27/04/14

“Essere” oltre l’essente. Il 3 maggio l'incontro con il pensiero e le opere di Pier Paolo Ruffinengo

L’Associazione Giardini San Michele, con la collaborazione di Alchimie d’Arte e UT, propone l’incontro “Essere oltre l’essente sul pensiero e gli scritti di Padre Pier Paolo Ruffinengo, dell’Ordine Domenicano. Introdurranno Americo Marconi, medico umanista, e Giampietro De Angelis, Presidente dell’Associazione Giardini San Michele. Il professor Giuseppe Facci, filosofo, si addentrerà con competenza nella vastità dell’opera del Ruffinengo.
Padre Pier Paolo terrà una lectio humilis per rendere accessibile ad ogni ascoltatore i punti salienti del suo percorso filosofico che è sintetizzato nel sottotitolo dell’evento La via della metafisica: fatica del pensiero verso Dio.
L’appuntamento culturale si terrà sabato 3 Maggio 2014, nella sala del Centro Polivalente Caritas Diocesana in via Madonna della Pietà 111 a San Benedetto del Tronto, alle ore 17,30. L’ingresso è libero.

25/04/14

"Panorama" Tangherlini. La mostra dell'illustratore alla Palazzina Azzurra

Diciamo la verità: il manifesto non attira. Ti viene da pensare che in Palazzina si siano dati convegno i medici, al vernissage c’è pure l’assessore-medico…
Invece il manifesto riproduce una pregevole illustrazione scientifico-anatomica, una delle centinaia - di ogni parte del corpo umano - che Mirco Tangherlini ha realizzato nella sua carriera per gli inserti speciali di una primaria testata nazionale. Ne uscirà una raccolta, fedele testimonianza di lavoro di una delle “missioni” di Tangherlini. Certo l’illustrazione ti ricorda l’atmosfera di ambulatorio come ce ne sono tanti e ovunque, coi sui muri appiccicati manifesti tipo questo, sempre più scoloriti e avvizziti, lasciati lì a invecchiare e morire proprio come le riviste che nessuno rinnova per anni, fortuna che ogni tanto vengono a ritirarle quelli de “L’Antico e le Palme”…
Ma se l’illustratore-artista Tangherlini ha scelto proprio questo manifesto per la sua mostra vuol dire che è giusto così; lui se lo può permettere.

23/04/14

Fermenti Art+Vino. Parte il 29 prossimo a San Marino il ciclo di mostre organizzato da Gabriele Geminiani. Umberto Giovannini: “Ferrocarril#1


Artista e musicista, Umberto Giovannini nel dicembre 2013 ripercorre un lungo tratto di ferrovia argentina che negli anni '90 fu dismesso a seguito della profonda crisi economica che colpì il paese. Le comunità che vivevano lungo la ferrovia si ritrovarono isolate e le loro piccole economie in ginocchio. Umberto racconta gli incontri con la popolazione attraverso un taccuino di viaggio molto speciale: una serie di incisioni che fissano in maniera indelebile ed emozionale la bellezza dei luoghi e i racconti delle persone.
Le opere rimarranno in esposizione fino al 24 maggio.

22/04/14

"Al numero 49". La mostra fotografica di Patrizia Malizia al Flauto Magico




"Abito da sempre in una vecchia bianca casa di campagna, le scale esterne il marciapiede di cemento il vaso di zinnie, sul muro distrattamente impresso il suo numero civico". E' ciò che vedo se mi fermo in un punto, ed osservo quello che succede, senza allontanarmi troppo da dove mi trovo".
Non so quanto durerà ancora l'esposizione, sicuramente per i primi di maggio ci sarà ancora...














21/04/14

Ripensando Charles Bukowski: il falso o profondo semplice

Bukowski si attesta, letterariamente disquisendo, come quanto mai lontano dall’aspettativa che pare essersi issata da una certa folla di voci entusiaste che, al loro incontro con le opere di questo autore, solleva opinioni di estrema identificazione, con quello che potrebbe sembrare un giocoso coetaneo con cui condividere un’insoddisfazione o insofferenza (differentemente connotata e a dosaggi sfumatamente misurati diversamente) e trasgressività di fondo alle norme consuete del vivere secondo società odierna.
Un autore che si potrebbe più precisamente definire un “falso semplice” (oppure, con un’altra espressione non meno fedele al vero un “profondo semplice”), sia per quanto concerne la dimensione prettamente stilistica sia per quanto riguarda l’aspetto strettamente contenutistico dei suoi testi. Infatti, a dispetto di una palese nuda elementarità, questa non appare altro che una barricata ingannevole volta a celare, in realtà, quella che è piuttosto una complessità di ampia e ragguardevole mole.

19/04/14

Volo nel Jazz. Melissa Aldana Crash Trio a Villa Baruchello

La “nostra” bislunga limonaia di Villa Baruchello somiglia a una buffa fusoliera di aereo. Spettatori/passeggeri in fila per sei, finestrini (apribili!) da cui vedi solo buio, tetto obliquo e nervato come negli antichi aeroplani dalle ali di pezza, cabina di pilotaggio con strumenti… musicali, tre piloti (“CRASH TRIO”, oddio) con un comandante donna: Melissa Aldana. “Buona notte”, dice lei! (poi altre informazioni in inglese, ma senza traduzione). “Volo” quasi al completo, solo che per indole latina si parte un po’ in ritardo, io seduto sull’ala (posto statisticamente sicuro, lo sceglievo sempre).

17/04/14

Krabat, il ragazzo che vinse la magia nera. Il balletto al Teatro Nazionale di Praga

Praga (nostro servizio). Viene da lontano, questa leggenda di Krabat che oggi il Teatro Nazionale di Praga ci offre in una superlativa trasposizione coreografica (première 28 febbraio ’14). Favola dark tra le più popolari del folklore serbo-lusaziano, Čarodĕjův Učeň/Krabat - storia del ragazzo orfano e solo che grazie alla forza dell’amore vince il potere della magia nera - affonda infatti le radici nel clima plumbeo della Guerra dei Trent’anni (1618-1648), conflitto dalle catastrofiche ripercussioni economiche e demografiche su grandissima parte d’Europa. Condizione favorevole al diffondersi di narrazioni di magia e stregoneria, di favole simili a quella di Krabat, è l’opprimente atmosfera del periodo post-bellico, quando sempre più tra le popolazioni stremate e decimate da guerra, epidemie, fame e saccheggi, si fa strada la sensazione che solo un miracolo potrà cambiare i loro destini.

15/04/14

E' uscito "Ortensia Rakar e il ladro di anime", ultimo romanzo di Mariateresa Izzo

Una storia passionale e struggente attraversata da inquietanti zone d'ombra lega la giovane Ortensia Rakar all'avvenente e spregiudicato Valerio Rosati, nella sontuosa cornice di una Trieste “fin de Siécle”.
Da un groviglio di verità taciute, di segreti sepolti, morbose sensualità e gratuite crudeltà, sgorga la storia di un uomo e di una donna che decidono di mettere in gioco, ciascuno a suo modo, la loro stessa vita in una sfida estrema. Oltre ogni limite e dall'esito imprevedibile.
Soprattutto, quando nel porto di Trieste viene ripescato il cadavere di un uomo sfigurato a cui hanno mozzato le mani. L’ispettore Bruno Tenze, incaricato di svolgere le indagini, porterà scompiglio nell’ordinata vita della bella Ortensia e ancora più angoscia e inquietudine nella misteriosa vita segreta del marito, che si troverà al centro di atroci sospetti…

11/04/14

Esce "Buonanotte occhi di Elsa". La prima raccolta di poesie di Michele Ortore

Esce in questi giorni per Vydia editore (Macerata - www.vydia.it) l’opera di esordio di Michele Ortore, “Buonanotte occhi di Elsa”. Il libro raccoglie per la prima volta il lavoro di un giovane poeta, classe 1987, nato e cresciuto a San Benedetto del Tronto e attualmente a Roma.
Suoi testi sono già apparsi in importanti antologie di premi nazionali, fra cui Poesia di strada 2010 e Il lago verde 2011, e su diverse riviste e litblog (Argo, La poesia e lo spirito, Poetarum silva, Neobar; sul quotidiano La Stampa a cura di Maurizio Cucchi). L’ultima sezione del volume in uscita s’intitola “Corde nel vuoto” ed è stata una delle plaquette finaliste al concorso Opera Prima di Poesia 2.0.
Buonanotte occhi di Elsa” è introdotto dalla prefazione di Maria Grazia Calandrone, figura di assoluto rilievo sulla scena poetica contemporanea, a sancire l’importanza di questa uscita come una delle più interessanti sul panorama dei giovani autori italiani. La raccolta segue l’evoluzione della scrittura di Ortore dalle prime prove fino agli esiti più maturi e sorprendenti in cui il “coagularsi di un’identità” si compie, mentre intorno il mondo si rivela, scandagliato con ironia e metodo, e popolato da miti letterari, attori, filosofi greci, personaggi di fantasia e formule matematiche.

08/04/14

Galleria Marconi Cupra Marittima. New Vesuvian Lanscapes, personale di Gigi Cifali

Domenica 13 aprile, la Galleria Marconi di Cupra Marittima e Marche Centro d’Arte presentano New Vesuvian Lanscapes, personale di Gigi Cifali organizzata in collaborazione con la Galleria “Il ritrovo di Rob Shazar”di Sant'Agata De' Goti (BN). La mostra si avvale della cura e del testo di Stefano Verri e potrà essere visitata fino al 5 aprile 2014, presso gli spazi della Galleria Marconi (c.so Vittorio Emanuele, 70 - Cupra Marittima)
New Vesuvian Lanscapes di Gigi Cifali è l’anteprima dell’Expo di arte contemporanea di Marche Centro d’Arte che apre l’11 maggio.

“Cifali mette in scena con New Vesuvian Lanscapes lo straordinario spettacolo della natura fermato un attimo prima del disastro.

06/04/14

L’arte di Luciano Mascitti, pura fantasia galoppante su tela

San Benedetto del Tronto - «Luciano Mascitti in parrucchieria? Ma se non aveva i capelli!». E giù tante risate con gli occhi lucidi di commozione, mentre a prendere il sopravvento sono i ricordi legati alla spensieratezza di un tempo lontano, soprattutto per chi ora ha le chiome striate d’argento. Non tarda a venir fuori fuori lo spirito goliardico degli amici più cari di Mascitti che, per ricordare l’artista nel decennale della sua scomparsa, hanno voluto dedicargli una mostra nel luogo più insolito e, nello stesso tempo più idoneo, che si potesse immaginare. Una parrucchieria, appunto. Sartarelli, in via Laberinto 54, storica via incastonata nel cuore pulsante della città di San Benedetto del Tronto. Un luogo in cui si celebra la bellezza nelle sue varie declinazioni perché, oltre ad ospitare una magnifica scultura in ferro battuto - un suggestivo intreccio di viti con foglie che si snodano verso l’alto - accoglie al suo interno iniziative culturali di vario genere trasformandosi così in Galleria Sartarelli.

04/04/14

Pensieri e parentesi. Kafka – Buzzati. La camera chiusa e la soglia impossibile

Esiste una sostanziale differenza, una affinità discosta che separa, come due gemelli diversi, Kafka da Buzzati, quando centrale assumiamo quel sottile concetto di chiusura/limite. Dire questo è l’approssimazione estrema, eppure si dimostra essere anche una incisiva demarcazione, a partire da una constatazione che più che ragionata ha dell’istintivo, come la maggior parte delle intuizioni emotive che forse a posteriori un ragionamento potrebbe poi convalidare.
Kafka: scatola chiusa, asettiche pareti che – come in un racconto di Edgar Allan Poe – si serrano e drasticamente riducono lo spazio dove il soggetto resta contenuto, quindi pressato, e occluso, sgomento (e sgominato da un dito indice che lo trova come segugio dal fiuto infallibile) in un bozzolo angusto e immancabilmente freddo, metallico e disadorno come l’inverno, emotivamente congelato, razionalmente sigillato e – forse per questo – con un eccesso di razionalità che sfocia e produce una collaterale irrazionalità ingestibile dal lettore e dai personaggi stessi, dichiaratamente sogno al rovescio. Con un ribaltamento del ragionevole, si ottiene di attuare un effetto collassante in uno schianto del respiro, in un’ipersensibilizzazione claustrofobica in cui i margini di soffocamento si restringono sempre più. A lato e complice, oltre che una situazione oggettivamente opprimente, è l’ubicazione responsabile del creare un’asfissia patologica: l’ermeticamente confinato, il circostanziato, l’oltremodo definito e contenuto. La camera chiusa (senza vista) i cui muri disegnano un universo, dove il dentro ed il fuori, incubo e libertà, morte e vita, si escludono a vicenda e – molto di più ed oltre – non possono, non riescono, non devono comunicare tra loro. Un gulag del soggetto che rattrappisce e si smunge – infine – del tutto di vita. Inaridendosi allo stremo sentimentale in un labirintico raggelamento.
Buzzati viceversa si situa nello sconfinato, nell’infinito, nell’eterno ed anche – talvolta – nel ricorsivo, sempre tuttavia nella sua ipermoltiplicazione che lo riconduce all’illimitato: centrale il concetto di soglia, simbolo dell’impossibile, dell’umanamente inesperibile, del segno dell’inarrivabile, della distanza impercorribile per l’uomo – per la sua esistenza che si contrappone e si denota come limitata essenzialmente e di cui potere avere reale esperienza. L’infinito si misura con il finito dell’uomo: grandezze – due metri non combacianti – che tuttavia non mancano di bilanciarsi, di soppesarsi, di attribuirsi reciproci significati e sensi. L’uomo è sfuggente, essere che apparentemente soltanto attraversa la soglia, ma non trova di che placarsi scoprendo dietro questa un’altra porta verso lo sconfinato: questione di allungamento di prospettive, di orizzonti posti più in là, che si distanziano man mano che i passi si avvicinano. Così l’uomo non è chiuso passivamente nell’incubo angusto, ma resta disperso nell’impossibilità del compiere la massima distanza possibile: l’infinito. L’uomo che il tempo disegna, che l’età scolpisce, che l’assurdità anche intorpidisce e rassegna: l’uomo che affronta la morte, guardandola in faccia, che più che paura di finire teme il valico, la finale consapevolezza di non avere terminato il cammino ancora lungo, fino a dove non si riesce neppure a poter immaginare. I muri esistono: sono le certezze, le abitudini, la tranquillità borghese, se vogliamo, la vita che non osa l’epifania del triste, della prematura fine, dell’oblio. Esistono anche i mantelli, che nascondono, che celano, che coprono, che svelano – infine – il mistero. Non questa volta incubo, ma – anche quando non è altro che la morte – puramente e meramente ancora mistero, enigma fascinoso posto metafisicamente, entità sconosciuta e ignota, senza volto, davanti a cui restiamo disarmati per essere stati raggiunti – infine – troppo presto e prematuramente.
Se Kafka ci chiude, ci sigilla, ci serra nell’incubo senza respiro, muro di cuoio, Buzzati ci lascia nello sconfinato, ma è una finta dispersione attorno a un punto imperniante che è e resta il tempo, la vita, che passa inesorabile mentre i nostri desideri si allungano, inseguendo un orizzonte ormai già troppo lontano.
Due forme di una sensibilità rassomigliante dell’uno e dell’altro, un volto dotato di due profili, un cubismo esterrefatto dell’uomo che resta strozzato dal nulla/tutto o dissipato nell’impossibile. La libertà resta una luce impressa e allucinata negli occhi appena prima del buio, nel primo, nel secondo la vana speranza racchiusa nelle azioni prima di franare inesorabilmente nel finito limite. E l’intero quadro risuona di due voci. Con una riflessione dai valichi inarrestabili tanto quanto le domande che nascono dalla camera chiusa o – viceversa – dalla soglia impossibile.


Margherita Lollini

02/04/14

Ralph Alessi Baida Quartet a Porto San Giorgio. Alessi d'acciaio ovvero “Le isole remote del Jazz”

Hanno tutti lo spartito davanti. Ma mi domando “come” potrà essere scritta la musica di questi quattro. Gli basta il solito pentagramma e le note conosciute? Loro lì, serissimi, che neanche girano pagina, e dire che i pezzi sono tutt’altro che brevi. E niente di ripetitivo, ogni secondo cambia proprio tutto tutto! Sì, d’accordo, roba da NEW YORK, ho capito. Ma qui siamo in un piccolo, intimo teatro dell’ottocento a ferro di cavallo, platea al minimo, ordini di palchi con spazi al centimetro e da torcicollo, sipario di classico velluto rosso… Chi te lo dà, a N.Y. E pure noi tapini, una quarantina di maschi in tutto (ah, le donne odiavano il jazz, non si capisce il motivo), cosa c’entriamo con N.Y. e questa sua musica quasi inconcepibile, difficile da seguire, impossibile da “ricordare”?

Lo scrittore invisibile. Liberamente su Il giocatore invisibile di Giuseppe Pontiggia

Giuseppe Pontiggia è il giocatore invisibile del suo romanzo, dei suoi romanzi. Il pathos di un mistero prende luce dal paesaggio, dagli angoli di mondo, statici quadri ad elementi mobili, dove un pensiero cogita, errabondo ma esatto, come una scalfittura. Ma l’incisione della mente fantastica del lettore avviene per gradi, quando la pregnanza di un particolare sprigiona la necessità, interiore più che altro, di un’inchiesta. Come battute serrate di un match tennistico, come le secche profetiche sentenze di una Sfinge contemporanea ma anticamente misterica, così il dialogo inquisitorio si dispiega, dall’uno all’altro interlocutore, con la forza della palla che scotta, ma che si tiene in mano con buon viso a cattivo gioco.

Primo Parodi e "I lanciatori di triglie" letto da Chiara Tremaroli

All'alba il mare piatto, giallo come il Sole; i pesci ribollono nelle reti mentre la carrucola geme e li tira in barca. La triglia è furba ed esce dai buchi; Lucio è svelto e la cattura, sporgendosi dalle assi sgangherate della bagnarola; Marco la lancia al peschereccio.
Lucio e Marco, gli amici di sempre, che per sei lire recuperano i pesci sfuggiti ai pescatori, vivono e remano in queste pagine. Giovani, poi uomini, soldati e, alla fine, vecchi rugosi come la scogliera, sempre con lo stesso, immutato amore per il Tirreno.

01/04/14

Quando i Beatles mettono il frac…” Il Trio Lennon al Palazzo dei Priori di Fermo

Giurerei che sorridono, durante il concerto, dentro le severe cornici: il paludato cardinal Pelagallo alla mia destra, e sua eminenza Girolamo Azzolino, e perfino quella faccia truce di un Uguccione della Faggiola. Anche questa Sala dei Ritratti s’è fatta di colpo meno austera, quando le acrobatiche vibrazioni del Trio Lennon ne hanno attraversato i rutilanti velluti.
Non potrebbero essere fisicamente più diversi dai quattro di Liverpool, i “nostri” musicisti. Neanche i capelli a caschetto. Luca Marziali, che suonando si stende a volte in diagonale come un campione di sci in discesa libera a Crans Montana; il lungo dinoccolato Roberto Molinelli con la classicissima viola e la zazzera rock anni settanta; Alessandro Culiani virtuosissimo primo-violoncello che si fa collante tra violino e viola e all’occorrenza strumento a percussione e altro ancora.