30/03/24

ESSERE ALTROVE

Roma Tre Orchestra

Kosovo Philharmonic Choir

 

“Intorno al Requiem”

 

Wilhelm F. Bach - Sinfonia in Re minore F 65

Wolfgang A. Mozart - Ave Verum Corpus in Re maggiore K 618

Wolfgang A. Mozart - Requiem in Re minore per soli, coro e orchestra K 626

Aula Magna “B.Croce”

Università degli Studi di Teramo

25 marzo 2024 h 20.30

(la Riccitelli)

 

 

Esser presi per incantamento e trasportati altrove: si può, quando la musica è questa.
 
Se è il mozartiano Requiem in Re minore K 626 potremmo in un momento qualsiasi della serata sollevarci da terra e noi e questa sala entrare magicamente in orbita, e non ce ne accorgeremmo. 
[Restiamo invece qui, per ora: Aula Magna dell’Università degli Studi di Teramo dall’acustica sbagliata, dalle sciatterie inaspettate – per esservi una Facoltà di Scienza della Comunicazione! – come l’editto vescovile (anno 1165) trascritto meccanicamente sulla parete di fondo con spaziature lasciate del tutto al caso, con effetto straniante; restiamo in questi spazi segnati ahimè da scarsa pulizia; in questo Campus perimetrato da ferrose recinzioni da prigione o da stadio, sviluppato in arroganti geometrie di cemento e d’acciaio distillanti tristezze di carcere o di ospedale. Dentro e fuori.]
 
Due formazioni eccellenti, stasera, orchestrale e coristica - anche giovani e, specie la seconda, numericamente poderose - che insieme sono più del pubblico in sala, quasi tutto diversamente giovane. Bizzarro, no? In un polo universitario che t'immagini debba calamitare da città e dintorni tanto ascolto e tanto pubblico, vario e di ogni età. In un capoluogo di provincia che ha uno storico Conservatorio Musicale. 
Sarà colpa di questo complesso la cui bruttezza dovrebbe essere reato federale, scaraventato lassù tra ragnatele di stradine dove perfino il volenteroso navigatore - che inglesizzando pronuncia incredibilmente Teramo “Ist” - recalcitra e fa il prezioso e non vuol saperne di arrivarci e di farci arrivare?… Chissà.
 
Non importa (o anche sì). Perché non appena Bach figlio - Wilhelm Friedemann - riempie di musica lo spazio, e ogni angolo della sala semivuota ne accoglie l’appassionata sinfonia, siamo a Dresda la bella, siamo tra le navate gotiche della sua Santa Sofia ormai scomparsa, dentro la solenne severa malinconia forse presaga – tanto tanto tempo prima – della tragedia futura.
E subito dopo la grazia espressiva del gioiello mozartiano “Ave Verum Corpus”, nella rigorosa eppur toccante linearità, ci prepara – ma non si è mai davvero preparati, quando la Bellezza ci travolge – alla tempesta del Requiem.

Ed ecco il Coro poderoso, ecco i quattro eccellenti Solisti, ecco la valentissima Orchestra al gran completo innalzare davanti a noi questa cattedrale immensa di suoni dove umano e divino si toccano, dove finito e infinito si cercano in irrisolta tensione alla salvezza. 
Il Dio che giudica e il Cristo che salva, il dolore del singolo e dell’umanità tutta, la luce e la tenebra, la dannazione e la salvezza, la terra e il cielo: tutta l’altissima divina architettura dell’opera è restituita qui dall’intensità folgorante delle voci, dal magnetismo degli strumenti sapienti. 
Le atmosfere sonore, le movenze riflessive e quelle potentemente drammatiche, l’incalzare massiccio del coro e il far spazio alle voci e agli strumenti solisti, il tragico che trascolora nella poesia della preghiera, l’orchestrazione che si slancia verso il trascendente e si china poi in squarci di dolente umanità: li assaporiamo con completezza stasera, l'alto valore degli interpreti li rende attuali come se i secoli non fossero trascorsi e lo spazio non esistesse.

E forse è davvero così: forse, presi per incantamento, abbiamo realmente attraversato quel varco spazio-temporale che cercavamo, forse ci siamo staccati da terra e siamo approdati in qualche altrove mentre l’ascolto ci rapiva senza che opponessimo resistenza.
Di certo siamo un po’ nuovi, uscendo, ed è come se qualcosa del genio mozartiano e dei magnifici interpreti ci fosse rimasta attaccata addosso, ed è come una luccicanza… 
Forse ci basta.
Scappiamo dall’università. Accendono i motori anche i due-tre grandi bus dell’Orchestra Roma Tre e del Kosovo Philharmonic Choir.

 

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Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io

fossimo presi per incantamento…

[Dante, Rime, 9]

 

Sara Di Giuseppe - 28 marzo 2024 

27/03/24

Guardare la musica ascoltando gli acquerelli

ONCERTO ED ARTE / NOTE SU TELA


Davide Massacci: pianoforte   Eugenio Cellini: acquerelli

Ripatransone – Teatro MERCANTINI   23 Marzo 2024  ore 21

 


    Abbiamo guardato i colori di CHOPIN, ROSSINI, SCHUBERT, LISZT, DEBUSSY, CASTILLO ascoltando gli acquerelli di Cellini. Il concerto ha funzionato così. 

Ma prima, Davide Massacci ha detto commosso di MAURIZIO POLLINI. E già gli va un bravo, mentre nei telegiornali italioti la notizia è rotolata dopo le tragicomiche della nostra politica stracciona, dopo le piagnose vicissitudini sanitarie della Corona UK; dopo le arlecchinesche americanate di attenti a quei due - uno peggio dell’altro. Cioè dopo quasi tutto. Alle volte, perfino infilata come una punizione tra le beghe del calcio, ahò, è successo che è morto Pollini! 

Poi, peccato non sia salito sul palcoscenico il “nostro” Eugenio: non è che non ha fatto in tempo, anche se - come un direttore d’orchestra - ha dovuto sorvegliare il “ritmo” dei suoi acquerelli per farceli guardare-ascoltare a tempo di Chopin, Debussy, Schubert, Liszt… (eh, incorniciati in studio, loro non sono abituati a certi… ritmi).

Giusto, l’inizio con quel Notturno di Chopin che Pollini chissà quante volte ha suonato in tutti i teatri del mondo, ma mai “accompagnato” dagli acquerelli di Ripa…in notturna! 
Omaggio rispettoso e commovente, a Massacci forse tremavano le dita per l’emozione, ma l’esecuzione è stata rigorosa, senza tentennamenti, proprio in stile razionalista. Anche Ripa in Do min. vista e immaginata con colori notturni è stata all’altezza. Nell’esuberante Petite caprice “StyleOffenbach di Rossini (Offenbach il personaggio, non la piatta cittadina semi-dormitorio vicino a Francoforte) - dove si allude proprio alle corna, al suonare con indice e mignolo! -  Cellini si cava d'impaccio con acquerelli di repertorio: belli, a Ripa meglio non dipinger corna… 

Con Debussy ci s’avvicina al jazz con influenze classicheggianti: “La cathédrale engloutie” (stile gotico, penso) che affonda in mare e riemerge, è pura fantasia pittorica impressionista che però ha messo in difficoltà Cellini, difficile immaginare la cattedrale di Ripa in fondo all’Adriatico. Così la modernità di Debussy s’accontenta della pur debussiana bellezza delle nostre piccole chiese senz’acqua. [Pure chiuse e dimenticate, ma non divaghiamo].

Interpretando la delicatezza di Schubert e la malinconia di Liszt, il duo Massacci-Cellini sembra contaminarsi reciprocamente. Difficile parlarne ancora, spiegare. Sonorità di pennellate morbide, colori di musiche romantiche, motivi armonici quieti o complessi che discendono colline e campagne. La metamorfosi s’inverte più volte. 
Ascoltare musica e capirla dipende anche da cosa guardiamo. “Il pianista è un detective” (indaga sull’uomo e sul tempo); il pittore risolve, architetta, mostra.

Davide non lo dice, ma mentre gli acquerelli di Eugenio dopo la felice fatica si spengono, se sceglie di chiudere il concerto col breve intenso Valzer in La minore n.19 B150 di Chopin (l’ultimo, pubblicato postumo), credo che il suo pensiero - come il nostro - voli ancora verso Maurizio Pollini. Questo valzer Davide Massacci già da tempo lo insegna ai suoi allievi, Maurizio Pollini è appena andato via.
 
PGC - 27 marzo 2024

24/03/24

QUELLA FOLLE FREGOLA DI GUERRA

 

Quelli che credono più fermamente nella conquista del mondo sono gli stessi che sanno che è impossibile.

(G. Orwell, “1984”)


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Eccoli in delirio bellicista, i folli che reggono i destini d’Europa.

 

Membri UE, come il delirante Ch.Michel presidente del Consiglio Europeo che Se vogliamo la pace dobbiamo prepararci alla guerra (dev’essergli apparso in sogno Publio Flavio Vegezio Renato attraversando i millenni) e perciò Dobbiamo mettere l'economia europea sul piede di guerra - dice restando serio -

 

Gli fa eco Alexa - pardon, la presidente a sonagli U. von der Leyen - con Servono più armi, dobbiamo produrne come abbiamo fatto per i vaccini… e nessuno che se la porti via in camicia di forza.

 

E poi J.Borrel (quello che “L’Europa è un giardino e il resto del mondo è una giungla” - ottobre 2022 -  per dire come siamo messi) che bacchetta i paesi refrattari all’impegno militare. 


Poi  l’ectoplasma Gentiloni – parlandone da sveglio – col suo  bisogna rafforzare la difesa europea e finanziarla insieme.

 

Poi capi di stato e di governo: il francese cazzutello che si crede Napoléon, la nostrana cucurbitacea premier con l’androide quasi antropomorfo Ministro della Guerra e tutto il cucuzzaro di fasciomaggioranza al livello basico di alfabetizzazione, e via passeggiando per l’Europa intera. 


Poi naturalmente tutti quelli che hanno le mani in pasta anzi in armi fino al gomito e oltre: industrie d’armi e munizioni di ogni nazionalità peso e colore, e azionisti, e lobbisti e via armeggiando.

 

Non stanno nella pelle tutti, e lo dicono, dalla fregola di riempire d'armi e munizioni e carrarmati e missili ogni angolo del mondo. L’hanno fatto, lo fanno da tempo. 

Già l’Italia ha il record europeo - ne vende più di tutti - con un export armigero raddoppiato negli ultimi cinque anni come attestano Istituti di Ricerca Internazionali.

Solo che adesso abbiamo messo il turbo.

 

Ci arriveremo eccome, alla guerra, la storia non ci insegna mai nulla. 

Specie se non la si conosce.

Ci arriveremo per gradi: attraverso trucchi, scorciatoie, propaganda.

Magari sembrerà un incidente.

 

Già ora nel Mar Rosso giochiamo alla battaglia navale a comando italiano, e il comandante che abbatte i droni dei cattivoni riceve nella natia San Benedetto del Tronto attestati di pettoruto orgoglio patrio e campanilistica prosopopea… 

Già l’Italico Parlamento si avvia ad approvare - col Ddl 855 - norme che semplificano obblighi e controlli per l’export di armi favorendo, come se non bastasse, l’opacità dei flussi finanziari e dell’operato delle banche nel settore. 

 

Tornerà comodo all’uopo dimenticarsi della Costituzione che RIPUDIA LA GUERRA ma tranquilli, basterà continuare a ignorarla come s’è fatto ogni volta che per conto NATO abbiamo esportato democrazia ovunque in Europa e nel mondo, dalla ex Jugoslavia al Medioriente e via bombardando (civili e quant’altro).

 

Sarà così che nei prossimi giorni fra una portata e l’altra del menu di gala a Bruxelles, fra i sorrisi e i birignao, la classe politica europea più inetta reazionaria e corrotta che mai abbia occupato quei seggi, brindando agli accordi raggiunti sulla “difesa comune”, sancendo che le intese NATO contano più della nostra Costituzione, materializzerà orwellianamente l’assunto:

 

LA GUERRA È PACE



      Insomma se, come una volta Menippo dalla Luna, potessimo contemplare dall’alto gli uomini nel loro agitarsi senza fine, crederemmo di vedere uno sciame di mosche e di zanzare in contrasto fra loro, intente a combattersi, a tendersi tranelli, a rapinarsi a vicenda, a scherzare, a giocare, nell’atto di nascere, di cadere, di morire.

[Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia, 1509]

 

Sara Di Giuseppe - 22 marzo 2024

 

21/03/24

CHAMPIAN FULTON MEET ME AT COTTON LAB

 

CHAMPIAN FULTON TRIO

Champian Fulton: piano & vocals   Lorenzo Conte: bass   Andrea Michelutti: drums

Ascoli Piceno – COTTON LAB   15.3.2024   h 21.00


Stasera finalmente incontro Champian Fulton

La conoscevo appena di nome, e neanche in questo suo “Jazz classico” che pure  - bazzicando un po’ di musica - avevo qualche volta incontrato in automatico. Ma quanto poco li conoscevo! Ecco però che al COTTON LAB può capitarti di re-immergerti con gusto nuovo nel jazz di nostalgia e di qualità (quello “in bianco e nero”, oggi un po’ meno suonato se non addirittura lasciato nell’ombra) riproposto uguale ma diverso dalla brava e virtuosa Fulton finalmente incontrata in concerto. 

Non serve andare al BIRDLAND di N.Y. 

Se anche il Champian Fulton Trio del Cotton Lab non è proprio quello del Birdland Theater (con Fugushi Tainaka e Hide Tanaka da Tokio), ne andrebbe realizzato il CD, e cambiare due scritte… 

Anche i “nostri” Lorenzo Conte e Andrea Michelutti sono infatti gli strumenti giusti per la voce-strumento Fulton: si vede da come lei li guida, li ammira, li guarda con gioia. Sono suoi. Il livello è alto. C’è che, mentre lei suona e canta con gioia, guarda chiunque con gioia: la musica la fa felice e lei  esterna. Fulton-fabbrica di gioia. E quando parla – parla tanto – è come se suonasse: parla e canta a due mani, fa le scale, gli arpeggi, le dissonanze,+ i silenzi e i tempi del jazz. La sua voce eclettica è swing e blues. Le sue note sono parole in jazz. Mi ricorda Ray Charles. Canta come parla, parla come suona: non distingui la fonte, la provenienza. Il “solito” jazz classico diventa così una musica nuova, rinfresca perfino certi standard ascoltati troppe volte. La tastiera del piano, mai sotto stress, anche nei virtuosismi obbedisce senza faticare (anche sorridendo…). E mi pare che Champian lasci abbastanza in pace i pedali, le servono poco. Come sospetto che sia lei, sia la sua voce ad “accordare” gli strumenti! che dia lei la frequenza giusta, gli hertz, lei agli altri!

      E quei due? Lorenzo Conte (da Venezia) al contrabbasso: in velocità sembra un silenzioso gradevolissimo motore elettrico ma pare guidare su un binario, quando lento e autorevole sottolinea i fondamentali. Andrea Michelutti con la sua “batteria essenziale” che neanche un piatto in più: è la fantasiosa cremagliera del trio. Sempre presente e vario, sa emergere come eclissarsi. Con classe.

PGC - 21 marzo 2024 


19/03/24

Lettera-appello degli Operatori Sanitari pediatrici Meyer

La risposta di alcuni Operatori Sanitari dell'Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze che chiedono di diffonderla se si crede che la vita di OGNI bambino è sacra.

La redazione



 

17/03/24

UNA STUPEFACENTE INSTALLAZIONE ARTISTICA...

AL POSTO DELLA COMPIANTA "CASA ROSA". 
NON UNO STUPIDO PALAZZONE! 
 

     Siamo riusciti a procurarci il rendering segreto, ma l'Opera più importante di Viale De Gasperi, anzi di tutta la città è già quasi pronta. Manca soltanto smontare la gru e la recinzione, riempire il vuoto con la speciale simil-acqua* e inaugurare in pompa magna. Dài Spazzafu', mettiti la fascia. Saremo famosi. Schiatteranno d'invidia i gemelli Van Orton e certi occhiuti curatori di mostre che stavano mettendo casa a San Benedetto.
 
     Ci avevano ingannato con notizie false e tendenziose, tipo che sulle ceneri della compianta "CASA ROSAH (ex villa Ciechi) un palazzinaro-senza-cuore avrebbe costruito impunemente un ardito palazzone (di non so quanti piani, penso altissimo come i simil-carceri vicini) farcito di lussuosi appartamenti e attici e boschi verticali (!) e garagioni sotterranei per SUV elettrici blindati. Ci avevano fatto preoccupare, quasi piangere, per l'ulteriore affronto volumetrico al nevrotico quartiere amico già superconcentrato di tutto il peggio dell'edilizia abitativa e commerciale. Ci avevano fatto dubitare della sapienza degli Uffici Urbanistici, della cultura ambientale della Giunta, dell'attenzione sempre vigile dei cittadini che pareva essersi trasformata in complice indifferenza. Ma ora siamo sollevati, orgogliosi, felici. Questa installazione ci ripaga della frustrazione da abbandono. 
 
     Ecco la spiegazione del rendering dell'installazione dal titolo "VUOTO A NON PERDERE"': 
 
     Nel grande scavo che lingue malefiche avevano assegnato a ricchi SUV che dormono, ci sarà invece solo della simil-acqua* trasparente semiliquida o semisolida, come preferite. Alla profondità di circa 3 metri si intravedono 2 sub-robot che nuotano, visibili anche di notte. In cima all'installazione c'è un tuffatore-robot dai movimenti impercettibili. Non si tufferà mai.
 
 
     *simil-acqua - Liquido semisolido inutilmente dolce o salato [Ho0] inventato in un'università di Mosca. Non si consuma, non evapora, non si sporca, non inquina, non bagna, non scalda, non gela, non si beve. Inodore. Chi ci casca non annega. Costa quasi niente. Raccomandata nelle coraggiose installazioni antiedilizie. 
 
Messico e nuvole - 17 marzo 2024

09/03/24

BALLARIN rottamato

Lo storico stadio BALLARIN del 1931 rottamato come una vecchia inutile auto inquinante. E succede come quello che poi compra una costosa e conturbante auto elettrica dal cuore cinese. Che affare è?

Già che ci siete, mo’ abbattete pure quel restauro fesso di Muro del Pianto di Piunti

Quell’avanzo di muro littorio senza gloria di cui la Soprintendenza s’era innamorata persa (ma noi no), che senza le 3 tribune farà disperare ancora di più i nostalgici della fu “Fossa dei Leoni”. E che adesso pare l’enorme ala sporgente di uno scatolone gigante marron sepolto sotto il caro ex-campo di calcio.

Il Muro del Pianto di Piunti s’ha da rottamare perché è un:

1         Muro brutto e banale. Kitsch, direbbe Gillo Dorfles

2         Muro di confine di niente

3         Muro carcerario senza carcere

4         Muro-candelabro per telecamere poliziesche

5         Muro di cancelli chiusi e bucati 

6         Muro d’arte sbiadita

7         Muro di led morenti

8         Muro-parafango di pozzanghere morosine  [di via Francesco Morosini]

9         Muro deserto: mediamente 3 pedoni a settimana, sul marciapiede più pericoloso della città  … o è un muro per “mettere qualcuno al muro”?

9+1 i motivi per liberarsene: per disporre integralmente di un grande “VUOTO URBANO” davvero vuoto e pronto subito, dove ci sia solo il prato verde e le righe di gioco bianche di un tempo. Senza muri-auto-ferro-cemento…e canalate* pazzesche. Uno SPAZIO VUOTO libero e necessario, prezioso per respirare aria di mare, pensare pensieri, giocare con la mente, rigenerarsi senza il pallone. Sarebbe il ricordo giusto con gran risparmio per tutti. Chi ha paura di uno SPAZIO VUOTO?

                    […mmm… mi sa che parlo al muro…]                                        *v. Canali l’archistar

9 marzo 2024 - Messico e nuvole