25/02/21

MARCHE - PSICANALISTI IN REGIONE


Ovvero
Prove tecniche di oscurantismo

 
Chissà su quali testi ha studiato, messer Ciccioli da Ancona, capogruppo di Fratelliditaglia prestato dalla Psichiatria (nel senso della professione…) al Consiglio Regionale.

Perché - dice lui - in psicanalisi quello si studia, che cioè “il padre deve dare le regole, la madre accudire”. Chapeau.

E disquisisce con sussiego psichiatrico  –  pazienti, state sereni – di “famiglia naturale, padre, madre, figli, unica forma valida da proporre in società”.
 
Orsù, rintuzziamo la risata che urge incontenibile: qui c’è piuttosto da piangere, e molto.
  
- Perché alla Regione Marche siede gente così: che alle tante perle fin qui inanellate, aggiunge oggi il legiferare in merito a rilancio e protezione del concetto di famiglia “società naturale fondata sul matrimonio”. Amen.
- Perchè non c’è solo che
Messer Cicciolo ha precedentemente delirato di “sostituzione etnica” in merito all’aborto senza che nessuno lo segnalasse per un TSO di massima urgenza.
 - Non c’è solo che la leghista Assessora alle Esternazioni ha in precedenza espresso sull’aborto, fuori contesto e fuori luogo, sue private convinzioni di molto simile tenore.
 - Non c’è solo che il presidente di questo Consiglio - il “cresciuto con radici giudaico-cristiane”, così definisce sè stesso messer Tommaso Sanna, uno dei due iscritti ad “Azione” di Calenda - ha strillato in assemblea contro la legge 194 (“Non esistono parti accettabili nella legge 194, contaminata da una mentalità abortista”) tirando in ballo perfino l’incolpevole Bergoglio, che se lo sa gli lancia una papale babbuccia tanto lui non calza Prada come l’altro.
C’è soprattutto la mutazione genetica prodottasi nelle Marche il cui elettorato esprime - non solo a livello regionale - maggioranze di tale risma, dai nomi ben camuffati (anche se la fiamma tricolore sul simbolo parla piuttosto chiaro). Maggioranze nostalgiche di Ventennio - vedi robuste cene fasciste (pre-Covid, of course) - e di oscurantismi superati solo dal secolo scorso; maggioranze locali ben allineate a una deriva nazionale decisa a mandare in fumo decenni di battaglie per i diritti e conquiste di civiltà. 
Eppure non sembra preoccupare più tanto, da ‘ste parti, un così bieco ritorno al passato. 

Escluse esternazioni di circostanza da parte di Organi e Ordini più o meno ufficiali, non scorgiamo folle di uomini e donne, di giovani e non, avanzare plasticamente all’orizzonte, a mo’ di Quarto Stato di Pellizza.  
Perché dovrebbero, d’altronde, se li hanno consapevolmente eletti a propri rappresentanti condividendone, si presume, il fondamento ideologico del tipo Io Tarzan -Tu Jane, di sicura matrice illuministica?
  
Ma tacciono anche tutti gli altri, e non da adesso: circoli, associazioni, intellettuali, bellagente e benpensanti. Che oscurantismo sia, se si parla di ciò che davvero importa: crescita, mercato, impresa, e un po’ d’inglese spolverizzato a fine cottura, mescolare bene e servire caldo. E le donne per carità accudiscano la prole e stiano ai fornelli chè lì sanno far meglio, e torni il maschio dalla caccia alla capanna coperto di pelli, di sudore e di gloria.


Sara Di Giuseppe - 25 Febbraio 2021

Pura interpretazione umoristica dell'autore


21/02/21

Di che crusca è fatta la Crusca?



Il Presidente dell’Accademia della Crusca promuove Draghi

 
Nel mio piccolo piccolissimo lo pensavo da tempo, che l’Accademia della Crusca dovesse aggiungersi ai molti Enti Inutili da sciogliere, dopo i suoi incredibili e ripetuti avalli al degrado linguistico corrente.
Ma dev’essere successo ancora qualcos’altro, se adesso aggiunge il suo al servo encomio planetario tributato a Draghi, e lo fa nel campo che le compete, la lingua del Discorso, uscendosene a giornaloni unificati in questi termini:
Lingua perfetta. Mario Draghi ha fatto un discorso da uomo colto, perfetto, che ancora una volta ha dimostrato la sua elevata statura. Inutile andare a caccia di imperfezioni.” Testuale.
           Una delle due:
-
          alla Crusca si nutrono di crusca scaduta e quindi avariata;
-
          anche l’Accademia tristemente si adegua al costume nazionale del lecca-lecca senza prima leggere, sezionare, analizzare col rigore richiesto al linguista, un testo perbenista da felpato diplomatico grigio come una banca, lattiginoso e un po’ imbolsito; discorso oggettivamente di qualità mezzana, non certo sobrio e nobile: prevedibile, tecnico, a tratti irto e aggrovigliato, monocorde e intimidatorio (anche se abilmente incantatore e ruba-applausi confezionati), pieno del vuoto a perdere della retorica di vocaboli consumati e stanchi.
[Che evoca un po’ la “lingua di legno” del Tubolario - Le frasi del tubo della Tecnogiocattoli Sebino - “un cilindro composto da sette anelli rotanti su ognuno dei quali erano stampati dieci frammenti sintattici, liberamente componibili per formare frasi perfettamente e completamente vuote di significato”, in: M.Birattari, Prefazione a “George Orwell, La neolingua della politica” - Garzanti 2021].
         Ben altro dalle presunte “visioni”, “emozioni intense”, “suggestioni”, “pensieri ellittici”, “meraviglie”, “coraggio” e quel censimento di sentimenti intimi conditi, va da sé, di infinita autorevolezza, che dai rispettivi inginocchiatoi stampa e media assortiti ci rovesciano in quantità industriali (eppure a star sempre genuflessi, le articolazioni dovrebbero risentirne…).
 
         Intanto la dis-Istruzione galoppa: al posto della “scappata-di-casa” Azzolina (sbeffeggiata a prescindere, come si permetteva di essere brava...), il divino Draghi - da poco anche “marziano” nello sbavante lessico dei giornalisti che sanno stare sul pezzo - nomina un Ministro dell’Istruzione che, oltre ad esprimersi a favore di microfoni in dialetto ferrarese scioccamente italianizzato da scandalizzare perfino l’ignoranza dei cronisti, dispone di azzerare gli scritti dagli esami di Maturità. [causa Covid, adesso, ma una volta cominciato…]
A partire dallo scritto d’Italiano, naturalmente.

Se dunque il Presidente del Consiglio (e presto della Repubblica, secondo i vaticini ricavati dal volo degli uccelli e, dovesse servire, più avanti anche Papa, l’enorme curriculum recita che crebbe in sapienza e bontà dai gesuiti) finora enigmaticamente muto, adesso che parla così ex-cathedra viene promosso con giubilo niente meno che dall’Accademia della Crusca, possiamo anche noi vaticinare voti altissimi per i nostri ragazzi che salteranno giocosi il tema d’Italiano.
Crusca per tutti.
 

PGC - 20 febbraio 2021

18/02/21

Dirò del Rodi... anch'io

A parte il titolo generale poco onomatopeico "Dirò del Rodi - 50°, 1970-2020", l'attuale mostra in Palazzina Azzurra presenta senz'altro spunti di riflessione oltre ai miei pochi ricordi risvegliati da un sicuro oblio. Avevo visto in precedenza, il 25 ottobre 2020, l'apprezzabile sforzo di ricostruzione documentaristica della tragica vicenda del Rodi, 23 dicembre 1970: "Mare e rivolta", organizzata da un nutrito gruppo di operatori culturali gravitante attorno "Re nudo" e il suo instancabile animatore Piergiorgio Cinì, andato in scena al Teatro delle Energie di Grottammare.
Questa mostra, inaugurata il 12 febbraio scorso in Palazzina e voluta dall'Amministrazione, dal titolo "…je sò lu mare e me te magne" (apparentemente più un sottotitolo e peccato che in questo caso, al contrario, furono 'magnate' 10 persone - capisco la citazione ma forse il compianto Alfredo Giammarini si riferiva a eventi meno dolorosi), come detto, fa parte di una serie di eventi dedicati "Dirò del Rodi", una dovuta documentazione dei tragici fatti accaduti, alla memoria dei morti e dell'angoscia provata dalle loro famiglie in qui giorni.
Una città intera si mobilitò subito e si stringe nella rabbia e nella disperazione attorno al mondo della pesca, che all'epoca coinvolgeva migliaia di persone nella nostra San Benedetto. Molte foto presenti ne danno testimonianza.
I volti visti, alcuni anche riconosciuti, danno un brivido per l'immedesimazione che si può provare di fronte a queste vite, annegate proprio in prossimità del nostro porto e alla vigilia di quel Natale 1970.
Sono stati ricostruiti i numerosi articoli di quei giorni, con l'epopea della pesca atlantica vissuta da avventurosi e affamati lavoratori sambenedettesi; con le speranze che nascevano attorno a un lavoro che poteva rappresentare un riscatto da una quasi certa condanna alla povertà; allo sbocco naturale che rappresentava il lavoro principe per una città di mare (per i figli di marinai non esisteva altro che seguire le orme dei padri e dei nonni), con l'abbondanza di offerta che rappresentava una calamita (e non necessariamente una calamità) per moltissimi giovani.
Ma per quanto riguarda il 'visitato' devo rilevare un generale appiattimento dimensionale dei fotogrammi riportati (materiale in gran parte del citato fotografo Giammarini, credo, riscoperto, curato e pubblicato dalla fondazione Libero Bizzarri). E poi: perché ripetere su tutti gli stampati solo il logo (pedissequamente e esageratamente grande) e mai date o autori come didascalie? Mi sarebbe apparso giusto visto che il tutto possa far parte di una catalogazione e non mirato a una vera e propria mostra come avrebbe dettato il luogo. Tutti nello stesso formato (mi è sembrato 50x70). Quando poi riprodurre del materiale per una 'mostra' significa mettere in luce, magari in evidenza gli aspetti rilevanti della vicenda che si vuole ricostruire. Insomma, utile per una pubblicazione corposa, da lettura a domicilio, e non da visitare come si usa nei luoghi dedicati. Per altro non ho trovato che un pieghevole, tascabile, a 3 ante, dove neanche la data della tragedia viene riportata (solo 1970-2020). Al suo interno 'semplicemente', si fa per dire, 68 foto da 3x2 cm circa + una 13,5x6 a fondo pagina (tra l'altro la peggiore come definizione). Forse era meglio una semplice cartolina/invito?
Lo so, posso sembrarvi pignolo, deviato da un eccessivo professionalismo di settore, ma forse il materiale espositivo in questi casi penso vada meglio indirizzato, costruito, pensato per un pubblico che si vuole coinvolgere, sia intellettualmente che emotivamente. Perché le due cose vanno insieme: si apprende con le emozioni quanto e più che con gli occhi.
Visitatela comunque, ne trarrete le vostre valutazioni, ed è ugualmente bene per il rispetto che si deve al passato.
Io ci tornerò per gli audiovisivi, che ho tralasciato per questioni di tempo. Cercherò, chiederò anche del catalogo… se c'è.
PS: La data di inizio della mostra c'è (stata), ma la data di fine no. Il covid-19 s'impone su tutto. Affrettatevi.

18 febbraio 2021 - Francesco Del Zompo


 

16/02/21

“Ur-Fascismo”

  

“L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. […] L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti”

        (Umberto Eco, Il fascismo eterno, 1995)


…Ma troppo erano degenerate le cose, troppo potenti inimici avea la pubblica libertà e i più audaci di essi cùpidi erano d’opprimerla. Il capo della Repubblica, più che reggitore egli stesso, si faceva portatore della volontà di altri. E costoro, desiderosi della mutazione del governo, preso ardire, biasimavano pubblicamente le cose presenti; la maggior parte dei cittadini era incapace di iniziativa e di resistenza e perciò esposta, per timore, a essere preda di chi volesse opprimerla.
Dalle quali cose fatti audaci Matteozzo il Rignanese - di immoderata ambizione e pestifera perfidia, che già avea attossicato il mondo e nondimeno era stato esaltato e avea sempre, più di quel che desiderava, ottenuto - e altri politici e mercantozzi e affaristi di simili condizioni, come quello sediziosi e cupidi di cose nuove, i quali già molte volte si erano occultamente congiurati, si risolverono di fare esperienza di togliere a forza il capo del Governo dalla sua sede.
 
Cacciato che l’ebbero, e volendo ricorreggere quelle cose nelle quali si era giudicata dannosa l’opera sua, fu messo a capo del Consiglio Grande tale messer Mariotto Dragazzi.
 
Questi, somigliante a monaco per atti e complessione fisica, era riputato - massimamente appresso la nobiltà e nel colmo più alto delle maggiori speranze (come sono vani e fallaci i pensieri degli huomini) - colui che con la virtù propria potesse rinsaldare lo stato tremante della repubblica. 

Ed egli volse che al governo novo fussino chiamati nei seggi più autorevoli quelli che insino a quel dì avessino avuto ruoli di primaria importanza spezialmente in affari e banche e potentati ecclesiali, e fussino lasciati ai pochi altri quelli di minore o nessun rilievo.
 
Dipoi, convocato nel palagio publico col suono della campana grossa il novo Consiglio, fu chiaro a molti che mercato e banche ed ecclesie avrebbero avuto sopra le cose publiche la medesima autorità che sempre aveano avuto.
E per effetto di questo fu dunque ricondotto il Governo a numerosi anni addietro, ma ancora più imperiosamente e con arbitrio più assoluto.

Come si intese il caso succeduto, fu negli animi di molti huomini grandissima alterazione. E fu detto che se i cittadini si fussino muniti di badili e di forconi, il Rignanese e la ciurmaglia di politici e mercantozzi (odiosissimi al Paese) non si sarebbero mossi o avrebbero trovato difficoltà o si sarebbero accontentati di somme di denaro.

Ma era destinato che i cittadini non lo facessino, ancorchè fussino stati perfino ammoniti dal cielo con prodigi e avvenimenti soprannaturali, come una folgore caduta in sulla porta che da Firenze va a Rignano, e altri simili.

 
da: Il colpo di stato dei Medici a Firenze nel 1512
in  Francesco Guicciardini - Storia d’Italia,
XI, IV
 
 
 
Sara Di Giuseppe - 16 febbraio 2021   

11/02/21

Purtroppo sarà solo “virtuale”

Gianluigi Capriotti, 1999, Trabuc da "Ritratto del capo sorvegliante nell'ospedale di Saint Paul - aint Rémy, 1889"

Gianluigi forse ci pensava, a una terza mostra in Palazzina Azzurra

coi suoi bravi cani [VAN DOG] e pesci [ALLEG(O)RIA]
tutti con le regolamentari mascherine (anche se non ne hanno bisogno).

Avrebbe stavolta portato anche gatti, caprette, galline…
e gli altri suoi animali di campagna e di compagnia,
per continuare la sua meravigliosa “Divina Commedia” artistica.
 
Gianluigi però, stanco, ha lasciato la sua opera a metà.
 
E il suo bulldog lasciato in regalo s’è messo oggi la mascherina
rossa, anche per nascondere il suo e il nostro dolore.

 
PGC - 11 febbraio 2021

 

 
Gianluigi Capriotti in una mostra di Graziano Tinti

 

 

09/02/21

LA PREDICA AGLI UCCELLI

 
LA PREDICA AGLI UCCELLI *
ovvero
La grande ammucchiata
 
 
… Allora santo Mario, conosciuta che ebbe la volontà di colui che lo chiamava, si levò su e con grandissimo fervore disse “Andiamo, al nome di Dio” e andando con impeto di spirito, giunsono a uno colle chiamato Quirinale, e ivi il santo si puose a predicare, e predicò in tanto fervore che tutti gli uccelli di ogni piumaggio (neri-grigi, azzurri, gialli, verdi, rosa, rosatelli, giallo-verdi, giallo-rosa) per divozione gli voleano andare dietro.   
E il santo Mario, istigato da zelo e desiderio di martirio, disse loro: “Non abbiate fretta, e io ordinerò quello che voi dobbiate fare per universale salute di tutti
 
E la sustanzia della predica di santo Mario fu questa: “Uccelli miei, voi siete molto debitori perché voi non seminate e non mietete, ma il popolo vi pasce, e benchè voi non sappiate né filare né cucire, né altro fare, esso vi veste e vi fa tanti benefici, e vi dà di poter mutare colore alle vostre piume secondo le stagioni. Onde guardatevi, fratelli miei, dal peccato dell’ingratitudine”.
 
Dicendo loro santo Mario queste parole, tutti quanti quegli uccelli dal vario piumaggio (neri-grigi, azzurri, gialli, verdi, rosa, rosatelli, giallo-verdi, giallo-rosa) cominciarono ad aprire i becchi, distendere i colli, aprire l’ali e riverentemente chinare i capi insino in terra e con atti e con canti dimostravano che le parole del santo davano a loro grandissimo diletto.
E santo Mario insieme con loro si rallegrava, e lasciandoli molto consolati e ben disposti a penitenzia, molto si maravigliava di tanta moltitudine d’uccelli d’ogni colore, e della loro varietade, e della loro attenzione e familiaritade.
 
Finalmente, compiuta la predica, diede loro licenza di partirsi. E poi anche non si partivano, insino a tanto ch’egli diede loro la benedizione sua.
 
Allora tutti quegli uccelli in schiera si levarono in aria e ciascuna schiera andava cantando meravigliosamente, in questo significando la loro letizia e gratitudine al santo Mario perché essi, non possedendo in questo mondo alcun merito proprio, alla sola sua provvidenza affidavano il nutrimento loro e delle  loro famiglie e dei loro figli.
 
A laude di santo Mario. Amen.
 
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*libero saccheggio da:
  Fioretti XVI – Anonimo, XIV sec.
 
Sara Di Giuseppe - 9 febbraio 2021 
 

“IN GINOCCHIO DA TE”


 
“IN GINOCCHIO DA TE” *
 
I partiti fanno la fila, ma gli inginocchiatoi non bastano.
Fortuna ci pensano i fabbricanti di banchi,
adesso che il lavoro per le scuole sta finendo.
 No, inginocchiatoi a rotelle ancora no.
Brutti inginocchiatoi, senza design (però di altissimo profilo), molto di chiesa,
 uguali a quello personale di San Mario Draghi.
Con l’aggiunta, dove poggiano le nude ginocchia,
di chiodi, spilli, cocci aguzzi di bottiglia, puntine da disegno, sale grosso… A scelta.
Tanto, finchè gli entreranno in saccoccia i soldoni dei lauti stipendi e delle offerte,
pardon del RECOVERY FUND, i nostri politici
anziché strillare di dolore godranno come ricci.
Anzi, canteranno in coro “In ginocchio da te”“Non son degno di te”
sfumando giulivi in  Ye-ye-ye-yee, Ye-ye-ye-ye,
 come in “Andavo a cento all’ora”
 
Sigh… con i draghi ci schianteremo a cento all’ora…sigh…
 
  
*Gianni Morandi non ha colpa, è stato solo preveggente
 
PGC - 8 febbraio 2021