18/01/25

Giuseppe Piscopo e il "Ritratto Sonoro"

Da Napoli Giuseppe Piscopo, artista nonché storico e prezioso collaboratore di UT, ci informa di questa sua partecipazione, su invito, per un evento dal contenuto davvero originale. E lui ne crea un'opera altrettanto unica con il suo amato cartone e qualche tocco di colore.

A commento della stessa nel suo blog scrive così:

La musica è la connessione, la magia di un'idea, è l'unione degli strumenti che si incastrano tra loro formando una dolce armonia di colori e di suoni

http://giuseppepiscopo.blogspot.com/

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Prove per un concerto. Un'opera per il concorso "Ritratto Sonoro"

Mercoledì 4 dicembre 2024 mi trovo a villa Pignatelli per l'evento “Settimana di musica d'insieme 2024”. Fuori il cielo è grigio ma non piove. In questa location neoclassica, tra poco, Giovanni Sollima con la Scarlatti Baroque Sinfonietta inizieranno le prove per il concerto che si terrà in serata. Si accordano gli strumenti, le note risuonano tra l'orecchio che stuzzica la mia mente e le colonne neo doriche di questo affascinante luogo. Ora immagino segni e vibrazioni e sono pronto ad incollarle sul mio blocco di disegno. 

Cominciano le prove e migliora anche il mio umore. Osservo gli archetti andare su e giù, l'arpeggio sul basso. Ascolto le scale di un clavicembalo che mi riporta in un viaggio immaginario a ritroso nel tempo. La punta della mia matita si muove nella scia di una sonata, in fa maggiore, per violoncello. Vengo catturato dal suono sublime di questo strumento che si espande in sala grazie al virtuosismo di Giovanni Sollima. I fogli su cui disegno diventano uno spartito, i segni grafici sostituiscono le note e definiscono le mie emozioni visive. È uscito anche il sole, la mattinata si protrae e pare non finire mai. Alla fine l'immagine sonora si completa. Sono uscito con un solo pensiero: "La musica è il vero ritratto dei sentimenti”.

Collage sonoro in Sol(lima) 
[ collage di carta, cartone, quotidiani e acrilico su telaio di legno ]

Foto, opera e testi di Giuseppe Piscopo - 7 gennaio 2025 

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"RITRATTO SONORO, LA MOSTRA"  
Vernissage 18 gennaio 2025 I ore 12:30 


A partire dal concorso "Ritratto Sonoro" della Fondazione Valenzi ETS e dell'Associazione Alessandro Scarlatti, in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Napoli, si inaugura sabato 18 gennaio alle ore 12:30 "Ritratto sonoro, la Mostra".
Le opere saranno esposte nella sala Litza Cittanova Valenzi del Maschio Angioino dal 18 al 31 gennaio 2025. La mostra sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 17 e consiste in 18 opere pittoriche di vari artisti accompagnate dai bozzetti preparatori realizzati durante le prove aperte al pubblico, tenutesi a Villa Pignatelli nella "Settimana di Musica d'Insieme". Saranno presenti per l'Associazione Alessandro Scarlatti il Presidente Oreste de Divitiis e il Direttore Tommaso Rossi, per l'Accademia di Belle Arti Olga Scotto di Vettimo.


 


 

16/01/25

UN UOMO E ALTRI ANIMALI

“BESTIARIO PROSSIMO”

mostra personale di CESARE D’ANTONIO

San Benedetto del Tronto — Palazzina Azzurra    dal 7 dicembre '24 al 19 gennaio '25

      Pensiamo subito a quel lontano illuminante libro di Brunella Gasperini, “UNA DONNA E ALTRI ANIMALI” (1978), nello scorrere il pieghevole in cui Cesare D’Antonio presenta la sua mostra “BESTIARIO PROSSIMO” soffermandosi a lungo sull’affascinante esplorazione del legame tra l’umanità e il regno animale

Attraverso le svariate tecniche artistiche che gli sono congeniali, ma con rinnovati ironia critica, sguardo prismatico, passione ambientale e leggerezza, l’autore rappresenta un mondo visionario - tra il reale e il fantastico - di animali allegoricamente modificati o troppo umanizzati. [meno cani e gatti, ormai fuori concorso…].


     Contrariamente ai bestiari medioevali che raccontavano gli avventurosi incanti di quando uomini e animali convivevano democraticamente, D’Antonio agli animali già stravolti dai troppi nostri agenti inquinanti trasforma pure il nome (conservandoceli però bizzarri e simpatici). 

Quelli rimasti all’apparenza uguali, come per es. i “pinguini del Capo”, li mette in fila come soldatini dietro al loro vanitoso comandante dal rosso e caldo piumino di marca; poi tra quelli atavicamente gregari, le pecore in gregge, voilà l’unica pecora-nera, la bastian contraria: a somiglianza del solitario e raro umano che coraggioso e “mai sotto dettatura” si ribella al tran tran del branco. Certo, difficile che l’uomo ce la faccia… ma anche la pecora.


     Mostra affascinante, urgente e profondamente didattica, come le indimenticabili di Gianluigi Capriotti, anche quelle con gli animali protagonisti. 

E’ con mostre come questa, che la Palazzina Azzurra si fa quasi perdonare certi imbarazzanti eventi tipo la recente “Prospettiva Van Orton”, che ce la sequestrò - per 7 mesi, quasi 3 stagioni! e a pagamento! - imponendoci il NIENT pompato dal marketing. 

Ma quanta fatica andarci, nella Palazzina sprofondata nell’ingiustificato buio cosmico, isolata dalle invalicabili labirintiche barriere dei lavori sul lungomare. 

Solo le 50 abusive anatre dell’Albula son venute al volo quando gli pareva, pure fuori orario! Abituate libere - eppur quasi in cattività - ad essere guardate più da sfaccendati umani che dalle loro simili, in Palazzina si son divertite un sacco con animali strani o mai visti, con un uomo che li ha portati, e ancora con altri uomini e altri animali.  

 

PGC - 15 gennaio 2025

07/01/25

Per Alfonso Vacchi era sempre il 25 Aprile

 
Caro Giorgio, non ho conosciuto la persona ma sottoscrivo quanto hai scritto (letto con grave malinconia). Firmo il tuo appello! 

Se mai un giorno la piazzetta sarà onorata dal suo nome, quel giorno ci sarò. 
Un saluto affettuoso, Eugenio

06/01/25

R I S E R V A T O V E S C O V O

Quando arrivano (sonnacchiosi, come tutte le domeniche) i contrattuali Vigili armati della Polizia Locale dell’Unione Montana Monti Azzurri (sic) di San Ginesio -MC e trovano davanti al Duomo quella santa (ma loro non lo sanno) Peugeot azzurra parcheggiata di traverso nel posto riservato ai portatori di handicap (!) e ai motocicli - cartello segnaletico messo a cazzo (alla ripana), strisce gialle e bianche a terra scolorite (alla ripana), ma è chiarissimo che quel divieto c’è lì da sempre! - non gli par vero di mollarle come minimo una multona da 330 a 990 euro, oltre a far le obbligatorie misurazioni di tasso alcolico e droghe e a sequestrargli la patente, a uno che parcheggia tutto di traverso dove non deve. 

Ma sembra che qualcuno della piazza gridi “aho’… la Peugeot è del Vescovo… sta là, là dentro al Duomo! Coosa? Azz! I due vigili si fanno pallidi, si guardano, guardano l’auto blu, pensano! Ma uno di loro non si perde d’animo, con sprezzo del pericolo entra in Duomo, ne esce, scribacchia con grafia incerta da scuola elementare:             

RISERVATO

VESCOVO

su un foglietto che mette sotto il tergicristallo della sacra Peugeot, si guarda intorno, poi salta nell’auto che lo aspetta col motore acceso e tela! (A Roma dicono se so’ ddati). Non so se dopo sia arrivato un portatore di handicap che non ha potuto parcheggiare nel posto a lui riservato ma cristianamente rubato dal Vescovo.

Cose che succedono a Ripa e nel mondo al contrari.
 
PGC - 5 gennaio 2025


 

03/01/25

TEATRO È: UN TAPPETO IRANIANO

TEATRLABORATORIUM AIKOT 27

VERFREMDUNGSEFFEKT TESTIMONIAL

Rassegna di teatro poesia musica canto orchestra

A cura di Vincenzo Di Bonaventura e Teatro Aoidos

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DON CHISCIOTTE

di

Miguel de Cervantes 

 

Riscrittura scenica 

di e con 

Vincenzo Di Bonaventura 

 

OSPITALE DELLE ASSOCIAZIONI

GROTTAMMARE ALTA  -  28 - 29 dicembre 2024



TEATRO È : UN TAPPETO IRANIANO

  “…E il teatro non è soltanto i suoi spettacoli; non è soltanto una forma artistica, ma una forma di essere e di reagire. È tradizione e invenzione di tradizione”.

       (Eugenio Barba)


      “Sono uno stradarolo” dice di sé Di Bonaventura, perché “appartengo alla vecchia categoria dei teatranti che migrano”, nella più pura tradizione della Commedia dell’Arte, “il più bel teatro del mondo”. 

 

      Con lui anche il romanzo può farsi teatro di strada, e ogni luogo può per lui essere teatro e palcoscenico. Oggi, al centro del palco-che-non-c’è, è un tappeto iraniano (da “una delle civiltà più antiche della storia umana, e nella quale sicuramente sono nati i primi teatri e i primi culti ad essi connessi”*) l’oggetto scenico che perimetra l’azione teatrale e simbolicamente scandisce i ruoli cangianti dell’unico soggetto-attore. 

L’essere alternatamente sopra il parallelepipedo che il tappeto ricopre e lo scendere da questo codifica rispettivamente l’entrata dell’attore nel personaggio e l’uscita da questo e l’interazione con i presenti.


      Ed ecco allora il teatro divenire atto totale, vivere nello Spazio Vuoto - alla Peter Brook - nel quale ciò che conta è l’umano e il rapporto alchemico di questo col pubblico; ecco l’attore superare il teatro accademico e “mortale”, eccolo farsi giullare alla maniera di Dario Fo, reinventare il testo e sovvertirne il linguaggio; eccolo sdoppiarsi ed essere ora il Cavaliere dalla Triste Figura con la sua lingua paludata e aulica, ora il fido scudiero Sancio dal travolgente eloquio abruzzese-forse-rosetano. Ecco la scena diventare laboratorio linguistico e ricreare codici espressivi popolari e antichi, di rara efficacia; pari, per pathos e forza drammatica -  Vincenzo dixit - alla lingua dei tragici greci.

 

       Si è dotato di katana, il nostro Di Bonaventura, per meglio seminare terrore e distruzione intorno: perché è questo che dovrà fare il nobile Don Chisciotte, così appassionato di libri di cavalleria da consumare in quella lettura giorni interi cosicchè sia per il non dormire sia per il troppo leggere gli si seccò il cervello e finì per perdere la ragione.

 

“Partì un bel mattino di luglio 

Per conquistare il bello, il vero, il giusto”

(Nazim Hikmet)

 

È struggente, la follia di questo "cavaliere invincibile degli assetati" autoproclamatosi cavaliere errante, venturiero e prigioniero della vezzosa senza pari Dulcinea del Toboso; comico e insieme commovente il suo scambiare la modesta locanda per un avito maniero, le avventuriere di strada per nobili pulzelle, i mulini a vento per trenta o quaranta giganti e io penso di azzuffarmi con essi, e levandoli di vita cominciare ad arricchirmi colle loro spoglie. Comico il suo trasfigurare la figlia de lu purcare – così nel dialetto di Sancio – cioè la nerboruta contadina Aldonza di petto e lombi possenti, per la soave Dulcinea del Toboso, che merita d’essere signora dell’universo intero …

 

      Gli fanno da contraltare Sancio e la sua ruvida concretezza, e quel suo dialetto che è ogni volta eruzione  incontenibile: di lamenti per il padrone ridotto a mal partito; di frizzi e lazzi per l’abbaglio che gli fa vedere Dulcinea nella muscolosa Aldonza; di umana pietà per quell’amore allucinato, per quella lettera a Dulcinea che il cavaliere gli affiderà: che la consegni, e solo se la risposta sarà diversa da quella sperata, allora impazzirò davvero, e come tale non sarò più capace di sentire affanni

 

Ma è oltre la comicità giullaresca, el ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, antieroe così lontano dall’eroismo dei poemi medievali (Ha un’anima trasparente dice di lui il buon Sancio, e Dostoevskij vi si ispirerà per “L’Idiota”) scagliato in una modernità in cui la fede nell’agire umano ha lasciato il posto all’incertezza e al disinganno.

 

Ariémecene a la casa!, “Torniamocene a casa!”, è il lamento costante di Sancio: capace, benché villano e credulone di misurare la distanza tra la realtà e la promessa folle del suo padrone “che in un girar di mano lo rendesse signore di un'isola, ed egli ve lo lascerebbe governatore”; vorrebbe ricondurre entro i confini del reale il sogno smarrito del cavaliere, gli ricorda che i cavalieri antichi impazzivano per un motivo, ma Don Chisciotte sa che non v’è né merito né grazia in un cavaliere errante se impazzisce per qualche giusto motivo: il sublime si è impazzare senza un perché al mondo. 

 

E lo sgangherato hidalgo - “poeta, folle, mendicante” - nel microcosmo isolato e visionario che lo ingabbia diviene metafora universale di ogni ricerca di libertà percepita come “follia”; di ogni guerra, combattuta lancia in resta e già in partenza perduta, contro i muri alti delle convenzioni, delle ipocrisie, dei poteri consolidati. E il suo impazzare è forse l’illusione che addita “la maglia rotta nella rete”, il volo verso la libertà sempre pagato a caro prezzo.

 

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“….ma tu sei il cavaliere invincibile degli assetati

tu continuerai a vivere come una fiamma

nel tuo pesante guscio di ferro

   e Dulcinea

sarà ogni giorno più bella”

 

(Nazim Hikmet, Don Chisciotte, 1947)

 

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*Valeria Ianniello – “Viaggio nel teatro iraniano moderno

                                    fra tradizione e invenzione di tradizione”, 2015

 

Sara Di Giuseppe - 31 dicembre 2024