31/03/23

Ballarin "bonsai"

[Senza pace il progetto ballerino dell’archistar]

 

 San Benedetto, ovvero:  Le comiche. 


Non bastassero quelle precedenti a raffica, ecco le ultime: restringiamo l’ex campo di gioco del Ballarin, ma niente fotografie! Così si fa più spazio ai lati. Se ne parlerà (animatamente) nel Consiglio Comunale Aperto del 1° Aprile - dopo il pesce - dove attoniti staremo, le bocche aperte come melograni.


      Ma pare non sia un’idea del Canali, mica sempre gli archistar hanno la “genialità di uno Schiaffino”… L’ideazza sarebbe tutta indigena, di qualche suo “figlio” con l’ansia di mettersi nella giusta scia: strozzando il Ballarin, si allargherebbero le due strade che lo costeggiano per trasformarle in grandi arterie per i carri del Carnevale. Un domani  potrebbe anche passarci la nuova A14 dei sogni, un GP di Formula 1, una sfilata di Leopard 1, di F-35 con a bordo immaginate chi. 

      Comunque al Canali (che dopo una smorfia accetta tutto) gli fa un baffo. Con la tecnica del bonsai, facile per lui rimpicciolire il suo progetto, tutto resta uguale ma più piccolo che quasi non te ne accorgi: meno metri di vialetti e di siepi, meno metriquadri di tettoie, meno acqua per cascatelle-canalette-laghetti, meno pergolati trasparenti/opachi in acciaio con rampicanti e pannelli solari, meno dune con essenze arboree… poi boschetti di minor diametro, campo di bocce più corto con bocce più piccole… e un mini-golf noo?

     A parte il comico restringimento da lavatrice di questo mezzo progetto (al prezzo di uno intero, per Canali) - “poiché i fondi (2 milioni e mezzo!) bastano solo per la metà” (sic) - nell’ultima riunione a porte semichiuse, dove buffamente “sono stati sequestrati telefonini e macchine fotografiche” ”per evitare la diffusione di documenti secretati, sono state incomprensibilmente svelate altre primizie poi fedelmente riportate sui giornali con entusiastici vortici linguistici: cioè avremo pure un “cannocchiale visivo, ovvero un corridoio da…… a…… ” e “la tribuna Nord demolita e rinverdita” (qualsiasi cosa voglia dire).

      Insomma, avremo un Ballarin come le tsantsa, le teste mummificate e rimpicciolite dei riti Voodoo…

PGC - 30 marzo 2023

27/03/23

Dopo l’Uomo Ragno, hanno ucciso la Sentina

[ovvero la Torre sul Porto*]

                                                           *e piangiamo altro che in 883!

San Benedetto Tr.   Riserva Naturale Sentina, Torre sul Porto (1543)

 

Hanno ucciso la Sentina, chi sia stato lo si sa

Non è stata né la mala né una calamità

Né aveva fatto qualche sgarro a qualche industria del caffè…

 

     Mi fermo, con questa canzoncina dell’Uomo Ragno, che aveva previsto 31 anni fa “come la società consumistica e i poteri economici abbiano ucciso la parte eroica e buona dell’uomo, quella che ci dava ancora speranza”.

     Mi fermo, per parlare di un delitto ancora più grave della recente uccisione della Casa Bassa in città: hanno ucciso l’antica Torre sul Porto della Sentina. L’hanno uccisa procurandole un tumore maligno: quell’oscena enorme moderna protuberanza edilizia alla sua destra. La Torre è ancora in piedi ma è morta, ha gli occhi chiusi - porte e finestre sbarrate o murate - e non respira.

Intorno le si sta preparando la sepoltura: recinti divelti, sabbia mal smossa e sporca, pali, corde dell’impiccato, rifiuti, erbacce, rami spezzati… mentre il buon mare a poca distanza guarda.  

 

    Ma checché ne dicano gli stupidi, non sarà lui a prendersi lo spazio della Torre morta, lui la Torre l’ha sempre rispettata, lui seppur infuriato la accarezzerà e se ne tornerà al suo posto.

 

     Oggi l’ignaro visitatore che viene alla Sentina per ammirare la nostra antica Torre sul Porto, può guardarla fotografarla disegnarla filmarla solo da Nord, se non vuol inorridire alla vista del grosso tumore di cemento che l’ha sfigurata. Povera Torre! E pensare che si potrebbe ancora resuscitarla, basterebbe una potente ruspa - 2 o 3 giorni di lavoro - per asportare l’orrido manufatto estraneo. Ma non si farà perché - sempre con la benedizione della Soprintendenza Regionale - arriveranno altri succosi finanziamenti per finire il funebre lavoro. 

[Come quando il Dottor Octopus ha ucciso l’Uomo Ragno]

 



 

 

PGG - 27 marzo 2023

22/03/23

Dopo l’Uomo Ragno, hanno ucciso la Casa Bassa*

 *e piangiamo almeno in 883

15 marzo 2023, solita notte da lupi a San Benedetto


Hanno ucciso la Casa Bassa, chi sia stato lo si sa

Non è stata né la mala né una calamità

né aveva fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè


Alla centrale di polizia (lì vicino)

il commissario dice “Che volete che sia”


Eh… l’aveva detto la Casa Bassa:

Anche se non mi vendo mi comprerai tu

Per cento lire o poco più, eh …

 

PGC - 21 marzo 2023 

 

 
[… Al di là dell’attaccamento (per molti di facciata) alle ‘radici’ che in città appaiono sempre più atrofizzate e materia per cronisti d’altri tempi (dalle case storiche o di pregio, alla trascuratezza dei monumenti antichi e contemporanei, agli spazi pubblici abbandonati come dopo uno tsunami, ai luoghi appena finiti e mai aperti, a tutti gli EX presenti e testimoni di un passato che solo fu e con nessuna prospettiva di ‘rinasita'), quello che sempre di più viene apprezzato è il 'mattone NUOVO', che a migliaia ne sorgono sopra a quell’UNO appena abbattuto. Sembra che nel centro come in periferia, possano venire ad abitare solo fantasmi. Sì, perché solo loro gongolano in una città che si spopola ma si ingrassa bulimicamente di CASE ALTE E VUOTE.]

Francesco dZ
 

18/03/23

CERCASI CROSETTO, DISPERATAMENTE

 

Finora c’era riuscito solo Roberto Calderoli – sì, quello che ora è Ministro delle Riforme, per dire come siamo messi – a far incazzare l’altra metà del mondo, esibendo in tv la sua maglietta anti-Islam. Putiferio: proteste anti-italiane, assalti ai consolati, per poco non ci scappava una guerra. 

Succedeva una quindicina d’anni fa.

Oggi l’androide Crosetto gli toglie l’esclusiva, con la taglia - extra large, per forza - che gli pende sulla testa per iniziativa di quei pitecantropi del Gruppo Wagner che gli basta un amen per mettersi a suonare la Cavalcata delle Valchirie e invadere la Polonia.

E solo per aver lanciato, Crosetto personalmente di persona, la notizia che sono proprio loro, gli umanoidi wagneriani di stanza in Africa, a manovrare le orde di feroci migranti che sui barconi vengono all’assalto delle coste italiote.

 

Certo che una taglia da 15 milioni di dollari, neanche a Paperopoli… Insomma, non è che uno non ci fa un pensierino. Trovarlo si trova, il Crosetto: vistoso lo è, poi basta scartare i magri, i piccoli e quelli con sembianze umane e il più è fatto. Un cosetto da niente, che ci vuole.

 

Però, signori miei, siamo obiettivi:  che altro poteva fare un onest’uomo Ministro della Guerra per motivare l’invio massiccio di armi contro la Russia e il succoso incremento delle spese militari in patria, se non gridare al complotto russo volto a screditarci col subdolo espediente dei migranti? (anche se, scusate, per screditarci sappiamo fare molto bene da soli, mica ci serve aiuto).

 

Che altro potevano fare i giornaloni italici se non sbattere i Wagner in prima pagina a caratteri di scatola? 

Dovevano forse disobbedire ai rispettivi padroni? Dovevano mettersi contro il Ministero della Verità (Miniver nella neolingua)? Contraddire l’autorevole androide, mettersi a fare i giornalisti e non i maggiordomi? Sbeffeggiare la barzelletta del complotto russo a copertura delle criminose responsabilità del governo per l’ecatombe di Cutro e della disastrosa inettitudine italiota ed europea nel gestire le migrazioni?

Dovevano forse a cuor leggero risalire di qualche posto - dal 58°, dopo il Gambia - nella classifica mondiale dell'indipendenza della stampa? 

E magari giocarsi pure i paccuti finanziamenti statali? 


Suvvia, queste cose qui da noi non si fanno.

 

E poi se l'italico governo e gli italici giornaloni ci credono, o fanno finta, alle suggestive balle dell’androide armigero, chi siamo noi per metterle in dubbio? Per ritenere faziosamente che le migrazioni non siano manovrate dai nazisti wagneriani o dai crudelissimi alieni di galassie lontane, ma siano il frutto di secoli di spudorato sfruttamento del sud del mondo, e delle guerre di civiltà e di democrazia che noi occidentali brava gente esportiamo ovunque, e della povertà e della fame che ne sono l'ameno corollario? 

 

Di certo, nuovi e succosi sviluppi si preannunciano nell’avvincente spy story russo-italiota. Per ingannare l'attesa, oltre a lavorare all’uncinetto, cerco Crosetto, disperatamente.

 


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….

Nessuna polizia può farci prepotenza

più di quanto già siamo stati offesi.

 

Faremo i servi, i figli che non fate,

nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.

 

Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,

l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.

 

[Erri De Luca, "Coro", in Solo andata]

 

Sara Di Giuseppe - 18 marzo 2023

 


Quattro lampioni per un archistar

 

Uno dei 4 “obelischi” da tempo senza lanterne


                San Benedetto Tr.

     Dopo la coppia (!) di gaudiosi progetti di riconversione del Ballarin - un gioco da ragazzi per un archistar - pare abbiano affidato al Canali-dio-lo-benedica anche il restauro dei 4 grandi lampioni del ponte del lungomare, da alcuni mesi spariti dalla cima degli obelischi di pietra. Che siano stati spediti a Parma? Trattasi anche qui di lavoro difficile, lungo e complesso, guai affidarlo a uno sconosciuto elettricista del borgo. Occorrono studi, creatività, esperienza, capacità acrobatiche, curriculum da archistar. 


E bisogna anche saper prima ascoltare gli umori della città, di fascisti e comunisti, di albergatori e balneari, di commercianti e pescatori, di pensionati e di sportivi – compresi i ciclisti della Tirreno-Adriatico, che quasi cascavano, per guardare sgomenti i nostri 4 obelischi indigeni orfani dei lampioni.

     Ma da indiscrezioni filtrate (incredibilmente…) dai zozzi vetri del Palazzo di Vetro, pare che Canali-dio-lo-benedica abbia già partorito un’idea strepitosa delle sue, che chissà quanto costa ma chi se ne frega. Questa:

     4 boeriani boschetti verticali a fasciare gli “obelischi”, con palma finta ma luminosa sui piramidyon, le cui piante e fiori (rose-ortensie-gigli-garofani-primule-girasoli-peonie…) captano l’acqua che gli serve direttamente dall’Albula sottostante (ma va?) o dalla Ciip. L’acqua in eccesso che cade dall’alto creerà poi, automaticamente, delle scenografiche “cascatelle” (addizionate gratis di corroboranti concimi), e sui due marciapiedi anche dei “laghetti specchianti” per i bimbi. Godurie che forse al Ballarin ci saranno negate.

     Andrà tutto in Consiglio Comunale, si capisce. Ma se qualcuno non capisce, non gli va bene, minaccia crisi e guerre, archistar Canali-dio-lo-benedica ha in tasca la soluzione n°2: democratica demolizione dei 4 obelischi e illuminazione del ponte con 4 candeloni antivento (forniti direttamente dal vescovo di Parma).

        In ogni caso saremo famosi.

 PGC - 18 marzo 2023


17/03/23

Gli mancava quasi solo il Teatro Concordia

“20 anni senza il Signor G"
 
 Recital dedicato a GIORGIO GABER
Federico Sirianni – Gianni Martini – Claudio De Mattei

San Benedetto Tr. - Teatro Concordia    7 Marzo 2023 h22

IN ART - Rassegna letteraria e musicale [Ass.culturale “Rinascenza”] 29 gennaio/14 aprile 2023

 

Foto Alessandra Mandozzi

 

Ci viene dopo più di vent’anni, quasi fuori tempo massimo. 

Gaber faceva collezione di teatri: grandi, piccoli, prestigiosi, sconosciuti, di ogni genere. Li cercava, li scopriva, li soffriva, li amava, alla fine quasi ci abitava: chi altro poteva inventarlo, il Teatro Canzone”. 

 

Ma stasera nel nostro Concordia, in ritardo e per sopraggiunti impegni inderogabili di lui, a ben rappresentarlo il Gaber, abbiamo Federico Sirianni (voce, chitarra) con Gianni Martini (chitarra) e Claudio De Mattei (basso). Eseguiranno un millesimo del suo repertorio con gaberiano rigore [furono per anni i suoi musicisti, Gianni Martini per 18 anni, Claudio De Mattei pure per tanto, di preciso non so].


Concerto-recital tosto. Sirianni - di quel millesimo di repertorio gaberiano - sceglie alcune tra le parti più intense, più crude, più spietatamente visionarie, più commoventi, più ironiche, più dure. Non intende allietarci con le orecchiabili canzonette dei successi giovanili, evita le morbide atmosfere di ballata classica del primo Gaber. A parte Lo shampoo (sempre salutare) e poco altro, sarà tutto “Teatro Canzone”: un recital dal respiro politico alto, che tuttavia ai tempi il pubblico pagante - 1.500, 2000 lire - spesso giudicava fastidioso e pesante, fuori contesto, per nulla divertente. Al punto da fischiare e contestare rumorosamente: al Lirico, Giorgio se la vide proprio brutta. Il signor G, ne La mia generazione ha perso, quando parlava di razza in estinzione, era anche malinconica biografia dalla prosa sulfurea, dai testi cartavetranti, mirati, calcolati; e poesia centellinata all’apparenza assente, ma presente eccome. Spettacoli più impegnativi che d’evasione, con intuizioni scomode, profonde, ellittiche, da condividere per forza, con dolore, sorrisi e rabbia. Come, a modo loro, parallelamente facevano anche Dario Fo, Jannacci, Pasolini, Battiato, Patti Smith, Fossati, De Andrè… Era filosofia obbligatoria diluita in musica.

 

Stasera così la storia si ripete per noi che quelle volte, svariati decenni fa, o non c’eravamo o dormivamo. Giorgio Gaber “dentro” Federico Sirianni. Il cui timbro di voce mai artificiosamente impostato, il volto, il corpo (poco longilineo…), la chitarra (un po’ alla Jimmi Villotti); con l’infinita ala bianca Gianni Martini e simmetricamente il cogitabondo Claudio De Mattei, di note un poco avaro ma indocile e ineccepibile, si rivelano essenziali e giusti per questa missione traslata nel tempo e nello spazio. Forse solo un po’ brevi quei corrosivi monologhi del Signor G carichi di invettive, ma stasera proprio non ce n’era il tempo, né qui dentro al Concordia la gente adatta. Siamo ormai Polli d’allevamento scotti, pure oltre la data di scadenza. Se Qualcuno era comunista, oggi…


      Ma, almeno a me, questo recital mi ha anche riconciliato con la Milano dei tempi del Gaber, la Milano che non potevi evitare, della malavita artigiana dell’Ornella Vanoni ragazza, della nebbia in gola, “la Milano sparita” di via Porpora, dei cinema di via Ampère, dei Navigli malsani e grigi, delle pallide camere in affitto con bagno comunitario a ventimila al mese, della Rinascente che costava troppo… 

La Milano lattiginosa di quando avevamo una locomotiva al posto del cuore, quando ascoltavamo Ricky Gianco e Giorgio Gaber ci faceva incazzare. 


Come nello spettacolo E pensare che c’era il pensiero, quando predisse tutto quello che oggi impera: l’ipocrisia della bontà, l’informazione di parte ma “attraente”, la svaporata banalità televisiva, la partecipazione farlocca, la perfidia addolcita di buonismo, lo scadimento del pensiero, “i politici sempre più viscidi, sempre più brutti”, “i geniali opinionisti coraggiosi leccaculo travestiti da ribelli”, il trionfo dell’egoismo personale, il mercato dilagante…

Infatti dopo l’imbarazzante Milano-da-bere è arrivata quella rutilante di oggi e di domani, ricca e indifferente. Ancora peggiore.


      A chiusura dell’epocale avventura del “Teatro Canzone”, proprio nello spettacolo E pensare che c’era il pensiero, c’era, con Gaber-“cantattore” sul palcoscenico, una solitaria ma pensante sedia vuota. 

Oggi che facciamo finta di esser sani, neanche quella ci sarebbe.

 

       Mi fermo qui.  


PGC - 12 marzo 2023