23/06/14

La 50. edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro

Diretta da Giovanni Spagnoletti, a distanza di 50 edizioni, la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro ha mantenuto la sua identità di manifestazione votata alla scoperta, di piattaforma da cui giovani registi e nuovi linguaggi prendono lo slancio verso il grande pubblico. Di festival in cui si può rinunciare ai lustrini e ai tappeti rossi ma non alla ricerca, alla cultura, alla curiosità e alla sperimentazione. E, nonostante la mezza età, la Mostra non ha perso la freschezza di festival giovane che propone uno sguardo inedito – “nuovo”, come vuole il suo nome – sui film nazionali e internazionali, e che invita lo spettatore a un viaggio nel cinema di oggi, per (pre) vedere quello di domani. Di seguito il direttore artistico Giovanni Spagnoletti introduce l’edizione 2014:
“Per onorare questo impegnativo traguardo la Mostra del Nuovo Cinema ha articolato il suo programma in tre sezioni principali. “Il mouse e la matita” vuole mappare in tutte le sue forme l’ormai vivacissimo panorama dell’animazione italiana, soprattutto sul versante sperimentale ma non dimenticando quello meno di nicchia – un panorama, che, nell’ultimo decennio, con il definitivo avvento del digitale, ha trovato nuove forme di espressione e diffusione. Gli Stati Uniti sono invece i protagonisti di un ricco focus che porta in maniera organica in Italia il cinema più nuovo, sperimentale e indipendente d’Oltreoceano dall’inizio del nuovo millennio a oggi. Infine un’ampia parte della programmazione è dedicata alle celebrazioni per le cinquanta edizioni del Festival.
L’animazione nostrana costituisce un universo in genere poco conosciuto dal pubblico e dalla critica, se non nelle sue forme di massimo successo come, ad esempio, la factory Rainbow” creata a Loreto da Iginio Straffi con il fenomeno planetario delle Winx. Si tratta di un settore audiovisivo in cui la scuola marchigiana mostra un fermento d’idee, capacità tecniche e spirito imprenditoriale che non hanno eguali in Italia. Quale miglior modo – ci siamo detti – per celebrare una grande eccellenza delle Marche proprio in un’occasione di un anniversario tanto importante per la nostra manifestazione e per la Scuola del Libro di Urbino, fucina della scuola marchigiana, che invece compie sessant’anni di attività? Proprio lì si sono infatti formati autori come Roberto Catani, Mara Cerri, Julia Gromskaya, Magda Guidi, Simone Massi, Beatrice Pucci o Gianluigi Toccafondo. Comunque la selezione proposta che è accompagnata da una tavola rotonda e da un libro edito da Marsilio dal titolo appunto, “Il mouse e la matita”, non vuole restare confinata all’ambito locale ma si prefigge di far luce su tutta la gamma dell’animazione italiana, nota e meno nota, che ha dimostrato una visione innovativa e una capacità di produrre nuovo cinema.
Il tutto con più di cento lavori in totale, tra lunghi, corti, video musicali e titoli di testa da film, da lungometraggi d’animazione come Pinocchio di Enzo D’Alò, L’arte della felicità di Alessandro Rak, Robin Hood di Mario Addis e Johan Padan a la descoverta de le Americhe di Giulio Cingoli sino a vari focus sul mondo poetico di Basmati, Leonardo Carrano, Julia Gromskaya, Magda Guidi, Igor Imhoff, Simone Massi, Cristina Diana Seresini, Gianluigi Toccafondo e Virgilio Villoresi. In quest’approssimazione a una quasi Storia dell’animazione italiana contemporanea non si può dimenticare il ruolo del Piemonte e del Corso di animazione del CSC di Torino che oltre ad una selezione dei lavori lì prodotti da nuovi talenti porta a Pesaro in collaborazione con la Cineteca Italiana di Milano e l’Istituto Luce un’interessante e inedita retrospettiva “Cartoon e moschetto – le animazioni di regime di Liberio Pensuti”. Numerose poi saranno le anteprime assolute di nuovi lavori al Festival, tra le quali si segnalano Zero di Igor Imhoff, Festina lente di Alberto D’Amico, Pene e crudité di Mario Addis, Commonevo e Flussi di Basmati, L’esploratore di Fabio M. Iaquone, Jazz for a massacre di Leonardo Carrano, un nuovo episodio di Gino il Pollo di Andrea Zingoni e Latitude di Claudia Muratori.
Notoriamente gli USA sono stati, dagli anni ’60, una delle più importanti fucine del cinema indipendente e sperimentale. Curato dalla Mostra insieme al critico Jon Gartenberg, “Panorama Usa: il cinema sperimental-narrativo nel nuovo millennio” si prefigge di documentare uno dei lati meno conosciuti della principale cinematografia mondiale nell’era del post 11 settembre. Non si tratta più, come una volta, di un cinema di ricerca underground, ma la medesima spinta innovativa è declinata oggi con una grammatica che utilizza elementi più decisamente narrativi. Stilisticamente le opere proposte sono molto eterogenee: si va dal found footage alla sperimentazione nella fiction, spesso in forme ibride che si collocano nei territori di confine tra finzione e documentario, senza dimenticare il campo del disegno animato. Paradigmatico da questo punto di vista è, oltre all’animazione gotica di Consuming Spirits, realizzata dopo quindici anni di lavoro da Chris Sullivan, il lavoro del filmmaker italoamericano John Canemaker (John Cannizzaro Jr.), premio Oscar nel 2006 con il corto di animazione The Moon And The Son, toccante ritratto autobiografico sulla problematica relazione tra il regista e il padre di origine italiana, con le voci di John Turturro ed Eli Wallach. Il regista, insieme a un nutrito gruppo di altri filmmaker americani, sarà al festival per presentare il film e tenere una master class sull’animazione che così va a completare, in una sinergia tra le varie sezione, il discorso fatto su quella di casa nostra.
La retrospettiva sul cinema sperimentale-narrativo americano - una rigorosa selezione di oltre trenta opere, lunghe e corte – si prefigge di fornire un’ampia visione su un panorama culturale e socio-politico in costante fermento, toccando temi particolari e universali, ad esempio, per citarne solo alcuni, la nascita del “Delta Blues” in The Great Flood di Bill Morrison, i ritratti dei grandi fotografi afroamericani in Through A Lens Darkly di Thomas Allen Harris o l’emergere delle periferie americane nel trittico The Suburban Trilogy di Abigail Child. E ancora: riflessioni filmiche su New York e sulla storia americana (il grande veterano Jonas Mekas in This Side of Paradise e la più giovane Penny Lane in Our Nixon rispettivamente su Kennedy e Richard Nixon) o ancora il problema dell’identità post 9/11 come in The Time We Killed di Jennifer Reeves, oppure la crisi dell’istituzione familiare in Pretend di Julie Talen e quella dei rapporti familiari nell’opera prima di un promettente figlio d’arte, Azazel Jacobs, in Momma’s Man. James Franco, una delle figure leader dell’odierna Hollywood, ha realizzato insieme a Ian Olds un originale lavoro, Francophrenia, nel quale il backstage di una performance dell’affermato autore-attore in una soap opera diventa thriller ansiogeno sull’esplorazione della propria identità. E qui per ragioni di spazio ci dobbiamo fermare, dimenticando tanti altri importanti autori o affermati maestri: da Ken Jacobs e James Benning a Marie Losier e Barbara Hammer, da Jay Rosenblatt e John Gianvito a James Wentzy sino a un programma di “Indies” che hanno girato qui nel nostro paese come Ken Kobland sulle Cinque Terre (Ideas Of Order in Cinque Terre), Josh Gibson sulla Toscana (Light Plate) oppure Rhinoceros di Kevin Jerome Everson sulla emblematica figura di Alessandro de Medici.
Il Concorso-Premio Lino Micciché propone, come di consueto, al giudizio della Giuria professionale e a quella di giovani studenti, film provenienti dai punti caldi della produzione cinematografica mondiale. Tra i titoli selezionati, troviamo l’indiano Liar’s Dice di Geethu Mohandas, il cileno Raiz di Matías Rojas Valencia, il colombiano Tierra en la lengua di Rubén Mendoza, il franco-americano Swim Little Fish Swim di Lola Bessis e Ruben Amar (che apre le proiezioni in Piazza), l’estone Free Range di Veiko Õunpuu, il curdo The Fall from Heaven di Ferit Karahan e I resti di Bisanzio di Carlo Michele Schirinzi, già frequentatore in passato della Mostra. Tra gli eventi speciali in Piazza ricordiamo il film collettivo I ponti di Sarajevo in cui hanno lavorato molti registi passati al nostro Festival che, dopo l’anteprima a Cannes, sarà proiettato nella notte tra il 27 e il 28 giugno in concomitanza con la presentazione a Sarajevo e a distanza di cento anni esatti dall’attentato nella città bosniaca che ha dato inizio alla Prima guerra mondiale. L’Italia è rappresentata dagli episodi di due registi napoletani: Leonardo Di Costanzo e Vincenzo Marra.
Curato da Adriano Aprà, Bruno Torri e Vito Zagarrio, il 28° Evento Speciale è incentrato sulla riflessione e sulla celebrazione delle 50 edizioni della Mostra. Tre le principali linee programmatiche dell’Evento: una retrospettiva, una tavola rotonda, e un omaggio a Lino Micciché che, insieme a Bruno Torri, ha fondato il Festival nel 1965, diventandone poi il direttore per 24 anni.
La retrospettiva si compone di quindici titoli in edizione originale, scelti tra le opere più importanti presentate durante le prime dieci edizioni della Mostra pesarese. Alcuni titoli: Diamanti nella notte (Jan Nemec, 1965), Rysopis (Jerzy Skolimowsky, 1965), L’uomo non è un uccello (Dusan Makavejev, 1966), Made in USA (Jean-Luc Godard, 1967), Memorias del subdesarrollo (Tomas Gutierrez Alea, 1968), Satellite (Mario Schifano, 1968), Tropici (Gianni Amico, 1968), Notte e nebbia del Giappone (Nagisa Oshima, 1960), C’era una volta un merlo canterino (Otar Iosseliani, 1970, che verrà di persona a presentare il suo film) e El espiritu de la colmena (Victor Erice, 1973). Nella tavola rotonda (a cura di Bruno Torri) si confronteranno figure storiche della Mostra e i nostri ospiti per fare il punto sull’idea di nuovo cinema tra passato, presente e futuro. Infine l’Omaggio a Lino Micciché si articola nella proiezione di cinque documentari da lui realizzati e una scelta delle sue apparizioni televisive più significative (in collaborazione con Rai Teche); sarà inoltre proposto il recente documentario di Francesco Micciché (curatore dell’omaggio): Lino Micciché, mio padre. Una visione del mondo.
E poi tanto altro ancora che il nostro spettatore scoprirà spigolando nel cartellone della manifestazione, per esempio cinque sono gli sguardi femminili dalla Russia tra fiction e documentario (Oksana Bychkova, Natalja Meschaninova, Natasha Merkulova, Elena Pogrebizhskaja) completato da un omaggio alla compianta Larisa Shepit’ko, una autrice molto amata dalla Mostra, con la proiezione dell’ultimo film da lei realizzato prima della prematura scomparsa nel 1979, L’ascesa (1977). Oppure il programma per i cinefili nottambuli che si danno appuntamento a Palazzo Gradari a mezzanotte con cinque serate curate da Antonio Pezzuto, tra cui quelle ormai tradizionali dedicate al LEMS (Laboratorio Elettronico per la Musica Sperimentale) e ai video internazionali del Festival francese “Signes de Nuit”.

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