27/06/24

DOLCEMENTE VIAGGIARE

 

ph Amat

CIVITANOVA DANZA 2024

XXXI FESTIVAL 

NEL NOME DI ENRICO CECCHETTI

23 GIUGNO – 28 SETTEMBRE

 

DANCING ITALY GALA

Talenti italiani sulle scene internazionali

Teatro Rossini

Civitanova Marche


23 Giugno h21.30

 

 

Certamente non volare, ma viaggiare,  cantava Battisti e il suo dolcemente viaggiare / con un ritmo fluente di vita nel cuore  è quello che ti viene in mente stasera mentre assisti al volo – reale – dei danzatori  sul palco. 


E viaggi con loro, che oggi sono qui da diversi altrove nel mondo ma sono partiti quasi tutti dal nostro, di paese: giovani che un giorno volarono via e di tanto in tanto tornano, come uccelli migratori, o “quali colombe dal disio chiamate”. 


Solide eccellenze della danza che illuminano di sé prestigiose compagnie nazionali - di Madrid, Düsseldorf, Parigi, Praga - venute ad aprire qui il prezioso “CivitanovaDanza”, isola felicemente sottratta, da intelligenza organizzativa e qualità mai tradita nel tempo, al fragore vacanziero delle nostre coste.


Cosicchè, dopo essere precipitati nel fondo delle penitenziali poltrone del Rossini - segretamente auspicando che le articolazioni diversamente giovani non ci tradiscano nella manovra di emersione, al termine – siamo pronti al volo, nello spazio e nel tempo. Quest’ultimo anzi sembra dilatarsi per noi e senza sforzo incrociamo il pantheon dei classici ottocenteschi, i linguaggi coreografici e le forti idealità del secolo breve con  la modernità ora intimista ora appassionata ora virtuosistica di creazioni recenti.

 

E se è l’ansia di libertà di Spartacus – del coreografo Jurij Grigorovič – da un passato lontanissimo ad aprire il nostro viaggio, sarà l’ipnotico, struggente, modernissimo  Cor perdut  - di Nacho Duato - a concluderlo; nei pas de deux di ambedue le creazioni, fisicità e forza espressiva dei danzatori avvicinano due universi distanti: quello che alla figura dello schiavo romano tragicamente ribelle affida il messaggio rivoluzionario del realismo socialista; e quello contemporaneo, fatto di sonorità struggenti e ipnotici ritmi andaluso-magrebini che nella voce poderosa di Maria del Mar Bonet disegnano la passione e il disincanto (è inutile piangere /è inutile morire/il desiderio è più forte/va per la sua strada).


In mezzo c'è tutto lo spettacolo, c'è un'antologica che spazia dal 19° al 21° secolo, e vi sono i coreografi di oggi e quelli di ieri: artisti che sulle forme sonore dei  grandi (di Čajkovskij e Šostakovič, di Vivaldi e  Saint-Saëns e Stravinskij, fino a Jacques Brel) hanno disegnato trame coreografiche che il tempo non scalfisce e si rinnovano anzi nella grazia e nel rigore tecnico dei danzatori su questo palco, negli assolo e nei pas de deux, che siano brevi luminose creazioni o estratti di grandi opere.


Così ad un trascinante Winter coreografato sulle magnifiche note vivaldiane, ai danzatori impegnati in uno stile di assoluta potenza evocativa, può seguire la forza imperiosa di un Corsaire reso celebre fin dagli anni '60 del Novecento dall'interpretazione di Nureyev e Fontaine: sfida non da poco, e riuscitissima, per i due giovani interpreti.

 

Ma ci aspetta la vertigine: Vertigo di Bigonzetti su musica di Šostakovič ci trascina nel virtuosismo estremo, nel disequilibrio che sperimenta fino al limite  tutte le possibilità del corpo.


E ancora, da una classicissima Morte del cigno di Fokine, al modernissimo urticante Jacques Brel di Les Bourgeois: assolo scanzonato e beffardo del talentuoso Alessandro Riga: ed è subito Francia, è Parigi, è il fascino contundente degli chansonnier che abbiamo amato e amiamo, è il graffio acuminato al conformismo dei bourgeois.


Ed ecco “l’amore tossico” di Onĕgin, dal romanzo in versi di Puškin, coreografato da John Cranko; ecco il pathos drammatico che avvicina al nostro confuso presente un dramma, pur così lontano, di emozioni e sentimenti.


E di commistioni è indisturbato campione lo stravinskijano Ebony Concerto ispirato al jazz neworkese dell’epoca: felice connubio, qui, di rarefatta perizia e ipnotico virtuosismo nella coreografia creata da  Demis Volpi.


Prima del congedo nell’ammaliante, mediterraneo Cor Perdut di Nacho Duarto, ci viene incontro il cavaliere dalla triste figura, il Don Chisciotte “cavaliere invincibile degli assetati": nella coreografia di Marius Petipa rimaneggiata nel tempo da grandi coreografi di epoca sovietica, c’è sapore inconfondibile di Nureyev, c'è l'”impervio virtuosismo” di pas de deux che esaltano il solido  talento degli interpreti.


Abbiamo dunque dolcemente viaggiato, questa sera, rallentato per poi accelerare. Abbiamo ripulito forse il filtro e possiamo ripartire, ora. 


Certamente non volare, ma viaggiare: ci accompagnerà per un po’ la grazia dei giovani talenti, e sappiamo che non siamo perduti, perché - con Pina Bausch - danziamo danziamo

 

Sara Di Giuseppe - 25 giugno 2024
 

23/06/24

Quasi quasi mi faccio una “PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA”



Ma dovrò farmela da solo di nascosto come un carbonaro, nei menu dei ristoranti non c’è*. 

Se osi chiederglierla, ti guardano storto come se volessi un primo marziano, certe facce… Se insisti roba che chiamano la polizia. 

La pastasciutta antifascista non sta scritta in nessun posto, quindi niente, fuori di casetta tua non la puoi mangiare. 

Forse neanche il 25 luglio, che quest’anno compirebbe (invano, sembra) 81 anni. 

Non c’è neanche nel menu della buvette di Montecitorio, eppure lì dovrebbero dar l’esempio… Ma ve l’immaginate, di questi tempi, un parlamentare che tomo tomo cacchio cacchio - oppure platealmente - ordina una pastasciutta antifascista? 
Gli darebbero del “provocatore”, lo assalirebbero, giù botte da orbi! I “Fratelli” lo condirebbero con olio vergine di ricino (non previsto tra gli ingredienti) e vivo se lo magnerebbero alla Alberto Sordi. Così impara!

Si potrebbe fare quest' esperimento: sui mille e passa ristoranti delle nostre parti, quanti accetterebbero di inserire la pastasciutta antifascista nei loro menù? Sarebbe anche un test automatico sul rispetto della Costituzione.
 
* in tutt’Italia, la PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA ce l’hanno solo 230 ristoranti su 230.000, uno su mille!

 

PGC - 23 giugno 2024 

19/06/24

IL SUMMIT VASA-VASA


 

   Terminati gli sbaciucchiamenti - che neanche Totò vasa-vasa, al secolo Totò Cuffaro -  tra quelli che con sprezzo del ridicolo si ostinano a credersi, e la stampa da riporto a chiamare, “i grandi della terra”, tiriamo un sospirone: per un po’ non ci ammorberanno immagini e cronache dalla Disneyland pugliese, dal borgo farlocco e zuccheroso come la casa di Barbie e Ken, finto-antico come le ville dei cafoni Briatore-style; né ci intossicheranno ancora i menù stellati, i completi pastello e il tacco 12 della Grandefratella, la Grandefratella imbizzarrita che balla la pizzica, il Bocelli ugola d’oro che si porta su tutto signora mia, né il biancopapa fuori luogo, reduce più che ammaccato dallo scivolone sulla frociaggine.

Ma intanto nulla ci è stato risparmiato nei lunghi giorni del G7 pugliese, specchio di un’Europa e di un’Italietta di nani barricate nel non-luogo inventato: metafora impietosa del distacco dalla vita reale di una politica degradata a giostra di cartone dalla quale ogni tema sociale è bandito e sole campeggiano, sinistre, le parole affari e guerra.

Intorno c’è la Puglia che si ammala e muore di Ilva; delle strade (non solo pugliesi) come mulattiere e dei “borghi” e resort di lusso; dei lavoratori precari di Leonardo in lotta che affrontano il cordone di carabinieri in tenuta antisommossa; dei miticoltori che in condizioni di degrado coltivano le cozze servite a Biden; c’è l’Italia dei migranti annegati che la politica dei nani è incapace di guardare perché guasta il paesaggio dei resort di lusso: una settantina giusto ieri, 25 erano i bambini.

 

Con buona pace dell’autoincensatorio documento finale dove un fasullo pretenzioso “piano Mattei” per l’Africa si contrabbanda a favore di selfie per “nuova strategia sull’immigrazione”; dal quale spariscono voci scomode come il diritto all’aborto sicuro e legale, come la tutela dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere; nel quale ben chiare si affermano le logiche belliciste, i giochi di potere e gli interessi economici connessi, perfino la ladronesca appropriazione, a beneficio di Kiev, dei profitti dei beni e dei conti russi sequestrati; nel quale il contrasto alla macelleria israeliana sui Palestinesi è affidato alla “richiesta del cessate il fuoco su Gaza e del rilascio degli ostaggi” (ora sì che tremano di paura, Israele e Hamas). 

 

 Ecco allora che il vasa-vasa tende esclusivamente alla pettoruta affermazione di supremazia militare, unica meta che conti per i nani della terra e per i mercanti di morte, testé ribadita con forza a Lucerna (con la paradossale definizione di "Conferenza di pace") mentre grottescamente si sbandiera la proposta di una "tregua olimpica"... 

 

Sciam ‘nnanz, dicono in Puglia, andiamo avanti. Che altro potremmo fare. 

E pensare che siamo stati la Magna Graecia.


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Il bipensiero è la capacità di credere allo stesso tempo in due principi contraddittori e accettarli entrambi. (….) Dire delle deliberate menzogne e crederci genuinamente, dimenticare ogni atto che è diventato scomodo e, dopo, quando sarà di nuovo necessario, tirarlo fuori dall’oblio per tutto il tempo che sarà necessario; negare l’esistenza della realtà oggettiva e tutto il tempo tenere conto della stessa realtà che si nega…tutto questo è indispensabile e necessario.


(G.Orwell, “1984”, cap.9) 

 

Sara Di Giuseppe - 18 giugno 2024

12/06/24

AIUTO, NAVIGATORE IN TILT!

Pare succeda solo a Grottammare – già da 2 anni – che la voce del navigatore si impunti poco dopo averti fatto “svoltare a destra dopo il casello, prendere Via della Fratellanza”. 

Tu pensi che come al solito stia dividendo la frase in 2 tempi per farti apposta sbagliare strada, quando passati ormai i 400 metri preannunciati balbetta “alla rotonda prendere la seconda uscita”. 

Invece ZAC, la voce s’interrompe e poi più niente. Ma proprio più niente. Defunta. Come se il navigatore avesse visto qualcosa di incredibile che non può spiegare, un’apparizione, la Madonna: folgorato, poveretto. 

Ma no, lui ha solo un’intelligenza artificiale: quelle 6 frecce indicatrici di 6 paesi puntate al cielo, vogliono chiaramente dire che per andarci bisogna fare tutte salite. 

Elementare, Watson. 

È Grottammare, bellezza: è avanti anche nella segnaletica. 

PGC - 12 giugno 2024


 



01/06/24

Ho inciampato su un manifesto

 

TOLERANCE POSTER SHOW

San Benedetto Tr. – ex Cinema delle Palme e via Gramsci   24.5 – 30.6.2024

       

Strano inciampare su un manifesto 70x100 mentre vai al treno in Stazione, stavo per dargli un calcio. Ma guardandolo con stizza un momento prima di realizzare che era solido, non di carta, ne ho capito subito il messaggio importante - come non capita mai con quelli, stupidi, della pubblicità. Due grandi coltellacci in piedi che si guardano e sfiorandosi forse si parlano (!), non come le loro lame che pare s’ignorino (!): TOLERANCE - Cuba-USA, fimato Edel Rodriquez (artista americano delle arti visive).  

Ma dalle parti sciatte e tristi (come succede quasi sempre, dappertutto) della via della Stazione, da alcuni giorni sono apparsi tanti altri manifesti: cento, duecento… brutalmente inchiodati a terra e sul travertino dell’adiacente Dopolavoro, stesi a caso sotto le vecchie palme e gli oleandri, appesi dentro l’ex Cinema. Interpretano ad arte e in ogni maniera il tema della Tolleranza.

“TOLERANCE”, Grande Mostra di grafici-illustratori-artisti internazionali, già ospitata in gallerie e musei di centinaia di città di ogni Paese e appena transitata per Civitanova Marche – in mostra nella grande piazza e in MAGMA, “loro” casa-museo-archivio della Grafica e del Manifesto. Adesso è arrivata da noi. Nel posto più adatto, dato lo scabroso tema che tratta. E i cento manifesti a terra hanno già l’aspetto vissuto e un po’ sofferto, giacchè ci si cammina sopra. Magari ci s’inciampa. Ma così funziona.

Preziosa Mostra. Perchè non serve che la bella e buona parola “tolleranza” abbia sul vocabolario pure una ventina di sinonimi, anch’essi mooolto in teoria universalmente condivisibili dal punto di vista sociale, civile, culturale, religioso, politico… Inutile: la preferiamo spudorati col prefisso IN, mutata in INTOLLERANZA. La condividiamo meglio senza sforzarci. 


Siamo (quasi) tutti intolleranti. Come se quel “manifesto d’inciampo”, col nuovo titolo INTOLERANCE e pochi ritocchi grafici, lasciasse immaginare dei bravi FRATELLI-COLTELLI. Ormai succede spesso: nelle guerre, nelle città… anche nei degradi delle stazioni, appunto.

 

PGC - 1 giugno 2024