26/06/23

“Prospettiva San Benedetto - Porto d'Ascoli”

Mostra impersonale dei 10 gemelli VAN SAMBEN: 10 artisti gemelli

nati in date diverse nonché personaggi in cerca d’autore, quindi unici.

SAN BENEDETTO T. - Palazzina Azzurra     14 luglio 2023 – 7 gennaio 2024

 

      Cresce l’attesa per questa mostra semestrale di livello mondiale. Nulla è stato lasciato al caso. Ma prima, dal 1° al 14 luglio 2023, ci sarà un mini-evento prototipo, un ballon d’essai, come quando prima della star conclamata mandano sul palco comici, musici, maghi, vecchie miss e politici sfatti per “scaldare” il pubblico:“PROSPETTIVA VAN ORTON”, avventurosa mostra-mercato dei due volenterosi gemelli piemontesi Shiavon - la coppia più bella del mondo - con la loro fiammeggiante illustrata mercanzia: si va da una strana motocicletta in technicolor a dei barattoletti di tè (caldo o freddo) in plastica riciclata. Tutt’un rosario di meraviglie allestito con soldi pubblici e sponsor. Badilate di “cultura” però a pagamento: ticket 5 EURO. Verrà gente, con la Palazzina Azzurra sempre opacizzata dalle algide vetrate mal-verniciate bianche, così da fuori non si vede cosa, ormai tutti la scambiano per una clinica per malati in vena di eutanasia…

Ma dal bastiglioso 14 luglio -“le jour de gloire est arrivé” - arriveranno finalmente in mostra i 10 gemelli VAN SAMBEN con “PROSPETTIVA SAN BENEDETTO - PORTO D’ASCOLI” per restarci 6 mesi fino al 7 gennaio 2024. Anche la Palazzina tornerà festosamente “trasparente”: le grandi vetrate bianche, appena frantumate a pezzettini, saranno state generosamente regalate dal sindaco-capocomico ai ragazzi-gemelli VAN ORTON, che pare si divertano a colorarle come anticamente usava nelle cattedrali gotiche…

-          Ma chi sono i 10 personaggi in cerca d’autore alias gemelli VAN SAMBENSono 10 rinomati artisti locali e marchigiani (un po’ flaneur, un po’ romantici, un po’ “ma come fanno i marinai… con le loro facce stanche…”) nati in date diverse (!) che, per la prima volta riuniti in cooperativa non edilizia ma d’arte e di pensiero, espongono nella “loro” Palazzina i loro migliori lavori caleidoscopici nonché vulcanici. CON INGRESSO LIBERO (però un panino e birra o gazzosa sono graditi) metteranno in scena - luuunga scena, 6 mesi! - il dramma espositivo della loro intensa vita artistica. [Ah, niente tragedia finale, nessun commediante si spara o annega nella vasca…]
-    Ma  per ora, per una suspense tutta sambenedettese, i “nostri” 10 gemelli VAN SAMBEN compaiono solo con i loro alti pseudonimi van qualcosa, le loro vere generalità saranno rivelate giusto il 14 luglio -“le jour de gloire est arrivé” in un luogo segreto ma vicino-vicino alla Palazzina Azzurra. Sarà un improbabile, terribile, artistico, giocoso, rivoluzionario e corsaro flash mob, anche per “salutare” la ripartenza dei colleghi gemelli VAN ORTON (un po’ dégonflés…).

 

gemello n° 1     van Dick
gemello n° 2     van Gogh
gemello n °3     van Trotten
gemello n° 4     van Eyck
gemello n° 5     van Doesburg
gemello n° 6     van Duck
gemello n° 7    van Hoek
gemello n° 8     van Kraft
gemello n° 9     van Stock
gemello n°10    van Bruggen               curatela di van Truppen
 

25 giugno 2023              Messico e nuvole





21/06/23

Non tutti i cinghiali vengono per nuocere

Pasquale Gadaleta, “La quarta fatica”  [a cura di Alex Urso] 
RIPATRANSONE  FIUTO ART SPACE    giugno - luglio 2023

Ha FIUTO e coraggio Alex Urso ad inaugurare a Ripatransone la sua piccola-grande galleria d’arte proprio nel tema del cinghiale

Si sa che le colline delle Murge di Puglia - dove Pasquale Gadaleta ha studiato a lungo questi selvatici prima di farne oggetto della sua arte - rassomigliano un po’ alle nostre (pur parallele al mare, non perpendicolari); forse anche lì i cinghiali creano problemi e antipatie. O non più: si sono convinti a girare al largo per le schioppettate? li ha addomesticati il circo Takimiri di passaggio e adesso si comportano come agnelli pasquali? davvero-davvero i cinghiali pugliesi sono diventati tanto amici da posare come modelli nei ritagli di tempo? brutti come sono? 

Boh, chiederò.

Anticamente il cinghiale non se la passava male come adesso, era ben considerato (nonostante il suo deficit estetico), nelle raffigurazioni importanti la sua stregonesca figura appariva pulita, ordinata, accettabile. 

Presso alcune popolazioni incarnava perfino saggezza e coraggio, lo spirito (anche troppo) combattente, l’energia della fertilità: quella che oggi lo frega, perché si riproduce e mangia a sproposito - il cibo è la sua benzina - e finchè non si sazia non si ferma e devasta. Per farla breve, se a Ripa e dintorni i cinghiali non li possono vedere e gli danno la caccia, il coraggio di Alex è quello di aver messo proprio loro in prima fila nell’evento inaugurale del suo ART SPACE. 


“La quarta fatica” con cui Gadaleta esamina vari aspetti della figura-cinghiale, cerca appunto di mettere questo animalone sotto una luce più giusta. L’arte forse non è un’impresa disperata. 


Il sorprendente ART SPACE nel baricentro di Ripa, questo piccolo spazio antico e pensoso merita una visita rallentata. Magari più d’una. Per trovare da soli il fil rouge che lega le rare opere esposte ad arte sul tema di  questo cespuglioso animale demonizzato a sua insaputa. 

Il Grande quadro sul fondale (come un arazzo), la bellezza accidentale della famigliola di cinghiali ben in fila nella palude come su un palcoscenico di teatro; il Cinghiale dormiente in terracotta che sogna beato; al centro, la grande scultura nera fatta di creta e di pezzi di Murgia; le piccole ceramiche dal senso giocoso e affettuoso, cinghialetti che sembrano gattini…

               C’è silenzio, nessun suono aggricciante di paura. C’è calma per riflettere, FIUTO ART SPACE può funzionare, può aiutare, può istruire. E come Dario FO in “Non tutti i ladri vengono per nuocere”, anche noi osiamo dire, parafrasandolo, che non tutti i cinghiali vengono per nuocere.     (i cacciatori sì)

 

PGC - 21 giugno 2023



 

 

20/06/23

"A calci nel sedere"

 

E faceva spavento, respiro di quella belva che era il mondo, il suono del mare…

(L.Sciascia, Il lungo viaggio)

 
             Con l’elegante “la Grecia li respinge a calci nel sedere” e con anche un velo d’ammirazione, Italo-Bocchino-un-nome-un-destino, ex parlamentare, giornalista (si fa per dire), definiva nel salotto tivù della Gruber le modalità con cui la Grecia – più o meno come l’Italia – respinge i migranti che tentano di sbarcare.

Si percepiva un po’ d’invidia, nel giornalista-a-sua-insaputa, per questi governanti greci che loro sì gli attributi ce l’hanno, mentre noi anziché respingerli a pedate, i migranti, o aiutarli a casa loro che è lo stesso, pretendiamo di accoglierli tutti.

Certo ha avuto ragione: i calci greci li hanno spediti addirittura in fondo al mare, quanta grazia, 6 -700 in un colpo solo... 

Avercene, noi, di Capitanerie cazzute come quella, che prima la tira per le lunghe anzi lunghissime, poi s’inventa che hanno rifiutato il soccorso (vai a far del bene!) poi sbaglia intervento con le corde o altra studiata asineria, insomma passa una quantità di ore e il peschereccio d'alto mare, neanche un barconazzo dei soliti, in acque calme va giù come un birillo e ti saluto e sono.

Sappiamo che i buoni esempi vanno imitati, dunque ci impegneremo per raggiungere risultati altrettanto soddisfacenti

Lo stiamo già facendo, nessuno s’inventi che siamo fancazzisti, ma bisogna capirci: ultimamente abbiamo avuto menti e cuori assorbiti dalla dipartita del pregiudicato "delinquente naturale" e perciò Santosubito e nella di lui canonizzazione a gramaglie unificate e benedizioni ecclesiastiche, laiche e saltelli milanisti. La commozione ci ha sopraffatti perché padri della patria e statisti da lutto nazionale come lui, dopo Cavour non ne avevamo più avuti.

Tanto che l’informazione quasi non s’è accorta che la Grecia ci aveva surclassati, i titoloni le paginone le maratonone tivù erano tutti per la canonizzazione del beato, non per i 6 -700 morti affogati.   

E tuttavia se la Grecia col suo governo conservatore ne fa di ogni per impedire sia le partenze che gli sbarchi, e i cosiddetti soccorsi sono riusciti a mandare a picco l’”Adriana” col mare calmo, ad essere obiettivi anche noi e l’UE insieme ce la stiamo mettendo tutta, e non da adesso.

Cominciammo benone, abolendo ricerca e salvataggio con Mare nostrum, poi suonandole di santa ragione alle Ong che soccorrono in mare, e intanto pagando soldoni ai libici per riportarsi i migranti nei loro accoglienti lager, perfino comprando per loro le navi perché nessuno è come noi nel fare gli splendidi; continuiamo oggidì col governo della Grande Fratella a finanziare le amministrazioni libiche - e non solo – e ad addestrare milizie per difendere le natie sponde dalle orde migranti; insomma è tutto un distribuire dobloni e stringere accordi tra la Melona e governi esteri di illuminata democrazia... Che vogliamo di più dalla vita.

E proprio sul più bello guarda che ti fa la Grecia: mentre noi ce ne stiamo in Duomo ad applaudire e beatificare il padre della patria, quella zac, si prende la scena e ci rovina la piazza. E dire che l'abbiamo ridotta in mutande, ‘sta Grecia, con la Trojka e la BCE di Mario Draghi (il Migliore fra i migliori, ve la ricordate l’allegra brigata?) al punto che all’ospedale di Kalamata non hanno le celle per ospitare i corpi e devono portarli via dentro sacchi sui camion, tipo nettezza urbana…

Ma alla prima occasione lo vedranno, altrochè, se sappiamo far meglio noi: in fondo scusate, ma per la strage di Cutro il merito di chi è?...

 

       P.S./ Risultando da continue evidenze che a politici, cervelloni, benpensanti e bellagente la satira va spiegata perché a capire da soli non ce la fanno e s’indignano da farsi scoppiare le coronarie, val la pena chiarire a costoro che l’antìfrasi (donde linguaggio antifrastico) è “Figura retorica che consiste nell’esprimersi con termini di significato opposto a ciò che si pensa, per ironia o per eufemismo” (Treccani).

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…sono rimasto rampicante con un bisogno duro di fame

sono caduto abbacinato con un bisogno duro di sete

 

A chi getterete gli avanzi delle vostra paure i rimasugli 

della vostra guarentigia civiltà

se le mie labbra sono incollate dai digiuni?

A chi offrirete a sdebitarvi 

il vostro pane cencioso 

se le mie ossa scricchiolano 

come un rotto ramo triste senza stagioni?

 

       [Giarmando Dimarti, Canto della fame infame sete -  in È tutto sotto controllo, 2009]

 

Sara Di Giuseppe - 20 giugno 2023

 

19/06/23

Ma cos’è questa "CRISIS"

 CRISIS – ULTIMO AVVISO  “Rassegna di manifesti di designer internazionali sui temi ambientali”
SAN BENEDETTO T. -  Spazi ex Cinema delle Palme    6 maggio - 31 luglio ‘23
      Quando nel 1933 Rodolfo De Angelis (attore, pittore, poeta, primo cantautore italiano) compose “Ma cos’è questa crisi” (senza la “s”), canzoncina di successo che, nella triste incertezza economica dei tempi, suggeriva con ironia qualche soluzione per uscirne:


Lasci stare il gavazzare                                                 Cavi fuori il portafogli

                        cerchi di lavorare e vedrà…                                          metta in giro i grossi fogli e vedrà…

                                       che la crisi passerà!                                                           che la crisi finirà!

 

non immaginava, pur da simpatizzante futurista, che 90 anni dopo saremmo precipitati in un’altra crisi ambientale e mondiale ben più tosta, quasi irreversibile. 


Ma cos’è questa crisi - ovvero Mais quelle crise?... e fu tradotta in svariate lingue - pare scritta oggi da un rapper (forse un po’ nostalgico) che però dell’orecchiabile motivetto dovrebbe drammatizzare parecchio il testo.


      Però se il nostro ipotetico rapper visitasse questa “Rassegna di manifesti di designer internazionali sui temi ambientali” della mostra CRISIS, troverebbe il lavoro sui testi già fatto e ad alto livello. Anche se ogni manifesto ha poche parole o in qualche caso non ne ha affatto, la potenza della grafica è come musica drammatica e i colori, le immagini, le ombre gridano un’urgenza che scotta, mentre equilibrio ed essenzialità del quadro aprono a qualche speranza. 

Efficace e sconvolgente, questa (faticata) mostra vale più di innumerevoli conferenze. I messaggi che si muovono dai 100 manifesti, dal primo  all’ultimo, dicono “cosa sono queste CRISIS”, spiegano come le crisi siano tante e al tempo stesso una sola, la crisi di un’umanità che ha smarrito se stessa; e incitano a darsi una mossa, forse si è ancora in tempo: è l’ULTIMO AVVISO.  

 Ma noi oggi, in questo presente triste e confuso sappiamo guardare solo all’economia che scricchiola - come nella canzonetta del 1933 - e ci accontentiamo di cantare come inconsapevoli cicale ammaestrate.

      E… Quando l’umanità non sarà più umana [Matteo Trevisani, LA LETTURA n°602]  

PGC - 18 giugno 2023  |  #crisisultimoavviso



14/06/23

Lancia, lancetta e lancettuccia

San Benedetto T.  -  Circolo Nautico Ragn’a Vela    11 giugno 2023

       Se ho capito bene, la “nostra” lancettuccia – se fosse una biciclettuccia – sarebbe una Graziella. Invece quella del Ragn’ a Vela si chiama Pupina. E non è pieghevole. Però era anche lei agilissima e versatile da matti, quando navigava. Beh, navigava… pescava sottocosta qua davanti a vista di terra e di paranza. Faceva un po’ come il pendolo, dall’alba al tramonto. 4 metri e mezzo, la lunghezza di una macchina, ma se ci andavano in 4 non c’era spazio per i bagagli: i pesci. 

Aveva una rudimentale vela a trapezio-quasi-triangolo detta “al terzo” (1/3 della vela sporgente oltre l’albero verso prua) con boma, colorata e con disegni facili facili. Niente motore (neanche i pedali, infatti nessuno la chiamava Graziella). Sulla grezza vela, continuamente bagnata con acqua di mare per irrobustirne la trama, l’importante era l’immagine - il Torrione, il gallo, l’ancora, Gesù, una stella marina, un gabbiano, una sirenetta… - oppure il simbolo del soprannome della famiglia proprietaria: siccome il padrone della Pupina lo si chiamava LIO’, Marcello Sgattoni gli dipinse un leone sulla vela rossastra. 

Lance, lancette e lancettucce si riconoscevano benissimo così, senza numeri, senza marchi, senza sponsor, senza traccia di design. Ed erano belle. Lo stesso le grosse paranze dagli occhi teneri, che però avevano spettacolari vele triangolari senza boma e un piccolo fiocco a prua detto “mezzanella” per le andature di poppa, qualche volta.

       Eh, sono ormai storie, oggi resta poco o niente. Per colpa nostra: con l’ultima lancetta, il Circolo dei Sambenedettesi ci fece allegramente la focara; l’ultima paranza - il glorioso San Benedetto Martire, primo peschereccio in legno che si spinse nell’Oceano a pescare sulle coste dell’Africa - fu “ruspato” in pubblico senza a né ba’ nel 2010; delle povere lancettucce ne restano solo 3 o 4, di cui la Pupina del Ragn’a Vela pluri-restaurata da Gino pare la meglio e da oggi ha la sua bella vela rimessa a nuovo col Leone Lio’ di Marcello Sgattoni.

C’è stata una festarella, si capisce. Con cosiddette autorità e prete benedicente, spumantino tiepido e un po’ di mangiare.    

PGC - 12 giugno 2023

11/06/23

“Con il naso all’insù”

“… e visto che non ci può essere nessuna vittoria decisiva, non importa che la guerra proceda bene o male. Tutto quello che serve è che ci sia lo stato di guerra”

(G. Orwell, “1984”)

 

Deve piacere tanto quel "Con il naso all'insùda temino delle elementari, per esserselo copiato golosamente fra loro, giornaloni e media, nei giorni gloriosi della Festa della Repubblica e dell'italica parata con annessi sfrecciamenti-di-Frecce. Tricolori, s’intende, niente Sioux e Toro Seduto. Eccoli dunque, i nostri governanti alla parata col naso all’insù per lunghi minuti, perché l’orgoglio patrio val bene una cervicale.

Nasi all’insù anche le folle convenute la domenica successiva per gli eroi sfreccianti sui nostri cieli medio-adriatici; e anche i papà e le mamme accorsi coi pargoli alle educative simulazioni di volo su simil-cabine di F35 in piazza - San Benedetto del Tronto - per la gioia italianissima di grandi e piccini. [Per la stampa locale le folle plaudenti stavano anzi "col naso all’insù fin dal sabato" (sic). Sai che torcicollo.]

 

Dunque ci voleva proprio la sempiterna parata del 2 giugno lungo i romanissimi Fori Imperiali: a stento si frena la commozione, volano in alto i cuori allo sfilar dei servizi civili ma ancor più in alto volano la Grande Fratella con ‘Gnazio-Benito e l’armigero Crosetto al comparir delle cazzutissime Forze Armate - al passo, di corsa, a cavallo, su cingoli e su ruote - tirate a lucido, petto in fuori e cipiglio da Incredibile Hulk. 

E pazienza se qualche reparto non controlla l’impulso primordiale e gli scappa il saluto romano col grido “Decima!”, che un brivido te lo dà e non è d’entusiasmo.


Ci voleva, per convincere anche i duri di comprendonio che siamo una Repubblica democratica fondata sulle armiNon che avessimo dubbi. Quelli eventuali e residui ce li tolgono le acrobazie semantiche di governanti, grande stampa e fanfara mediatica embedded per ammantare di amor di patria (altrui)  la propaganda bellicista; i linguistici salti carpiati per far diventare il nostro servaggio all’Alleanza Atlantica un oraziano dulce et decorum est pro patria mori, e l’aumento scellerato degli investimenti in armi “interventi per il sociale” (disse Crosetto restando serio): tutto ciò mentre si smantella il welfare e il Parlamento Europeo vota l’ASAP che incrementerà l'industria bellica (munizioni e missili) coi fondi del PNRR e del Fondo sociale europeo e del Fondo coesione. Lo si fa per la pace, va da sé, non per la guerra


Perché la guerra è pace, dicono i Grandi Fratelli. È ciò che accade quando la Neolingua sovverte la storia e mistifica il presente, e ha il sopravvento su verità, pudore, trasparenza, democrazia. 

 

Esemplare in tal senso il discorso del 2 giugno di Mattarella, il presidente firma-tutto/firma-facile, il più inopportunamente osannato tra i presidenti degli ultimi decenni. 

Manuale di contorsionismo argomentativo in salsa retorica, il discorso ricorda i 75 anni della Carta Costituzionale e dimentica che in spregio a quella - che ripudia la guerra - siamo al settimo decreto governativo - che scavalca il Parlamento - per l’invio di ulteriori e più aggressive armi all’Ucraina; e straparla, il discorso, di “sentieri di dialogo per raggiungere la pace” [coerentemente rappresentati dall’imponente invio di armi e dal lievitare degli stanziamenti per la (cosiddetta) Difesa]. 

Intanto le imprese belliche nostre e del nostro tempo dimostrano che “la causa della pace e della libertà dei popoli” - che per il discorso presidenziale dobbiamo avere a cuore - è solo quella dei popoli che noi e i partners europei e atlantici troviamo vantaggioso aiutare; che i “sentieri di dialogo” sono al momento autostrade percorse da carri armati; che i fiumi di sangue, le immani distruzioni, l’inutile strage da ognuna delle parti sono il sipario strappato sul nostro essere ancora, dopo milioni di anni, quello della pietra e della fionda, ma con più tecnologia e avidità e astuzia.

 

E la festa della nostra bella e giovanissima 75enne Repubblica, da gioiosa che dovrebbe essere, ci appare oggi - più apertamente e con più desolazione di ieri - una cupa e forzuta parata di armi da guerra e di mezzi di offesa. 


Sara Di Giuseppe - 10 giugno 2023