31/07/22

DIETRO LA COLONNA

 Sant’Elpidio Jazz Festival 2022


Paolo Jannacci & Band

“In concerto con Enzo”

 

Teatro L. Cicconi  - Sant’Elpidio a Mare (FM) - 29/7/’22  h21,15 (si fa per dire)

      Per chissà quale infondato ottimismo m’era parso ci stessimo liberando del costume di irrisolta tradizione papalino-borbonica, imbullonato da decenni nei teatri delle nostre supponenti province: quello di riservare poltrone nelle prime file ad autorità e papaveri assortiti (pubblico non pagante, va da sé); costume che s’accompagna all’abitudine cafonissima dei Nostri di arrivare in ritardo (se arrivo dopo mi si nota meglio); e a quella – sberleffo al resto del pubblico, che paga e arriva puntuale: quello civile per intenderci – di non dare inizio allo spettacolo finchè papaveri e pap(av)ere non abbiano poggiato i pregevoli lombi sulle poltrone.

Mi sbagliavo: il vezzo continua, altrochè se continua.

 

Il concerto di Paolo Jannacci al Teatro Cicconi di Sant’Elpidio a Mare di ieri 29 Luglio ne ha dato luminosa evidenza.


Il pubblico pagante (con esosa maggiorazione di prevendita) per un “posto unico non numerato” (era arduo numerarli?...) ammucchiato in strada a lungo (e se pioveva?) in attesa di poter accedere, ha poi trovato le prime due file di poltrone in platea, settori di destra e di sinistra, “riservate”. Con tanto di foglietti pedestremente appiccicati alle poltrone: non so voi, io avrei avuto qualche soprassalto di vergogna nel maneggiarli…

Spettacolo iniziato non prima che sindaco, assessori, dame assortite abbiano posto (tardi) i sussiegosi glutei sui rossi velluti. 

 

“Iniziato” si fa per dire: perché al ritardo s'è aggiunto un tormentone d’apertura con dettagliata esposizione, dal palco, di TUTTO il lungo programma della manifestazione.  Pur essendo, quello, leggibile da chiunque su ogni medium da qui alla Papua Guinea; con dissertazioni sulla qualità eccelsa degli ospiti, su come si sia stati bravi ad averli qui, con salivante saluto al sindaco e consorte (ultimi arrivati!) e - udite udite - con lettura dell’elenco completo di TUTTI gli sponsor della manifestazione lungo come l’elenco telefonico di Tokyo. Mo' me li scrivo.


Il concerto si è avviato, bontà sua, prima del nostro coma irreversibile. In quello vigile c’eravamo già, complice il caldo/sauna perché agli organizzatori l’aria condizionata dev’essere apparsa una diseducativa mollezza sibaritica. 


Nonostante la non favorevole disposizione d’animo, nonostante la sauna, nonostante il fastidio di una coppia di autorevoli imbecilli in prima fila con lo schermo luminoso del telefono perennemente acceso, abbiamo gustato ottima musica, un Paolo Jannacci geniale irresistibile folletto, fotocopia dell’indimenticato Enzo (di quello ce n’è stato uno solo, facciamocene una ragione, e non ne fabbricano più) e una band - la stessa di papà Enzo - di maturi ma giovanissimi e sapienti “monelli”.

 

Peccato, davvero, tutto il resto. 

Ma intanto una proposta: se proprio non si riesce ad evitare il medievale vassallaggio del biglietto gratuito per gli autorevoli (si fa per dire) cucuzzari, li si collochi almeno in ultima fila, non certo in prima o seconda. Visto che non pagano. Questione di equità e di rispetto per gli altri. 


Meglio ancora se dietro una colonna.

No?


====================


"...come gli aeroplani

che si parlano tra di loro 

e discutono

e non si dicono mai niente

come gli aeroplani


come gli aeroplani che son sempre rimasti al suolo 

perchè non li hanno mai aggiustati 

decentemente".


(Enzo Jannacci,  Come gli aeroplani)


 

Sara Di Giuseppe - 30 luglio 2022 


25/07/22

ROSETITUDINE GARIBALDINA

 Narrazione della Storia

IV Edizione

Associazione Culturale Centri Concentrici Promoter


Vincenzo Di Bonaventura – Luca Maggitti (curatore)


“CENT’ANNI DI ROSETITUDINE”


Roseto degli Abruzzi – Lido La Vela

21 luglio 2022


Ho imparato a usare il cuore, come lo usavano i miei campioni ammirati da sempre.
Allora sì che lo spettacolo è un altro.
Unico.
Tenuto al caldo sempre dalla mia rosetitudine
(V.Di Bonaventura, “Cent’anni di rosetitudine”, 2021)
 
      Una serata con Di Bonaventura è sempre un’avventura garibaldina. Che sia la meraviglia sismica di un'Inferna Danctis Orkestra da tirar giù la Cappella Sistina; o una serata russa di poeti giganti e l’evocata ombra di Carmelo Bene con quella voce che “strappava la pelle”; che sia ogni altro Recital della sua “macchina attoriale” capace di sorvolare lo sciame di inezie / che dilaniano il cuore: sempre, quando c’è lui, si attiva quel magnete che ti inchioda alla sedia e ci rimarresti per ore.
 
      Così se oggi di garibaldino ce n’è anche uno storicamente documentato - quel Pietro Baiocchi, rosetano unico e doc che combattè fra i Mille e lasciò lì le spoglie dei suoi romantici irruenti 25 anni - che vive ancora nelle memorie rosetane e negli scritti di appassionati studiosi, la serata rivoluzionaria è servita, completa di sbarco a Marsala e incontro a Teano.
Ma rivoluzionario e forma di resistenza umana fu anche il basket rosetano, e nel ripercorrere col suo pubblico questa “Cronistoria monologante in epicità canestraria” - che celebrò nel 2021 il centenario della pallacanestro rosetana -  Vincenzo, “stuzzicato” da Luca Maggitti curatore dell’opera, dipana anche per noi qui una storia, quella della Roseto basket, che fluisce in parallelo coi percorsi esistenziali propri e del paese, e della gente, e dei cavalieri che fecero l’impresa.
 
E abbiamo l’Iliade e l’Odissea messe insieme che lui, l’aoidos, illustra e canta per noi stasera: per chi ha già letto e rileggerà e per chi non ancora, l’aedo proietta fasci di memoria abbagliante su episodi e figure e storie di un basket che è già mito e per lui, insieme col teatro, religione dell’anima e passione totale, “ricerca costante del momento perfetto, dell’illusione alta, della stupefazione bambina, della bellezza irripetibile”.
 
 E lo scrittore è ancora, per noi qui, attore-testimone: del valore identitario del basket in questa Rosburgo che un giorno divenne morbidamente Roseto; del pubblico “numismaticamente riconoscibile” perché del basket possiede il conio, la competenza che lo rende elegantemente feroce ed esigente; della spavalderia guerriera di quegli eroi da guerra del Peloponneso; del proprio vissuto di spettatore compulsivo (“nessuno al mondo può superarmi in fatto di compulsività spettatoriale”) oltre che praticante devoto di uno sport divenuto “il mio sport protesico oramai”: esattamente come il teatro -“in fondo non ci vedo differenze” - che è per lui costante ricerca di perfezione, “memoria metabolica, possesso dei generi, occupazione tecno-teologica del teatro”; che è soprattutto stupore, “la chiave che apre la porta verso il sogno”.  
Non vedevo differenze con i miei allenamenti in teatro, scrive, con lo “svelamento a tutto tondo”, rito iniziatico che nel teatro si celebra, con il pubblico ad un tempo testimone e partecipe della “macchina scenica”.
 
Così - è inevitabile - gli amici riuniti qui stasera, quelli a cui ha dedicato il libro perché di quelle memorie condivisero ogni momento, e quelli del basket e gli ex atleti protagonisti di quelle glorie, tutti loro gli chiedono un pezzetto di quel teatro.
E l’attore-solista si fa Don Chisciotte, struggente sgangherato hidalgo – il cui cuore ha un peso rispettabile – declamante in trecentesco trobadorico; e si fa anche, malconcio e malmenato, Sancho Panza che parla - poiché è di “rosetitudine” che qui si tratta - in dialetto rosetano doc (quello di Via Mincio, sapete, mica abruzzese e basta!): strepitoso esperimento teatrale voluto dal regista Emiliani e sempre nuovo dopo trent’anni. 
 
Non è guarito dal teatro, Vincenzo, e neppure dal basket, “giacchè la mia malattia è sconosciuta”. E che resti tale, senza vaccini né cura, è ciò che speriamo.
 
Ci ha salutato da poco Di Bonaventura con questa incursione nel suo inimitabile teatro, ma la passione aleggia ancora come un vapore persistente: è nelle parole con cui Ugo Assogna ed Ernesto Piccari, nel presentare la ristampa della pubblicazione di Camillo Pace “Pietro Baiocchi - Un abruzzese tra i Mille di Garibaldi”, rivivono le tappe degli studi dedicati alla vicenda dell’unico abruzzese fra i Mille garibaldini - milleottantanove, anzi - al quale Ugo Assogna ha anche dedicato una scultura in bronzo.
 
Perché è passione anche la Storia, come il Teatro: lo è la sua narrazione, lo è lo slancio generoso di chi la coltiva con devozione perché sa che “La storia siamo noi, siamo noi padri e figli, / siamo noi bella ciao, che partiamo”. Siamo noi, anche, quel garibaldino che arrivò a Palermo ma non arrivò a 26 anni. 
Inseguiva un sogno, e vorremmo averlo anche noi; meglio per lui non aver saputo ciò che siamo diventati poi.
 
============
 
“…Quando si è presi da questa passione / e il cuore ha un peso rispettabile / non c’è niente da fare, Don Chisciotte, / niente da fare / è necessario battersi / contro i mulini a vento
(Nazim Hikmet).

Sara Di Giuseppe - 24 luglio 2022






22/07/22

Le strade di notte* coi Lupi




Le strade di notte 

mi sembrano più grandi

e anche un poco più tristi 

è perché non c’è in giro nessuno 

A Porto d’Ascoli le strade

non sembrano più grandi

piuttosto sono molto più tristi

È perché vi giran certi Lupi…

 

*Libero saccheggio da “Le strade di notte” [Giorgio Gaber, 1962]

PGC - 22 luglio 2022

19/07/22

Pirandelliana

OVVERO
Il miserando teatro allestito dall’informazione a reti e giornaloni unificati sugli accadimenti politici di questi giorni ha molto di pirandelliano senza avere di Pirandello la grandezza e il genio. 
Anche qui da un lato ci sono i fatti, dall’altro l’interpretazione che se ne dà, rovesciata rispetto ai primi. E la verità, velata e non riconoscibile da chi vuol capirci qualcosa, va a farsi friggere.
 
Il fatto è la crisi politica innescata in solitaria dal Migliore il quale, non sfiduciato dal suo governoanzi con una fiducia ampiamente raggiunta in Camera e Senato sul DL “Aiuti”, ha tuttavia rassegnato le sue dimissioni (irrevocabili, ha detto) da capo del Governo. 
Motivazione: non avere i senatori del M5Stelle votato il DL Aiuti presentato dal Governo alle Camere, poiché esso ignorava e/o contraddiceva punti qualificanti della politica 5Stelle (termovalorizzatore romano, super bonus, reddito di cittadinanza): su quei punti il Movimento aveva avanzato al premier le proprie inascoltate richieste in largo anticipo, in più sedi e modalità. 
I senatori M5Stelle non hanno sfiduciato il governo, sono solo usciti dall’Aula al momento della votazione: strumento legittimo del confronto democratico, che non ha creato alcun vulnus nè nella prassi istituzionale né nella tenuta della maggioranza. Che infatti nella votazione viene tranquillamente raggiunta dall’esecutivo.
 
Questi i fatti: lettura facile facile perfino per i giornalisti.
E invece no, perché il coro delle prefiche in gramaglie si stringe in lacrime intorno a SuperMario e innalza alti lai.
In ogni dove s’invoca il castigo divino per gli irresponsabili che osarono sostenere la coerenza dei propri obiettivi politico-sociali contraddetti dal DL e si opposero al Migliore (senza peraltro minare in alcun modo le sorti dello sgangherato governo di cui fanno parte ). 
 
E, con un oplà che neanche i meglio clown di Moira Orfei, il princeps barzellettiere - che con le sue incomprensibili dimissioni ha innescato la crisi - diviene la vittima e Conte, capo dei 5Stelle, lo scellerato irresponsabile artefice del sacrificio del cervo sacro. La crisi l’ha scatenata lui, Conte - è la vulgata a paginoni unificati italioti e foresti - e non Draghi con le sue dimissioni da bambino cretino che non-ci-gioco-più. 
Lo supplicano di restare - come i fans e le fans di Jovanotti - le forze politiche, la grande stampa pure quella d’oltre confine, l’esercito dei pensa-bene; e poi sindaci, accademici, associazioni di categoria, Confindustria (ma va?..), tutti all’unisono aprono bocche e agitano braccine all’altro capo dei fili mossi dall'amato burattinaio. 
 
Lavoro per psicanalisti più che per politologi, indagare cause e dinamiche per le quali una realtà piuttosto semplice viene capovolta, o non vista, o distorta. 
Considerato il livello d’infantilismo piagnone raggiunto dai nostrani pulitzer dell’informazione e dai pensosi intellettuali in poltrona, conviene forse spostarsi nel mondo delle fiabe, le quali come si sa contengono più  di uno spunto di comprensione del reale e di riflessione sullo stesso. Come ne “I vestiti nuovi dell’imperatore” di H.Ch.Andersen, in cui certe dinamiche appaiono particolarmente chiare (“Nessuno voleva confessare di non vedere niente, per paura di passare per uno stupido, o un incompetente”…)
 
C’è tuttavia ancora un problema non da poco, ed è il possesso e l’uso da parte dei  Nostri di una semantica inappropriata (strumentalmente, o per pura ignoranza): un uso distorto del linguaggio che, ossessivamente tambureggiato da fonti presuntamente autorevoli, veicola nella società e nella pubblica opinione contenuti e giudizi a loro volta distorti. 
Ecco dunque che per “senso di responsabilità” la grande stampa intende che non si disturbi il conducente e si faccia sempre di sì con la testolina come i cagnolini di stoffa nell’auto del nonno; per “attentato alla democrazia e alla sicurezza delle istituzioni” s’intende l’operato di chi non accetta lo sfregio ad obiettivi imprescindibili per la società, l’ambiente, l’economia italiani in un frangente così critico, ignorati e calpestati nel DL Aiuti. 
 
Si potrebbe continuare a lungo.
 
Ma intanto: di fronte all’incredibile disonestà intellettuale della nostrana grande stampa e dei maitre-à-penser all’ingrosso, direttamente proporzionale al potere che hanno di influenzare politica e pubblica opinione; pensando alle magnifiche sorti e progressive che s’apparecchiano all’Italia con questa gente nei posti chiave, vien fatto di toccare un qualsiasi amuleto apotropaico - corporeo o extracorporeo - e formulare, come quell’alunno del maestro D’Orta, uno sgarrupato scaramantico: ”Io speriamo che me la cavo”.
 
=================
 
"Non ha nulla indosso! C'è un bambino che dice che non ha nulla indosso!" 
"Non ha proprio nulla indosso!", si misero tutti a urlare alla fine. 
E l'imperatore rabbrividì, perché sapeva che avevano ragione; ma intanto pensava: "Ormai devo condurre questa parata fino alla fine!", e così si drizzò ancora più fiero, mentre i ciambellani lo seguivano reggendo una coda che non c'era per niente.
 
Hans Christian Andersen “ I vestiti nuovi dell’imperatore”, 1837

Sara Di Giuseppe - 18 luglio 2022


Lupi o LUPI?



    Abbiamo di certo sconvolto l’habitat, non c’è dubbio. Gli animali, anche quelli più selvatici, ormai non sanno più dove andare a predare qualcosa di commestibile. Dalle volpi ai cinghiali adesso anche i lupi scendono da noi, alla ricerca di prede in periferia nascosti dalle ‘tenebre’ agli occhi distratti e sonnolenti dei più.


    Ma a guardarli bene non sono proprio lupi come quello di Cappuccetto Rosso, ma è Lupi, l’insaziabile e abile costruttore in spazi da Shanghai, dove poche regole vigono per prendersi tutta l’area della vecchia casa della maestra Papalina, ricordata da molti ragazzini degli anni ’50, ’60 e ’70 e subito dimenticata(?). Ora la sua dimora è sparita nell’arco di 24h, senza un accidente di cartello che ne testimoniasse il perché e il percome… 


    Et voilà, les jeux sont faits. Il Bulldozer vince sempre.


Via Leonardo da Vinci 2, Porto d’Ascoli


FdZ - 19 luglio 2022

18/07/22

QUALCOSA DI BELLO

 

CIVITANOVA DANZA 2022

XXIX Festival nel nome di ENRICO CECCHETTI

 

DAVIDE DATO & SERGIO BERNAL

Duets and Solos

 

CIVITANOVA MARCHE – TEATRO ROSSINI – 15 LUGLIO 2022 , h 21.30


“È danza, è teatro, o è semplicemente vita”

(Pina Bausch)


     Se una sera d’estate, in teatro, grande danza e grande musica s’incontrano, allora sì, puoi fermarti: “Rilàssati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero…”. 

Hai trovato qualcosa di bello.

 

Sono solo cinque, gli interpreti quest’oggi al Rossini: due musicisti – pianoforte e violoncello – e tre danzatori, eppure la scena nuda  - solo palco, fondale e quinte - è colma come vi fossero un’orchestra e l’intero corpo di ballo del Bol’šhoj. Ti lasci rapire di buon grado, dimentichi le penitenziali poltrone dove più che sederti sei precipitata e da cui a fatica tornerai eretta, sopporti il ticchettio del vicino che si sventola, l’aria condizionata che non c’è o se c’è ha dimenticato di esserci.

 

Pianoforte e violoncello  - gli eccellenti Maurizio Baglini e Silvia Chiesa - s’intrecciano e s’inseguono con maestria nei momenti solo strumentali: dal “Lied senza parole” di Felix Mendelssohn Bartholdy in apertura, alle melodie di Chopin, all’andante di Rachamaninov, a Paganini - Liszt.

  

E poi la danza. E loro.


Hyo Jung Kang: farfalla danzante in duo con  Davide Dato, pura grazia pienamente fusa all’armonia musicale negli assolo; magnifico cigno morente nella coreografia di Fokine con musica di Saint-Saëns; creatura aerea che danza col corpo ma anche col volto e con ambedue disegna il dramma o  la gioia, l'amore e la pena.


Davide Dato: che dall’impeccabile rigore classico su armonie chopiniane trasmigra fino alla lievità maliziosa, diavolo rosso che duetta col violoncello, scherza con le arie di Bach, disegna arabeschi di passi e ridefinisce  lo spazio tra sinuosità e perfezione geometrica;  gioia di esistere fatta danza, che diviene energia e fisicità prorompenti nel conclusivo duo con Sergio Bernal, Folia de Caballeros, su musica di Corelli.


Sergio Bernal: astro del Ballet Nacional de Espagna, tragico abbagliante cigno maschile coreografato da Ricardo Cue, che in ogni infinitesimo guizzo del fisico scolpito concentra la grandezza dell’agonia e il mistero della morte; che declina il Bolero di Ravel nella vertigine di un flamenco tanto raffinato quanto sensuale e prorompente; che nel finale duetto dialoga con Dato a suon di virtuosismi, scanzonato e sapiente duello di eleganza, energia, vitalismo gioioso. 

 

Celebrare la gioia di tornare alla danza e alla musica - pur ancora nella precarietà del presente - era la promessa, mantenuta, di questi artisti: ma essi hanno fatto di più, hanno tessuto una trama coreografica di classica perfezione nella quale si affaccia – sorridente o malinconico, drammatico o gioioso – tutto ciò che in fondo è, ancora e sempre, “semplicemente vita”. 





Sara Di Giuseppe - 17 luglio 2022

17/07/22

La Sentina rapita

Trafugata di nascosto, resta la targa

      Non risulta che la Sentina* fosse “contesa”, come la secchia modenese. Vero che la poveretta da decenni è costretta a subire le invasioni barbariche di palazzinari, immobiliaristi, scaricatori di rifiuti, turisti cafoni e cacciatori; del mare cattivo che ne morde con implacabile regolarità la riva; dei politici e degli amministratori che con ignoranza la spezzettano per farne pacchi-regalo. 

Ma almeno la sua sede istituzionale al centro di San Benedetto sembrava sicura. Lì cominciavano a conoscerla anche i cittadini pigri. Anzi, la nostra Sentina stava diventando simpatica, familiare, amica. Non come una volta, quando era considerata landa di confine inospitale e inutile, quasi pericolosa.

      Sicura sticazzi! Testimoni oculari diversamente attendibili giurano di aver visto, nottetempo, il portone dell'ex Comune spalancato e il trio della banda Bassotti-Spazzafumo che caricava scatoloni, carteggi e mercanzie da ufficio su dei banchi-a-rotelle [sì, quelli ordinati dalle scuole e poi rifiutati]. 

Poi, legavano i banchi-a-rotelle uno all’altro come il trenino dei bimbi del lungomare e li spingevano faticosamente per via Crispi, via Curzi e viale De Gasperi fino al Nuovo Comune, quell’orrido periferico monolite dai vetri zozzi. 
Trovato il portone anodizzato puntualmente socchiuso ma l’ascensore bloccato, trascinavano i banchi-a-rotelle (con la Sentina dentro) su per le scale fino al 3° piano, ammucchiandoli poi in una stanza di risulta. La nuova sede istituzionale della Sentina. Ma la targa l’avevano dimenticata in piazza Battisti e lì sta. Ladri dilettanti. Finito il lavoro, il trio della banda Bassotti-Spazzafumo è andato al Caffè Soriano e ha ordinato 3 cedrate. Tassoni, ovviamente.


      P.S. Lo so, questa storia eroicomica andava scritta in ottave, ma non ho la cultura del giornalista.

 

      *La Riserva Naturale Regionale SENTINA è quella piccola ma grande area protetta costiera tra Marche e Abruzzo (Comune di S. Benedetto Tr.) di grande valenza ambientale istituita con fatica grazie ai Verdi (di prima generazione) e alcune associazioni ambientaliste. 180 ettari, ora ridotti quasi alla metà. La sua sede nell’ex Palazzo Comunale è (era) diventata un punto di riferimento per la conoscenza e la scoperta delle preziose particolarità di quel territorio umido, caratteristico per l’avifauna migratoria e per l’ostinata presenza di certa flora altrove scomparsa.


PGC - 16 luglio 2022  




15/07/22

Lettera aperta sul destino di alcuni villini a Porto d'Ascoli

Riceviamo e pubblichiamo per la natura importante dell'argomento

----------------------

"Ti giro la segnalazione da me inviata al Comune, oltre che alla Sovrintendenza. Siccome a Porto d'Ascoli si chiedono in tanti che cosa costruiranno, mi piacerebbe renderlo noto."

----------------------

Egregio Dott. Amedeo Mozzoni 
(Servizio: SUE - Edilizia privata, Comune di San Benedetto del Tronto)

Vorrei segnalare alla vostra stimata attenzione un progetto di ben 6 unità abitative (ripeto 6), depositato presso il Comune di S. Benedetto del Tronto.

Si tratta di un edificio, in via Leonardo Da Vinci 2, Porto d'Ascoli, che dovrebbe sorgere su un preesistente villino singolo con giardino, costruzione risalente agli anni '50, da abbattere completamente.

Vorrei segnalare che questa area storica, già sovrabbondantemente abitata, con distanza media di una casa dall'altra di poco più di 2 metri, carente di servizi, di parcheggi, di zone verdi e giardini per bambini, non necessita di ulteriore cemento, ne' tanto meno di ulteriori
presenze umane.

Inoltre come già accennato, si andrebbe a costruire su un precedente villino singolo, in un area dove sono presenti altri villini costruiti oltre 70 anni fa che ne fanno una area caratteristica della zona centrale di Porto d'Ascoli.

A questo punto confido in una vostra attenta valutazione del caso.

Cordiali saluti
Franca Bernardini, 25 giugno 2022





13/07/22

AL LUPO AL LUPO, SI SON MANGIATI LA MAESTRA. MA È VERO.

Porto d’Ascoli centro - via Leonardo Da Vinci, primi di luglio, esterno notte. Ma non è un film.

       Non sarebbe cibo (pesce) per loro, ma quando hanno fame i Lupi ("...nessuno si senta offeso")* non vanno per il sottile. 
E quella Papalina dell’Adriatico era così buona… GNAM – GNAM. Gli sono bastati un paio di bocconi per papparsela tutta: il vecchio villino di un piano e mezzo (risalente agli anni ’50) della signora maestra Ida Papalino non c’è più. Alle feroci mandibole Hitachi neanche gli son serviti i gialli dentoni, erano solo vecchi mattoni, calce povera, intonaci sbriciolosi, esili solette tanta sabbia e poco cemento. Sempre roba appetitosa, certo. Faticheranno di più per cancellare il rigoglioso giardino (una piccola oasi). Comunque questione di ore. GNAM – GNAM.

       Dopo la facile digestione, sui resti fumanti del povero villino+giardino i Lupi* ci costruiranno “6 unità abitative” (qualsiasi cosa voglia dire). Ne hanno diritto, oh yes tutto in regola, zitti e mosca, guai a chi fiata. Così arriveranno nuovi abitanti-investitori, altri SUV, altri scooter, altro traffico, altri rumori, altro disordine e polvere, altri rifiuti. In spazi urbani (con la distanza media tra le case di poco più di 2 metri) già ultra-saturi di abitanti, macchine, traffico, rumori, disordine, rifiuti. Cosa importa. Il grazioso vecchio villino disturbava e non rendeva, quindi lo si abbatte. Manco fosse stato un’orrida villazza abusiva dei Casamonica.

       Ma ancor più grave è l’offesa alla memoria della Signora Maestra Papalino“la maestra che ha educato intere generazioni di Porto d’Ascoli, e non solo a leggere e scrivere, ma a comportarsi in modo corretto, a crescere con la schiena dritta, a combattere perché le cose della vita prendessero il verso giusto. Già 70 anni fa aveva una coscienza ambientalista ed ecologista: a noi bambini insegnava, nel pomeriggio, quindi oltre l’orario di scuola, a casa sua, in questo modesto villino, a tenere pulite le strade facendoci raccogliere come in un gioco più cartacce possibile. Accendeva un piccolo falò e noi bambini intorno a far festa. Era una maestra di strada? Si preoccupava della nostra salute e della nostra alimentazione e se si mangiava un po’ di sabbia, rispondeva alle mamme che forse avevamo bisogno di sali minerali… Era sempre in lotta coi potenti del momento e scuoteva le coscienze per porre rimedio a ciò che andava storto…” (Franca Bernardini). La maestra amata e un po’ temuta, la minuscola grande donna che tutti ancora ricordano con affetto. Meno i Lupi* che virtualmente se la mangiano.

*...Nessuno si senta offeso, la storia siamo noi / siamo noi che scriviamo le lettere / siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere / ed è per questo che la storia dà i brividi       
      [Francesco De Gregori, 1977]
 
PGC - 13 luglio 2022




11/07/22

Come gli uccelli

 CIVITANOVA DANZA 2022

XXIX Festival nel nome di ENRICO CECCHETTI

 

JACOPO GODIANI & DANCERS

“RITRATTO D’ARTISTA”

CIVITANOVA MARCHE – TEATRO ROSSINI – 8 LUGLIO 2022 , h 21.30


foto AMAT Marche

“Non si può mentire quando si balla, perché la danza è lo specchio puntuale e sincero di quello che siamo e di quello che possiamo diventare”.

[Stefania Napoli, Il giornale della danza, 1 luglio ‘22]

 

      Se questi danzatori fossero uccelli non saremmo sorpresi del loro volo, del disegnare l’aria sfidando il peso e la gravità, ne osserveremmo incantati ma non stupiti la grazia aerea. Li invidieremmo, certo.


Ma qui ci sono tavole di palcoscenico, e quinte e poltrone e nessun cielo. Eppure volano, i danzatori, come avessero rubato alla natura la perfezione che è negata all’umano, al mondo animale segni musicali e codici di millenaria sapienza.


      Per questa ammaliante Dresden Frankfurt Dance Company diretta da Jacopo Godiani – eccellenza italiana volata oltre confine – la “musica del corpo” di cui parlava Balanchine non è solo fusione di linguaggio fisico e architettura musicale: è anche rigore classico, è sofisticata tecnica spinta quasi oltre il limite fisico dei danzatori. Vi è l’eco visionaria di Forsythe, con cui Godiani ha danzato e che lo ha preceduto nella direzione della Compagnia fino al 2015: vi è quel concepire l’arte coreutica come riflessione che trascende la danza stessa e interagisce coi linguaggi più diversi, della filosofia e dell’antropologia, della biologia, della biomeccanica e altro.   


      Sulla scena, che per questa antologica dei migliori lavori internazionali di Godiani rinuncia volutamente ai consueti complementi - costumi, giochi di luci, installazioni - protagonisti assoluti sono gli interpreti con la loro fisicità energica che somma rigore geometrico e sinuosità, che di continuo fluisce dal ritmo convulso al disteso: diresti che i corpi siano disarticolati, ignari di gravità come gli uccelli in volo, fluttuanti come creature di profondità marine.

 

Un alfabeto di movimento tanto sapiente nell’infinitesimo dettaglio quanto apparentemente naturale e fluido: sorprendente com’è nel mondo vegetale e animale il coordinarsi e sincronizzarsi secondo codici misteriosi e perfetti, inaccessibili all’umano. Lo spazio intorno ne viene ridisegnato, totale è la simbiosi col tessuto musicale che trascorre - impegnativo, mai facilmente accattivante - da Mueller/Rössert a Walton, a Dynes, a Takemitsu, a Barrios Mangoré e giunge infine a Bach

 

La danza ne accoglie l’invito e la provocazione: perché musica e coreografia insieme interpellano lo spettatore, ne stimolano la riflessione sulle irrisolte complessità del nostro essere, e il richiamo al classico -   come soprattutto in BACH OFF! - lancia una sfida alla mediocrità delle forme espressive di una contemporaneità che Godani non esita a definire “abbrutente”.

 

      “Incontro generazioni che non sanno cos’è un dipinto di Raffaello”, confida in un’intervista. Ecco dunque che attualizzare il classico, far sì che anche attraverso la magia ineffabile e la corporeità della danza esso ci parli dell’uomo e della sua complessità e grandezza, è lo splendido messaggio di questo spettacolo.

 

E se vano è immaginare che ciò scalfisca l’irrilevanza culturale dell’oggi, il vuoto spinto della “generazione Maneskin”  tambureggiato dai media, il mercato che tutto ingoia come le tre gole di Cerbero, è comunque la magnifica utopia di chi lucidamente sa, come Godani, che  “non c’è più niente a cui correre dietro”.



Sara Di Giuseppe - 10 luglio 2022



06/07/22

Gianluigi al tempo del Covid

Gianluigi al tempo del Covid

 

Gianluigi Capriotti: “I sogni di VAN DOG… 25 anni dopo”

San Benedetto del Tronto, Palazzina Azzurra         30 giugno – 25 luglio 2022


    Scusa se ti copio, Gianluigi. Ma tu in questi tempi di Covid avresti forse fatto lo stesso, anzi di più. Con la tua ironia, la tua scanzonata e fanciullesca voglia di dissacrare, di giocare, di sognare. E sempre con la delicatezza di un Van Gogh. 


    Ma poi non è neanche un’idea mia: l’anno scorso, un giorno di metà febbraio, sorpresi la mia gatta Pippi a transitare sfusacchiante per casa con una chirurgica impigliata alle vibrisse…


 

PGC - 6 luglio 2022