05/04/17

Primavera di Praga. Sportisimo Prague Half Marathon 2017


Quattordici minuti e cinquanta secondi: è quanto impiega il serpente degli oltre dodicimila runners a defluire dopo lo start sotto il gonfiabile della partenza. Un tempo lungo, un largo fiume senza fine.
L’accompagna come ogni anno - e come ogni anno emoziona - il disteso poderoso movimento sinfonico “Vltava”: Smetana vi racchiuse l’anima del suo fiume boemo, la passione per quella terra e quella patria - Má Vlast - vi riecheggiò canti e ritmi popolari del Paese antico, ne fece metafora di cammino e di viaggio e di vita nel suo scorrere, di orizzonte e meta per l’homo viator. E oggi la sinfonia di un fiume e un fiume che si fa musica sono tutt’uno con l’allegra rumorosa eccitata colorata marcia dei folli.
Veste abiti sontuosi, la primavera a Praga. Colora di bianco le colline dei ciliegi, di rosa i prati delle magnolie, balena sulla corona dorata del Teatro Nazionale, aggiunge candore ai cigni sulle rive e riflessi metallici alle strolaghe che fanno la verticale in acqua come minuscole sincronette.
Sotto un cielo di azzurro profondo, la babele degli atleti: lingue del mondo, facce d’ogni colore, volti ragazzi e rughe diversamente giovani; e pure nasi da clown e parrucche verdi, perfino un paio di antichi legionari romani con l’elmo in testa. Non mancano gli italioti che si sentono il sale della terra e intervistati gli scappa il raccapricciante incontinente Forza Italia a tutta gola.


Tutti i matti e i savi del mondo sembrano qui, oggi: quelli che partono con l’occhio avvitato al cronometro perché si prendono tanto sul serio, e quelli intelligenti che non gliene può importare di meno e si godono la corsa e quando arrivo arrivo… Sono tutti loro, lo spettacolo e la festa.
Gli altri sono gli eroi, quelli che vincono, quelli dei record pazzeschi, che entrano nel mito volando. Non fai 21 chilometri in un’ora e anche meno se non sei antilope o gazzella, puma o giaguaro. Certo lo è stata nella vita precedente la vincitrice Joyciline, fuscello venuto dal Kenia a frantumare tre primati in un colpo solo; certo lo è stato l’etiope Tola, vincitore che taglia il traguardo in meno di un’ora. E i bravissimi ancora sono tanti, arrivano freschi che ne correrebbero un’altra subito se ce ne fosse; vengono da Olimpiadi di Rio, da Europei di Amsterdam, da performance newyorkesi: l’incrollabile speaker tonsille-d’acciaio li grida uno a uno, l’urlo della folla li accoglie e li festeggia, poi sguardi e obiettivi tornano a spiare il passaggio degli altri, quelli “normali”.
Lo spettacolo è dappertutto e per tutto il percorso; lo spettacolo è la folla - enorme - ovunque assiepata, che colora d’entusiasmo i lungofiume e i ponti sulla Moldava; sono le band musicali nei punti nevralgici; sono i tricicli dei ragazzi con distrofia muscolare spinti dai runners volontari dell’Università Carlo IV; lo spettacolo è soprattutto la città, che vive con gioia l’evento e ne è ricambiata da un’organizzazione razionale e perfetta che in nulla la penalizza; è, ancora, la cornice di una Praga luminosa, azzurra di cielo e di acque, gioiello incastonato nel merletto continuo delle sue architetture.
Scorre il timer della gara, e tra il severo Rudolfinum e la specchiante Vltava tornano man mano a formicolare, ora avvolti nei teli d’argento, gli atleti che fecero l’impresa, mentre sui prati si poltrisce al sole; oltre le transenne e poco più in là, molti corrono ancora. Arriveranno anche loro, entro le tre ore saranno arrivati (quasi) tutti. Arrivano, sì, anche loro, i microcefali che tagliano il traguardo facendosi i selfie. La maratona è democratica, non giudica le intelligenze. Ciascuno, dopo, avrà la sua medaglia, ciascuno il suo ricordo, il suo proposito, il suo orizzonte raggiunto o mancato; l’homo viatorha sperimentato se stesso, desiderato una meta, conosciuto qualcosa dell’altro o di sé. E ognuno, forse, si è sentito un po’ eroe, in questa primavera che ha scaldato ogni pietra di questa città e in ogni pietra ridestata la memoria di altre Primavere e di altri Eroi.

Sara Di Giuseppe




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