decide da solo, è autonomo, non sente nessuno, neanche il Padre. E’ pure tanto buono, paga tutto di sua tasca.
Eppure anche Lui ha (aveva) dell’umano, perché attardandosi ormai nella vita ha esaudito – in Italia, nelle Marche, sulla costa picena, proprio qua, pensate! – le preghiere di due sindaci illuminati, di Grottammare e di Cupra.
 -  A Grottammare, CHRISTO ha mirabilmente impacchettato la Scuola Elementare “Speranza”, curando eccezionalmente pure di lasciarla fasciata come una neonata per lunghissimo tempo, rallentandone ad arte i lavori edilizi sul tetto fino a far fallire la ditta. Gli alunni e i loro soddisfatti genitori hanno potuto così girargli intorno per quasi tutti e cinque anni delle “elementari” e serberanno festosi ricordi di tanta bellezza. 
-  Poi nella vicina Cupra, ancora da vivo, ha scelto il modesto Palazzo del Comune. Siccome nel frattempo è morto, i lavori li continuano con calma i suoi discepoli. Durano da anni, tre, quattro, o più. Che cosa succeda dietro i teli mal posizionati (ah, i discepoli non sono come il Maestro…) non è dato sapere, chissà quanti operai-bradipi faticano forzosamente al ralenti… Però - specie con la luce del pomeriggio - godiamocela, la visione di ‘sto palazzetto impacchettato: già i fotografi della domenica ruzzolano emozionati dalle sgarrupate scalinate di fronte; nella piazzetta, i pullman alla fermata non vogliono più ripartire; le auto pagano volentieri le multe per sosta oltre l’orario; i grupponi di ciclisti-con-panza inchiodano e vanno uno sopra l’altro; i pedoni attraversano in trance, come attratti da una calamita, lasciandosi gioiosamente investire sulle strisce: tanto ti arrotano comunque, almeno muori guardando l’opera del CHRISTO e vai in paradiso.
 
Se Grottammare è diventata famosa per “la Speranza che mai finiva”, anche Cupra lo diventerà, per il suo Comunicchio dai lavori eterni.
 
 
PGC - 26 ottobre 2021


 

21/10/21

Il secondo dettaglio


CLUG – FORSYTHE – McGREGOR

Teatro dell’Opera
Praga
Première 14 ottobre 2021    h19 
 
 “Se la danza offre sempre esattamente ciò che ci si aspetta, ristagnerà, perderà la sua lucentezza e il suo magnetismo e alla fine cadrà nell'oblio 
(W.Forsythe)

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Per l’amor di Dio, Bill, ma perché hai fatto questa cosa?”, si dice che esclamasse la madre di William Forsythe davanti alle avanguardistiche creazioni coreografiche del figlio, rivoluzionario genio della coreutica, gigante del balletto postclassico e della postmoderne dance statunitense, fenomeno senza età capace ancor oggi a settant’anni suonati - classe 1949 - di influenzare la danza d’arte del nostro tempo.
Quanto a visionarietà è in ottima compagnia, Forsythe, in questa première all’Opera di Praga, con gli altri due più giovani innovatori della danza mondiale, il britannico Wayne McGregor e il romeno Edward Clug: li accomuna un oggetto del desiderio che è la riflessione sul principio estetico della danza, sull’arte coreutica come processo che trascende la danza stessa, sulla capacità di questa di interagire con linguaggi profondamente diversi quali quelli dell’antropologia e della filosofia, delle neuroscienze cognitive, della biomeccanica, fino alle audaci ibridazioni con le tecnologie e l’universo digitale.
 
Questa sera è il corpo con la sua poetica, al centro delle tre diverse creazioni: quella “musica del corpo” di cui parlava Balanchine - fusione tra linguaggio fisico e architettura del brano musicale - in Forsythe diviene un alfabeto di movimento che mescola rigore e simmetrie del repertorio classico con geometrie, dinamiche spaziali e temporali proprie dell’arte del nostro secolo.
Su una scena minimalista di prevalenti bianco e grigio, in “ The second detail ” - coreografia creata nel 1991 per il Canadian National Ballet - Forsythe intreccia il rigore neoclassico ai movimenti fuori asse dei danzatori, di intensità e velocità crescenti, quasi “macchina umana“ guidata con percussiva aggressività dalla partitura dell’olandese Thom Willems. Creazione di sofisticata tecnica e al tempo stesso giocosa e potente, dove un “secondo dettaglio” irrompe improvviso a scardinare equilibri e simmetrie, a frantumare l’unitarietà del contesto con la danzatrice a piedi nudi che nelle movenze disarticolate e convulse evoca il dionisiaco furore di un rito pagano.

Uguale energia percorre Handman, la creazione di Clug declinata in movimenti più fluidi e tuttavia, nella loro intransigenza, quasi al limite delle possibilità fisiche dei danzatori: al punto che “la danza sembra provenire dai loro tessi corpi”, dentro una musicalità rarefatta di solo piano e percussioni dove ogni più piccolo movimento dei danzatori, ogni gesto, inclinazione della testa, espressione, ha la sua precisa ragione e collocazione nel tempo e nello spazio.

E in forme surreali, perfino agghiaccianti si fissa la tensione verso un irraggiungibile Eden nella creazione di McGregor, dove la replicazione del titolo allude alla possibilità di universi paralleli immaginati e desiderati, e si addensa in una coreografia di altissimo rigore tecnico, quasi ad esplorare e indagare i limiti fisici del corpo umano: riducendolo a nuda essenzialità, quasi scarnificandolo, disarticolandone le singole parti, ne riproduce le disarmonie e le disfunzionalità, l’irrisolto conflitto tra fragilità e speranza, il perenne contrasto con l’inesorabilità delle tecnologie.
 
Che si parli di danza decostruzionista, o post-moderna o di balletto post-classico, è sicuramente al di là delle definizioni e degli schematismi la visionarietà di questi artisti, la loro tensione e la sfida a “costeggiare sempre la vertigine”, a creare un idioma del movimento che travalichi il formalismo dell’arte per farsi sostanza umana e corporea: per svelare quel 
secondo dettaglio che è costituito dalla “matematica invisibile degli stati d’animo” e dal rapporto strettissimo di questa con la totalità dell’esistenza.
 
“E il corpo può prepararsi a una trasformazione, attivare un lume interno, qualcosa di simile a un fuoco luminoso, procedere per rapide dissolvenze, fosforescenze e pulviscoli, spostare il paradigma esistenziale dal dominio rinunciando a tutte le proprie abitudini mentali” 
[Cristina Kristal Rizzo, in OperaViva Magazine]
 
Sara Di Giuseppe - 20 ottobre 2021


 

08/10/21

FRATELLI D’ITALIA FRATELLI DI “QUELLO”

 
Se “è la somma che fa il totale” (copyright Totò), basta fare la somma delle ultime impresucce di certi Fratelli d’Italia per trovare il “totale”: capire di che pasta sono, a chi si ispirano, di chi sono “fratelli”.

 -  Pesaro.
Il Fratello d’Italia assessore alla Regione Castelli (ex sindaco di Ascoli Piceno), si oppone all’intitolazione a Gino Strada del nuovo padiglione ospedaliero del corso di laurea infermieristica: perché “Gino Strada è una figura sopravvalutata e profondamente ideologizzata”, perché “aveva posizioni politiche molto radicali e dure”, perché “fu membro del sevizio di vigilanza del Movimento Studentesco milanese negli anni di piombo”, perché “considerava nazisti Meloni e Salvini quando parlava di Decreti Sicurezza”, perché “ha sempre criticato i nostri militari nei teatri di guerra”. Poi - ciliegina sulla torta - collega l’uccisione di Sergio Ramelli (1975) a Gino Strada! Da restare secchi.

-  Con sprezzo del pericolo lo spalleggia il capogruppo in Regione di Fratelli d’Italia, l’on. Carlo Ciccioli (psichiatra!), ex Fronte della Gioventù (gruppo politico neo-post fascista), FUAN, MSI, e Alleanza Nazionale. Chi non ricorda le sue memorabili imprese, questa non sarà mica l’ultima.

-  Rachele Mussolini
(nomen-cognomen omen) figlia di Romano (bravo jazzista) e nipote del Duce, di fresco eletta consigliera a Roma in Fratelli d’Italia - la consigliera a più votata, col record di oltre 8.200 preferenze - interrogata sul suo pensiero politico, dichiara che no, non è fascista (“il discorso sarebbe lungo…” e dicci allora) e che l’eloquente foto-che-ha-fatto-il-giro-del-mondo - Il 25 aprile festeggio solo San Marco!! -è una foto vecchia” (di 2 annucci tesoro!) anzi “è una provocazione” (ma guarda un po’). Poi vaneggia di “Pacificazione Nazionale del 25 Aprile”, evidentemente sotto suggerimento dei “fratelli”… Ciao bellaa!!

-  Massimo Rabella
di Fratelli d’Italia, eletto consigliere a Torino, “ringrazia su Facebook i tanti camerati che lo hanno aiutato”. Quando uno è educato è educato, tra camerati…

 -  Votazioni comunali a San Benedetto T.
Al ballottaggio tra destrorsi - mentre Fratelli d’Italia diventa il primo partito della città - è ampiamente in testa il sindaco uscente (ex Alleanza Nazionale e Casa della Libertà, come dire un bravo fratello). Una delle imprese di cui va fiero: il 25 Aprile la banda cittadina non deve assolutamente suonare Bella ciao. Guai! Bruciati gli spartiti proibiti, il direttore s’inchina e ubbidisce: evvài col Piave. Tanto (quasi) nessuno protesta.
 
L’elenco (la somma, direbbe Totò) sarebbe lungo. Ma a dimostrare l’assioma di cui al titolo, è sufficiente già da solo il rutilante simbolo di Fratelli d’Italia: quella storica fiamma del MSI al centro ben in evidenza, non vuol dire che i FRATELLI D’ITALIA sono chiaramente FRATELLI DI “QUELLO”
 
PGC - 8 ottobre 2021