19/02/22

LE (PRESUNTE) FERITE DI RIPA (3) - FLOP

Sede dell’ARCHEOCLUB di Ripatransone

  Tranquilli, non è successo niente. Le sbandierate FERITE DI RIPA sono una bufala, un abbaglio, delle fake news.

  Infatti, spinto gentilmente (lui era un po’ riluttante) a fare quei 20 passi per guardare la (presunta) FERITA n°1 sul muro maestro del Palazzo Vescovile – che, come le altre due di Corso V.Emanuele, insiste sulla “sua proprietà” – neanche il Vescovo in visita pastorale si è scandalizzato

Non ha mosso ciglio, non gli si sono appannati gli occhiali, non ha allargato sconsolato le braccia. Imperturbabile. Solo il suo violaceo zucchetto ha virato un po’ sul rosso-rubino: colpa di un raggio di sole, non sarà miracolo quando lo faranno cardinale. 
E io tapino che m’aspettavo che nostra Eccellenza s’incazzasse (eh,“anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano”, mica solo il Marchese del Grillo), o che almeno lo accarezzasse maledicendolo, l’orrido scatolone di plastica di E-distribuzione incastrato nel muro. 
Ma neppure il Parroco, col codazzo di pecorelle: sguardi reverenti, quasi muti, senza peso. 

Via, via, la Visita Pastorale continua, urge il rinfresco gentilmente tra chiesa e sacrestia. 

Faccio appena in tempo a stendergli la cartellina con le 3 foto e i 2 miei scritti: il vescovo la gira al parroco, il parroco al vicino, il vicino a un banco del duomo… ‘Ste quisquilie possono aspettare, incombono incontri-pastorali importanti (?):  ne darà sbrodolosamente conto minuto per minuto il fedele giornale l’AncoraCorriere della Sera della Curia e delle parrocchie del circondario, ma manco una parola su queste (presunte) ferite, ovvio. 

Però ripeto non è successo niente. Perché, udite udite, la verità è che quegli sbraghi sui muri c’erano da sempre: li fecero già nel Basso Medioevo, prevedendo che sarebbero serviti a E-distribuzione! Ora è giusto che Comune e Soprintendenza (che comunque mai replicano né rispondono) autorizzino i lavoretti di completamento.
E che il Vescovo li benedica. 

Purtroppo sono stato impulsivo. Prima di scagliarmi a testa bassa come un caprone scrivente, avrei potuto e dovuto chiedere lumi all’ARCHEOCLUB di Ripatransone la cui sede è proprio dietro il Palazzo Vescovile. Loro sanno. Loro studiano. Loro vigilano. Loro proteggono. Me cojoni! Avrei evitato questa figura barbina.

Dopo questo FLOP (che mi ha procurato tanti amici) chiedo scusa. E’ che “anche le pulci hanno la tosse”


PGC - 19 febbraio 2022          

12/02/22

LE FERITE DI RIPA (2) - LICENZA DI UCCIDERE

 Ripatransone. Ancora sullo squartamento dei muri secolari del Palazzo Vescovile, del Campanile di S.Agostino (sec.XIV) 
e della Chiesa di S.Rocco (sec.XVI) per infilarci scatoloni di plastica 
di E-Distribuzione

       Dopo aver diffuso il mio pezzo “Dove passano gli ignoranti non cresce più l’erba” (9.02.’22) potrei dire di aver ricevuto minacce di querela/denuncia dall’anonimo soggetto (direbbe la questura) che mi ha telefonato dallo 0735.497400 a nome di E-distribuzione, ma non lo dico. 

Potrei dire di aver sentito l’eccitato interlocutore sull’orlo di una crisi di nervi tale da chiudermi il telefono in faccia, ma non lo dico. 

Potrei dire di averlo sentito urlare che loro hanno tutte le autorizzazioni (le licenze) – della Soprintendenza, del Sindaco, del Vescovo – per fare quegli sbraghi, ma non lo dico. 

Potrei dire che mi ha ordinato di chiudere il becco perché loro non hanno ancora finito il lavoro (di uccidere); che copriranno gli scatoloni di plastica con - udite udite - meravigliosi sportelli (di ebano? di mattoni del sec. XIV? di bronzo?) e tutto sarà più bello e più grande che pria; che tanto i secolari mattoni sono irrecuperabili perché sbriciolati (sic) ... Eccetera. Ma non lo dico

Sono terrorizzato.

       Terrorizzato e pentito. Però qualcosa devo scrivere, dopo la lezioncina morale di ‘sto Marchese del Grillo furente e minaccioso. 


Ah, tornassi indietro di 48 ore! Andrei ad incitare e applaudire quelli di E-distribuzione che, con tutte le autorizzazioni – della Soprintendenza, del Sindaco, del Vescovo – stampate sulle tute, segano i mattoni sacri di Ripa; respirando indomito la polvere rossastra li aiuterei a spalare i calcinacci, a tamponare le ferite sanguinanti del Palazzo Vescovile, del Campanile di Sant’Agostino e della Chiesa di San Rocco.

 

E dopo li aiuterei a montare gli sportelli-riparatori (di ebano, di mattoni sec. XIV, di bronzo… non ho capito bene) davanti ai loro tecnologici scatoloni. Gratis. 

Espierei la gravissima colpa di aver parlato a cazzo e senza licenza


       Di certo questi futuri stilosi ”coperchi” - la toppa peggiore del buco che copre, è un classico - convinceranno molti benpensanti (“Ma dài, che male ha fatto - mo’ li copre… ce vo’ pazienza… i lavori so’ lavori… mica poteva fa’ diversamente… toh, io manco m’ero accorto… tanto chi li ‘mmazza ‘sti muri… mica potemo torna’ ai tempi delle cannèle… ma daje che va bbè…*).  Eviterò quindi di parlare di ignoranza, che la gente s’offende.


Ma intanto: se E-distribuzione ha “licenza di uccidere” si dia una mossa per completare il delitto, queste sono “solo” ferite gravi.

 

*Dichiarazioni autentiche registrate in Corso V.Emanuele, in piazza Condivi, in piazza XX settembre e in Duomo.


PGC - 12 febbraio 2022


10/02/22

Le ferite di Ripa

 DOVE PASSANO GLI IGNORANTI NON CRESCE PIU’ L’ERBA

Ripatransone. Corso V.Emanuele ma non solo: squartano muri secolari per ficcarci scatoloni di plastica













      La notizia è questa, stop. Inutile dire che questi grigi scatoloni di plastica – come lapidi funerarie di design, ma senza nome – sono di E-distribuzione (ex ENEL). Potrebbero essere delle compagnie dei telefoni, dell’acqua, del gas… nell’orrore si rassomigliano tutti. Qui li hanno allegramente incastrati squartando con martelli pneumatici e frese gli antichi muri maestri del Palazzo Vescovile e del campanile della chiesa di Sant’Agostino (sec. XIV). 

Non è “solo” questione di estetica: il delitto è nel fatto che, come sempre, posizionano questi schifidi totem dove gli fa più comodo, come se operassero nel deserto e non in luoghi di rilevanza storica: non guardano cosa devastano, cosa saccheggiano, cosa distruggono. Lavorano e non pensano: tecnici, operai, ingegneri, che gliene importa, il pensiero è altra cosa. Hanno i disegni, le autorizzazioni, quindi obbediscono: signorsì. E siccome chi dalle stanze dei bottoni dà le autorizzazioni è ignorante quanto loro, il cerchio si chiude. Okkei tutto a posto, via all’incasso. Tutti contenti. Tutti zitti.

[Ma il trionfo dell’ignoranza e il gusto di scempiare non iniziano, ahimè, con questi “scatoloni di plastica”. Vengono da lontano: iniziano col flagello degli allumini anodizzati finto-argento-finto-oro di un’edilizia disordinata che dalle nostre parti non ha rivali per orrenditudine; poi sono arrivate le ragnatele di autostrade aeree di cavi per i servizi elettrici e telefonici; i fasci di tubi arrampicanti, gli arredi urbani di infimo gusto, le furbe ristrutturazioni premiate con mansarde giganti e balconi abitabili, le recinzioni-che-uccidono con all’ingresso garitte di cemento armato e leoni e aquile di gesso a difesa di cassette postali senza lettere ma mai sazie di pubblicità; le accecanti insegne sgrammaticate…]

      Così, in nome di uno sviluppo senza senso e senza qualità, della crescita come unico dio, continua impunito il massacro degli inermi centri storici, dei monumenti, dell’arte, della storia, delle case di pregio e non, dei paesaggi, dell’ambiente e di tutto quello che è a portata di mano, che si vede e non si vede. 


Succede, quando sullo studio e sulla cultura del rispetto per la storia e per l’ambiente vince la barbarie dell’ignoranza che - come Attila - non fa più crescere neanche un filo d’erba. [L’ignoranza-elefante, direbbe Paolo Conte] Di che ci meravigliamo: rubano i ragazzi alla scuola per mandarli a lavorare! Poi se qualcuno ci muore, unanime il cordoglio, voilà una bella fiaccolata e botte a chi protesta. Manderanno i ragazzi ignoranti-per-legge pure a murare scatoloni di plastica nei campanili medioevali? Probabile. 


      Una soluzione ci sarebbe: nominare in ogni Comune un Guardiano alla cura del paesaggio, dei monumenti, della storia e dell’ambiente. Che impedisca, agli ignoranti al potere e ai gregari, di compiere altri danni irreparabili. Un Soprintendente senza budget, competente e autorevole, con potere di veto. [ma non chiamamolo soprintendente]


PGC - 9 febbraio 2022


06/02/22

ROMA, PROVINCIA DI VERSAILLES


L’armamentario simbolico del potere era al completo, baroccheggiante l’esibizione muscolare del Leviatano politico-militar-religioso, il giorno 3 Febbraio dell’Anno del Signore Duemila e Ventidue, per la cerimonia d’insediamento del nuovo - si fa per dire - capo dello stato.
 
Corazzieri a piedi e a cavallo, che sono sempre un bel vedere, alti come il San Carlone di Arona, col cimiero lucente dalla coda più lunga di quella del destriero; carabinieri con pennacchio e carabinieri con colbacco, con mantella azzurra e con mantella rossa; generali e generalissimi con quel tanto di petto in fuori consentito dal peso di mostrine e medaglie e cappelli alti due piani con mansarda condonata; alpini con penna sul cappello e mantella gialla; l'alto prelato (hai visto mai che se ne fa a meno, eh); e banda musicale, stendardi, bandiere, tappeti rossi e auto blu; e Frecce Tricolori che assordano ed emozionano e inquinano come l’Ilva di Taranto; tripudio di colori, potenza di evocazioni simboliche con l’acme tra gli arazzi e gli ori del Palazzo, con madame Casellati Vien dal Mare in mascherina rosso-rivoluzione che ”porge il saluto” e medita forme efferate di morte lenta per quelli che non la votarono.
E poi l’ispirato discorso di BisMattarella, e i 55 applausi (si sono messi a contarli, pensa un po’!) dei parlamentari sovraeccitati che quelli più li schiaffeggi più sono contenti come i masochisti…
E la grande stampa a paginoni unificati a celebrare l’uomo della provvidenza (no, non Draghi; quello era ieri, oggi è Mattarella) e il trionfo della democrazia.
 
Certo che il popolo s’impressiona, anzi s’affezzziona come diceva Petrolini-Nerone, se gli squaderni tutto 'sto po’ po’ d’armamentario.
 
Però.
 
Però tutto questo sbrilluccichio (quanto sarà costato ai contribuenti ‘sto scherzetto di cerimonia? Quanti milioni?) sa tanto di Versailles, artificioso parassitario eden scollato dalla miseria della nazione. Andò come sappiamo, e quelli fecero una finaccia.
Tranquilli, non siamo francesi e rivoluzioni qua non se ne fanno, nessuno perderà la testa e noi fanciulle non lavoreremo all’uncinetto per ingannar l’attesa sotto i palchi della ghigliottina.
 
Prevalgono piuttosto la vergogna e un senso di impotente sconforto. 
In pochi, penso.
 
Non certo nella casta giornalistica - espressione servile dei potentati editoriali - che, intascati milioni di euro statali (con l’eccezione di un paio di testate indipendenti)  ricambia il favore e innalza alto il peana al miracolo di democrazia, efficienza, senso dello Stato e della Storia, generoso sacrificio di sé incarnatosi un anno fa e perpetuantesi da oggi nella diarchia Draghi-Mattarella.
 
Non nella casta parlamentare che non sta nella pelle dalla felicità per lo scampato pericolo del tutti a casa come dopo l’8 settembre e per aver salvato così spropositati stipendi e vitalizi, al prezzo dell’indecente spettacolo appena offerto.
 
Non in quanti esaltano il discorso di Mattarella, dove l’artificio di una bella prosa fa apparire come concreto programma futuro quello che è in realtà penoso elenco di traguardi mancati o mai neppure tentati: superamento delle disuguaglianze, delle morti sul lavoro, delle discriminazioni e del razzismo; giustizia efficiente, diritto allo studio, contrasto alla povertà, diritti delle donne sul lavoro e contrasto alla violenza di genere, stato sociale eccetera (non è menzionata la pace nel mondo, forse una svista o  il ghost writer non voleva rubare la battuta alla prossima missitalia).
 
Il Parlamento ha applaudito il proprio fallimento e quello del paese, l’immobilismo di un intoccabile ceto politico-economico-finanziario saldamente al potere, a cui importa che tutto resti com’è e che - complice la servile grancassa della grande stampa - ha bloccato all’uopo anche quel poco che faticosamente si tentava di fare (v.riforma della giustizia).
 
Ha applaudito la propria rinuncia ad essere fondamentale luogo di confronto tra i partiti, la propria umiliante resa al decisionismo di un esecutivo di inconcludenti perniciosi tecnocrati nato un anno fa con l’investitura di Draghi e di ministri a lui organici, attraverso la procedura meno rispettosa del ruolo parlamentare e della democrazia stessa che fosse dato di immaginare. 
 
Ha applaudito il Mattarella che di quella investitura è stato artefice e protagonista, e che oggi col suo retorico scontato discorso ha scatenato gli scomposti convulsi applausi, dopo aver recitato con insospettate doti attoriali la sceneggiata che pareva vera dell’andirivieni di scatoloni e dei saluti di congedo elargiti urbi et orbi. 
 
Non è un caso che, mentre il parlamento in orgasmo collettivo si spellava le mani e il nuovo capo dello stato parlava di dignità, diritto allo studio e al lavoro, sicurezza, rispetto per la persona umana (pace nel mondo non pervenuta, come si diceva), non molto prima e nella stessa città, davanti agli stessi palazzi istituzionali, la polizia manganellasse pesantemente gli studenti che manifestavano per la morte di Lorenzo e contro l’alternanza scuola-morte su lavoro.
 
Ma state sereni, compatrioti, #andrà tutto bene, Versailles insegna: con questo ceto dirigente, con questa classe politica e con questa libera stampa, se finirà per mancarci il pane, mangeremo brioches.
 
 
Sara Di Giuseppe - 5 Febbraio 2022