05/08/25

ANGELO e DIABOLIKO


Però, per raccontare e disegnare – da par suo – Diabolik con Grottammare, Angelo (nomen omen) non aveva bisogno di essere diaboliko.

Educazione, riservatezza, eleganza, precisione, generosità, gusto. Come pochi.

 

5 agosto 2025               giorgio

27/07/25

D’ACQUA E DI NUVOLE

foto Amat

 
CIVITANOVADANZA FESTIVAL 2025
 
SEASONS
OLTRE LE STAGIONI
 
Kataklò Athletic Dance Theater
 
Musiche  A.Vivaldi – Max Richter
 
Fermo - Villa Vitali
23.7.’25 

 

 
 
Il nostro corpo è d’acqua,
di nuvole fra poco*

 
Aria e nuvole, acqua e venti, armonie e dissonanze: tutta la luminosa bellezza, i chiaroscuri e i contrasti del sontuoso spettacolo che chiamiamo Natura sono evocati su questo palco; qui la danza ricrea il reale, reinventa codici e linguaggi del mondo animale e vegetale solo apparentemente misteriosi; qui la musica ruba suoni alla terra e all’aria, e l’alfabeto della danza si fonde intimamente col vigore delle note vivaldiane, coi paesaggi emotivi della contemporanea e innovativa maestria di Richter.

Di quel tempio che è la Natura, dove l’uomo tra foreste di simboli s’avanza, è la danza coi suoi arabeschi di movimento ad evocare la parabola esistenziale, a estrarne gli elementi simbolici - la lotta per la sopravvivenza, i cicli vitali, l’avvicendarsi delle stagioni – e a farsi contemporaneamente metamorfosi, ricavando  dalla natura forme e suggestioni che appaiono misteriose solo perché distanti, nella loro perfetta sapienza, dall’arrogante imperfezione umana. 
Dall’onomatopea fino alle armonie di Richter, alle cattedrali di note del genio vivaldiano, il tessuto sonoro - parte attiva della narrazione - ne approfondisce la portata emotiva, si amalgama alle soluzioni visive e acustiche, alle ipnotiche creazioni scenografiche: continuo ne è il fluire che incastona e modella nella danza microcosmi aerei, terrestri, acquatici di cui l’umano è parte pur nella sua non sempre consapevole finitezza.

  

Fisicità degli interpreti, straordinario atletismo, energia dei corpi che è leggerezza apparentemente ignara di gravità, nitore classico unito a geometrico rigore del singolo movimento: un amalgama che nelle forme dell'arte ricrea la perfezione delle leggi naturali, il sortilegio che intimamente lega queste all’intelligenza dei comportamenti animali.
Gli interpreti, disegnando la scena in ritmi ora convulsi ora distesi, in continuo disarticolarsi e ricomporsi, evocano la suggestione di comportamenti sociali - così  del mondo animale come di quello vegetale - tanto organizzati e sofisticati da bastare a rovesciare ogni nostro specismo e presunzione di superiorità.
Nell’armonia che interconnette profondamente ogni singolo elemento del mondo naturale, solo nostro è infatti il limite che impedisce spesso di cogliere ciò che la natura ci porge: quando lo facciamo, è quasi percezione di un che di magico, o forse è solo nostalgia di una perfezione che è negata all’umano.

 

Difficile, al termine, tornare a vedere i giovani straordinari interpreti come uomini e donne reali, dopo tanto visionario “viaggiare”. 
Ci pensano loro, a ridarci appigli e concretezza: danzando il finale sulle note di un ammaliante Sting e dei campi d'oro del suo Fields of Gold, ricambiando l’entusiasmo del pubblico con scanzonata allegria, salutandoci con gioiosa freschezza. Quasi abbiano solo giocato divertendosi, e non illuminato di bellezza, d'incanto e di sicura eccellente professionalità questo nostro spazio, stasera.


*(Franco .Arminio, in Cedi la strada agli alberi)
 

23/07/25

LE GERARCHIE DELLA MORTE

Foto Il Fatto Quotidiano
GAZA – Morti di serie A.

Numero: tre.
Religione: cristiana. 
Come: raid israeliani di Netanyahu
Dove: Chiesa cristiana del Sacro Cuore
Quando:  17 luglio ‘25

 

GAZA – Morti di serie B.

Numero: sessantamila  - e passa, non aggiornato – (diciottomila i bambini, di media 30 al giorno, in crescendo)
Religione: musulmana / varie / altro. 
Come:  raid israeliani - cecchini israeliani - carri armati israeliani - bombe israeliane/europee/americane
Dove: ovunque cadano bombe: case, strade, ospedali , scuole,  mercati; nei centri di distribuzione viveri si preferisce il tiro al piccione o sparare sul mucchio. 
Quando : ogni giorno - ogni notte. Da 21 mesi.

 REAZIONI. 
 
Morti di serie A (v.tabella) : in Italia e in Europa immediato e unanime si leva il grido di orrore. 

 

Fratelladitaglia: si straccia le vesti (è metaforico, i 365 completi Armani se li tiene ben stretti, anzi larghi).
Tajani ministro a sua insaputa, bela “Spero si sia trattato di errore”: è l’idiota al potere, ce n’è in ogni paese. 
Papa : declama un vibrante “devono tacere le armi”, che neanche Laurence Olivier, quindi ringrazia il pubblico plaudente, bravo-bis ed esce dalla comune; 
poi  manda Pizzaballa - che a Gersualemme ci sta già - a portare scatoloni, com’è umano lei; 
poi riceve la telefonata di scuse dell’amico Bibi (Netanyhau) per l’errore  - “gesto in sé positivo” dice Parolin - e chissà se con l’occasione, tra una facezia e l’altra, gli ha chiesto dei 60 mila e passa morti per bombe, per assedio e per fame. Buttiamoci a indovinare: NO;
poi soddisfatto torna a seguire la ristrutturazione del resort di Castel Gandolfo, personalmente di persona perché gli operai non sono più quelli di una volta signora mia.
Mattarella: “Basta guerre!”, tuona (oddio, tuona…). Poi lo informano che a Gaza non c’è una guerra ma un genocidio pianificato e sistematicamente attuato. Lui fa Ah davvero?  e si riaddormenta.
Ursula Vonderbomben si sgola: ha stato Putin, urge altro pacchetto di sanzioni, riarmiamoci o i cavalli russi si abbevereranno alle fontane di Roma e quel demonio arriverà a Lisbona. 
Poi l’avvisano che quello è un altro copione. Ah davvero?

 

Morti di serie B (v.tabella): in Italia e in Europa scena muta.

 

Fratelladitaglia: non pervenuta
Tajani ministro a sua insaputa: non pervenuto
Papa: “Bisogna fermare l’inutile  strage” (l’ha copiata da Benedetto XV, 1917. Ma siccome  il copyright è scaduto e quello riposa in pace, non gli farà causa). 
[“Sferzata del papa” titola la grande stampa (Corsera) dei piccoli servi italioti in un’orgia di leccaculismo].
E poi: “Risparmiate i luoghi di culto” [sottotesto: per gli altri regolatevi un po’ voi; su mercati, abitazioni civili, ospedali, scuole, centri per la distribuzione di viveri e tutti i luoghi dove si radunano civili inermi, se non sono luoghi di culto, fate quello che vi pare]. 
E adesso scusate ma c’ho da ristruttura’ Castel Gandolfo.
Mattarella:  “Basta guerre!” tuona (oddio, tuona…). Poi lo informano che a Gaza non c’è una guerra ma un genocidio pianificato e sistematicamente attuato. Lui fa  Ah davvero?  e si riaddormenta.
Ursula Vonderbomben: ha stato Putin, urge altro pacchetto di sanzioni, riarmiamoci o i cavalli russi si abbevereranno alle fontane di Roma e quel demonio arriverà a Lisbona. 
Poi l’avvisano che quello è un altro copioneAh davvero?

 

IN EUROPA
Airbus (Francia), Bae Systems (GB), Leonardo (Italia) sono le aziende produttrici dei missili - e relativa componentistica - coi quali  l’Idf bombarda Gaza da 21 mesi.
Il Consiglio europeo vota per la non sospensione dell’accordo di associazione UE – Israele (che all’art.2 impone il rispetto dei diritti umani)
Scompare dai vocabolari la parola Genocidio. Chi la pronuncia è sanzionato, isolato, minacciato: come la giurista Francesca Albanese, portavoce ONU dei diritti umani nei paesi occupati, senza che nessuno, nemmeno l’Italia, muova muscolo in sua difesa. 
Nell’orwelliana neolingua* della feroce politica odierna e del giornalismo (cosiddetto) al soldo dei poteri forti, la parola genocidio porta con sé accuse di antisemitismo e fiancheggiamento di Hamas.

 

IN EUROPA (e nel mondo)
Siamo complici del genocidio.
Complici sono il nostro governo e tutti i governi che non sanzionano, non condannano, non fanno ogni sorta di pressione sul macellaio israeliano perché fermi il genocidio; che continuano - il nostro governo è fra questi - a vendere armi a Israele. 
Complice è il Vaticano, complice è Mattarella, complici sono tutti coloro che per indifferenza, interessi economici, giochi di potere, pregiudizio, razzismo, cecità e ignoranza, negano il genocidio. 

“Sta succedendo ora, sotto i nostri occhi. Vediamo tutto e tutto sappiamo: se non chiameremo il genocidio “genocidio”, non saremo perdonabili” (Tomaso Montanari)
 

 

 

*Lo scopo della neolingua era non solo quello di trovare un mezzo di espressione consono alla visione del mondo e alle abitudini mentali (…) ma anche quello di rendere impossibili tutti gli altri modi di pensiero. Quando la neolingua sarebbe stata adottata una volta per tutte (…) un pensiero eretico sarebbe stato letteralmente impensabile
(G.Orwell, 1984)
Foto Il Fatto Quotidiano
 Sara Di Giuseppe - 22 luglio 2025

21/07/25

MENARE COI LIBRI

     Caro non-amico ti scrivo lo stesso, così mi distraggo un po’… e te ne dico quattro. 

Sì proprio a te, Di Saverio Salomone medico d’ospedale. Che figurati se ne avevo voglia - chi ti conosce! - se non avessi tu, scritto e inviato ai 4 venti dei social quelle 2-3 artigianali, fermentate e ardenti pagine (di telefonino) - una prosa spiccia e sgarbata, a tratti contundente - contro il nostro Mìddio-Patata Emidio Girolami libraio ancora caldo nella cassa.

     Ma sai com’è, uno legge quello che increduli amici ti fanno leggere. E io ho letto e riletto, sotto il sole fuori della chiesa. Ma possibile? Ma chi è ‘stu matt? Mi sono dato dei pizzicotti, magari è solo un brutto sogno… Invece è vero! Allora ecco la rabbia, i pensieri e poi anche l’immaginazione: quando ti pare tutto un film e lo “vedi”, quello che dovrebbe essere il seguito, sacrosanto seguito.

     Tranquillo Salomo’, mo’ te lo dico. Tu intanto continua pure le tue guerracce stellari contro tutti in ospedale, guerre che hai acceso tu - mi dicono - perché tu sei bravo (si fa per dire…) ma strano, “sci nu matt”- si dice. Tanto che non vedono l’ora che te ne vai, o che ti cacciano. Ah, scusa l’inciso.

-          Dicevo di Patata, del film che non c’è e mai ci sarà, ma che (non solo io) immagino:

     La scena si svolge dentro la Chiesa dei Sacramentini, quasi alla fine della lunga messa funebre cantata. Quando improvvisamente il cielo (cioè il soffitto bianco, neanche viola…) si oscura e la musica cambia… e cresce una marcetta orecchiabile ma non volgare, tra il comico e il drammatico, come nei film muti in bianco e nero. E quando la platea (vabbè, della chiesa) prima rumoreggia e poi si agita - e trepidando tutti si fanno la croce - per poi esplodere in un applauso come a una mèta furiosa, quando Mìddio in carne ed ossa (135 kg) sprizza agile dalla cassa - ti ha riconosciuto laggiù in fondo, anche se hai la maschera - e con una serpentina da rugbista d’antan sguscia tra la gente, ti è addosso, ti placca, ti pesta. Giù botte da orbi. Ma mica con le mani, coi libri per miracolo materializzatisi lì in chiesa! 

Libri pesanti, quelli grossi inutili e costosi della Provincia e del Comune, quelli rilegati, spigolosi, dolorosi. Pure Bibbie.  Altro miracolo: prete-arbitro non fischia [“rigore è quando arbitro fischia”], tutto giusto e regolare, okkey i libri che menano! Però, se tu avessi avuto una decente frequentazione libresca, sapresti che “non tutti i libri vengono per nuocere”… 

E poi ancòra Alè-Alè-Alè, e canti, e inni, e ovazioni da stadio a non finire. 
Eccezionalmente con dissonanze di bossa-nova!… Questo ed altro, per Mìddio-Patata.

 

THE END

Questo filmone MENARE COI LIBRI, a Cannes Venezia e Berlino accatterebbe Palme e Leoni e Orsi d’Oro e statuette in quantità industriali.

Anche tu avresti la tua statuetta: come miglior protagonista menato!  - Al medico d’ospedale Di Saverio Salomone, da “giovane promessa” a “solito stronzo”-

[Calma: non è un insulto, ma una citazione arcinota di Alberto Arbasino].

Ah, ovviamente la statuetta in testa, come quel duometto in testa a Berlusconi.

                                                         

Per ora ho finito.

 

19.07.2025                PGC  alias Giorgio Camaioni amico di Mìddio-Patata.  Senza alcuna stima e senza alcun saluto.

13/07/25

Niente di nuovo all’orizzonte

 

    Quando i suoi Nuovi Orizzonti - ormai già lentamente morti - gli si chiusero del tutto, Mìddio-Patata-Emidio-Girolami, con quella faccia un po’ così con l’espressione un po’ così, la staccò dal muro della sua libreria e mi diede in custodia questa foto: Ernest Hemingway e la moglie che guardano paralleli, lontano… forse all’orizzonte, quella linea meravigliosa e terribile.

      Ma non c’era niente di nuovo all’orizzonte. Come oggi.

 

giorgio, 13 luglio 2025

11/07/25

“Sono già stato qui”

Foto Festival Spoleto

 
Spoleto  68°Festival dei Due Mondi 
 

Impermanence

Coreografia di 
Rafael Bonachela
 
Sydney Dance Company
 
Musica di
Bryce Dessner

Spoleto - Teatro Romano - 28 e 29 giugno 2025
 
 
       La consapevolezza dell’impermanenza di ogni cosa mi fa sentire che dobbiamo usare ogni momento - che ogni momento conta - e che la natura transitoria della vita ispira un bisogno di energia, urgenza e radiosità.  (Rafael Bonachela)
                        

 

       Bellezza e devastazione: sono i due poli dentro i quali si inscrive, si condensa e si snoda tutta la transitoria e precaria temporaneità - l’impermanenza - dell’esistenza umana e del pianeta.

 

È su questa fragilità che il coreografo riflette, questa ricrea sulla scena, rispecchiandola per antitesi nella cruda vitalistica energia della danza: “passi di danza per la fine del mondo”, è stato scritto, ma anche – o piuttosto – consapevolezza dell’imperfezione, occasione per auspicare una nuova etica dell’umano, che rigetti la muscolarità feroce del nostro tempo e nella riscoperta della precarietà ritrovi un’occasione forse non utopistica di rinascita nell’uguaglianza.

 

      Il messaggio filosofico si trasferisce dunque nella danza e il vocabolario di questa ne disegna l’urgenza e la necessità: accettare la potenza della fragilità, componente essenziale della bellezza, è questo il suo senso. 
Che sia la natura maestosa e materna minacciata dalla devastazione, o il monumento millenario distrutto dal caso o dall’umana follia, che sia la nostra stessa vita - dono mirabile e immeritato - tutti viviamo un eterno ritorno, un incessante ciclo di oscurità e luce: un sono già stato qui al quale la vertiginosa coreografia ci richiama con la fluidità delle sue forme, con la struggente bellezza dell’aggregarsi e abbracciarsi e separarsi dei corpi.
Ci dice, questa danza, che l’esistenza è quell’enorme, misterioso déjà-vu nel quale ciò che proviamo e sentiamo è sempre frutto di esperienza - nostra o di altri - già vissuta e ogni volta nuova e diversa. 

 

      La vertiginosa traiettoria della danza, l’ipnotico tessuto musicale degli archi dal vivo sul palco - quasi componenti essi stessi del movimento coreografico - disegnano quadri tanto di vorticosa fisicità quanto di aerea leggerezza. E il moto degli interpreti nello spazio scenico, ora commovente ed elegiaco ora vorticoso e di potente atletismo, disegna itinerari di emozioni che l’eccellenza non solo tecnica ma anche espressiva dei ballerini enfatizza, in poderosa alchimia con la partitura musicale.
Al centro di tutto questo moto - sussultorio e ondulatorio, si direbbe - fatto di smarrimenti e ritorni, nel vorticoso incedere come nel rallentare del movimento vi è l’uomo, con il suo titanismo dolente e spesso sconfitto.

È in questo, nell’intrecciarsi e sovrapporsi dei corpi in un finale ipnotico ralenti, nel magnetismo che si sprigiona da ciascuno degli straordinari interpreti, che la danza parla il suo linguaggio più umano e diretto: quello della coscienza - oggi offuscata ma forse non per sempre smarrita - della vulnerabilità e impermanenza dell’umano. 

Riconoscerla e riconoscersi in essa è il necessario puntello per fronteggiare la pena, per ritrovare una voce comune e un’utopia che ci salvi: perché “nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso”; e perché tutti…siamo già stati qui
 

“La nostra vita non può sottrarsi alla commedia né alla tragedia. In tal senso affermo che la condizione umana è vulnerabile, perché i volti della finitudine sono ineludibili”.
(Joan-Carles Mèlich, Essere fragili, 2024)


Le immagini presenti nell’articolo appartengono ai rispettivi proprietari e sono utilizzate al solo scopo di corredare il testo. 
Sara Di Giuseppe - 2 luglio 2025

08/07/25

Per tetto una nuvola

[“su nell’immensità del cielo”]
 
 Appena fuori Ripa, scendendo in Valtesino, dopo un po’ di curve quando meno te l’aspetti, sotto un cielo un po’ “viola” ecco lì per tetto una nuvola: una piccola nuvola (nera, di ferro!) su un cancello. Pare l’appendice de “il cielo in una stanza” - e toh, guarda…“suona armonica, mi sembra un organo che vibra per te e per me su nell’immensità del cielo”… una nuvoletta creata da un fabbro artista che produce magia, poesia, musica! 
 
I fabbri di una volta erano gente rude ma dolce, come l’Artemio che conoscevo da piccolo: nella sua larga tuta blu rigata di ruggine, le mani grandi e grigie sempre con martello lima e scalpello-a-taglio a piegare ferri infuocati e fumanti sull’incudine. Ti osservava di bolina, senza smettere di lavorare. Sapeva cosa osava chiedergli un bambino curioso, negli spazi tra un rumore e l’altro. Però lui silenzio, faceva rispondere i suoi “ferri”, manco fossero tamburi di una batteria: colpi accelerati, sospesi, rallentati… e stridìi, rullate, sincopi, drag… Ci capivamo con quei rumori noi due, senza bisogno parole. Ma Fabbro-Artemio era anche un artista, faceva certe foglie, certi fiori, certi volti, certi santi! Disegnava per terra col gesso, e dopo copiava col ferro.

Fabbri così per fortuna ce ne sono ancora (il Pierluigi, per esempio). Che pensano e inventano. Che giocano. Che sanno, che se esci dai soliti schemi borghesi, col ferro puoi perfino migliorare intorno il tuo paesaggio. 

Questo bel paesaggio stravolto e offeso dall’inguardabile “edilizia-archistar” nazional/industrial/contadina, squarciato da chilometriche recinzioni carcerarie, muri-di-Berlino e cancelli-Reggia-di-Versailles di fastosa orrenditudine a difesa di trionfali ville messe all’ingrasso, galleggianti in pseudo-giardini all’italiana dai conturbanti vialetti autostradali e lussuose piscine-pozzanghera. Sfilze di balconi deserti eppur “abitabili”, posticci gazebo fabbricatori d’ombra, persiane blindate. E cemento a gogò, cristalli, mattoni finti e cotto alla moda. Soprattutto, l’orgogliosa specialità locale sono i complementi edilizi dei grandiosi cancelli d’accesso: tutt’un fiorire di tettoie tirolesi, plasticose simil-pagode antigrandine, sgraziati coperchi di coppi con inclinazioni a cazzo stile castelli romani (o solo abruzzese di Martinsicuro), a coprire tempietti funerari con cassette della posta art-nouveau come tombe e allarmati fortilizi e casamatte dalle occhiute telecamere a cannoncino e feritoie d’aria. Intorno, mortifere fioriere e sontuose anfore. La chiamano creatività italiana. Di guardia, su colonne e colonnine, aquile sedute e leoni (alati). O raminghi nani giganti, vanno sempre… 

      Spesso poi, quando tutto il cafonesco ambaradan (con 1 o 2 pesanti capriate) a corredo del cancellaccio se ne sta incredibilmente a sbalzo laterale su un’unica colonna! (come un “Gambadilegno a Parigi” ballerino di samba che attraversa la strada senza una gamba*), l’involontaria comicità di testimoni di Geova, postini e corrieri che s’avvicinano circospetti per timore di un crollo, è già da sola uno spettacolo… 

      Che bello sarebbe, allora, se attorno a Ripa almeno cinquanta di questi stupidi “monumenti al nulla” sparissero e al loro posto venissero queste nuvole: grandi e piccole, grasse e magre, di ogni colore, da sole o a gruppetti. Attirerebbero gente. Lavorerebbero i fabbri. Toglierebbero la noia. Senza portar pioggia…

*Francesco De Gregori, 2004
 
PGC - 7 luglio 2025
 

23/06/25

SANTI SUBITO

”L’incoronazione di Carlo Magno” - Raffaello e assistenti, 1516/1
      E chi altri se non i nostri ineffabili parlamentari? Più sindaci, più amministratori assortiti, da tutt’Italia a Roma convenuti. 
Et voilà: chiuso il Parlamento addirittura da giovedì 19 giugno, tutti insieme appassionatamente parlamentari e presidenti e amministratori in pellegrinaggio misto tra Vaticano, basiliche e luoghi istituzionali. E perfino paludato concerto del sabato sera con titolo “Armonie di speranza”, giacchè di retorica siamo maestri ab antico e quella odierna a buon mercato paga sempre.

 

     Dunque fino a domenica full immersion dei politici che il mondo c’invidia nelle lustrali acque del Giubileo dei governanti da cui emergeranno più belli e più santi che pria. Come dubitarne. 
Dalla Conferenza parlamentare sul dialogo interreligioso (sic) fortemente voluta dai presidenti di Camera e Senato, giovedì a Montecitorio, al pellegrinaggio alla Porta Santa di San Pietro, all’udienza privata dal papa, all’Angelus (in tribuna vip, of course): tutto un pullulare di incontri santificati e santificanti nonchè sanificanti; uno sfrecciare per le vie dell’Urbe di lampeggianti auto blu; strade chiuse e militarizzate; mobilità in, da, per Roma rivoluzionata per l’epocale evento. 
Il cui edificante scopo è così esplicitato nel titolo: “Rafforzare la fiducia e abbracciare la speranza per il nostro futuro comune”. 
Qualunque cosa voglia dire.

 

     Che poi si sia sull’orlo di una guerra globale su cui l’acqua santa, è provato, non può nulla (la storia una volta tanto insegna); che si sia testimoni e in quanto tali parte in causa di politiche internazionali aggressive, distruttive, catastrofiche e genocidarie che nessuno - tra quelli che avrebbero il potere di farlo - si preoccupa di fermare, è cosa di cui il Parlamento italiota potrà occuparsi forse più avanti dopo le rigeneranti benedizioni, compatibilmente col caldo e purchè non troppo vicino alle ferie perché se il tempo è buono e la nonna sta benino avrei già prenotato la spiaggia, signora mia.

     Tanto nessuno di questi ha la più pallida idea di dove si andrà a sbattere, e poi vuoi mettere una bella candeggiata alle coscienze a base di sermoni e incenso fumante; il tutto in pompa magna, dispiegati gli addobbi e le insegne del potere religioso e del potere politico che neanche per Carlomagno incoronato in San Pietro nell’anno 800 della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio: c’era un Leone papa anche lì, quando uno dice le coincidenze; e malgrado gli oltre due millenni da allora, ben poco o niente pare sia cambiato: non certo nei rituali, nella pompa degli apparati, nell’esibizione della forza e - ciò che più conta - nelle logiche, nelle dinamiche, nelle ipocrisie, nel lucroso intreccio dei poteri temporale e spirituale.

 

    Ma tranquilli, dopo il bagno di santità comprensivo di candeggio plenario, il Parlamento potrà tornare ad essere l’aula sorda e grigia che è diventato; tornerà ad occuparsi proficuamente di votare riarmi fino al 5% del PIL; tornerà a sentirsi fischiare sulle onorevoli teste il passaggio di decreti governativi che sanciscono libero manganello in libero stato; che prescrivono il carcere (i carceri, copy Nordio) per chi blocca le strade (no, non le auto blu, che andate a pensare…); che benedicono il libero sparacchiare di cacciatori in ogni periodo dell’anno e ovunque e su tutto ciò che si muove (finalmente anche fra di loro, se qualcuno lassù ci fa questa grazia accessoria che fortemente caldeggiamo). Eccetera. 

   Soprattutto, senza la fastidiosa necessità di rappresentare la volontà degli elettori "con disciplina e onore", senza la bizzarra pretesa di occuparsi del bene comune, potrà godersi in pace la propria sacrosanta, privilegiata, lautamente remunerata tanatosi.

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Che dire di quelli che (….) fidando in segni magici e in giaculatorie inventate da qualche pio ciurmadore (…) non pongon limiti alle loro speranze: ricchezze, onori, piaceri (…) e alla fine, nel regno dei cieli, un seggio proprio accanto a Cristo. Questo, però, senza fretta, per carità; ben vengano le delizie dei beati ma quando, con disappunto, dovranno lasciare i piaceri della vita a cui sono abbarbicati con le unghie e coi denti.

 

(Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, 1509)
 
Sara Di Giuseppe - 21 giugno 2025

 

16/06/25

COSE DA LEONI

 L'operazione in Iran si chiama "Leone nascente".

L'assassino Netanyahu avrà chiesto il permesso?

PGC - 15 giugno 2025

09/06/25

"Madamina, il catalogo è questo"

Vignetta di Natangelo - Il Fatto Quotidiano 5.06.’25

               …Non già che mancassero leggi e pene (…). Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati con minuta prolissità; le pene, pazzamente esorbitanti, e aumentabili (…) ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori. (…) Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò, quelle gride (…) non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l’impotenza de’ loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d’aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano

     [ A.Manzoni, I Promessi Sposi  - cap.I ]

 

     Lunghetto il Catalogo. No, non il catalogo di Leporello delle belle che amò il padron mio; magari ci soccorressero la levità geniale di Mozart e Da Ponte, la bellezza come antidoto alla tossicità di un potere politico dal volto arcigno, voglioso di agitare manganello e galera! 

No, qui solo il plumbeo DL Sicurezza col suo lugubre catalogo di nuovi reati più un congruo numero di aggravanti più un bel pacchetto di norme repressive. 
Varato da un Parlamento di pavide pasciute marionette. 
Contrastato - si fa per dire - da un’opposizione - si fa per dire - caricatura di sé stessa. 
Firmato da un Capo dello Stato troppe volte dimentico di Costituzione (dell’art. 17, per esempio - diritto a riunirsi pacificamente e senz’armi - e dell'art. 21 - libertà di manifestare il proprio pensiero. Per dirne solo due).

 

In Italia seicento e quaranta / in Almagna duecento e trentuna - canta Leporello - e giù una serie numerica di sicuro effetto comico: Cento in Francia, in Turchia novantuna, ma in Ispagna son già mille e tre

Uguale effetto comico, al di là del tragico, ampiamente raggiunto anche dal nostro Decreto Sicurezza: l’iperbolico numero di conquiste del dissoluto serial lover Don Giovanni - sciorinate dal servo a beneficio della sventurata Donna Elvira - non è meno grottesco della paranoia securitaria che permea il lungo catalogo delle libere manifestazioni di dissenso, dei comportamenti di protesta non violenta fino a ieri - e non tutti - da sanzione  amministrativia e oggi - tutti - reati da galera: il blocco stradale non violento (la cosiddetta norma anti-Ghandi), la contestazione delle Grandi Opere, le manifestazioni ambientaliste e animaliste, eccetera. 

Forme di protesta già depenalizzate nel 1999, per dire il nuovo che avanza.

E giù giù lungo la repressione di atti magari illeciti ma non certo degni di galera, fino alla criminalizzazione della cannabis light (priva di principio stupefacente, utilizzata anche a scopo terapeutico). Non male per chi come Nordio voleva alleggerire le carceri (i carceri, dice) depenalizzando un po’ di reati: gli togliessero il fiasco, ogni tanto…

E non è, ahinoi, la parentesi comica (pur inscindibilmente legata al dramma e alla tragedia) del catalogo di Leporello.

 

Qui al contrario, nelle logiche securitarie del decreto si annida l’anima profonda di questo ceto politico e delle forze al governo: classiste e retrive, intimamente fasciste. 

Pugno di ferro dunque coi deboli (e con chi magari “delinque” per necessità o disperazione; perfino coi bambini di meno di un anno condannati al carcere con le loro madri - essendo solo 4 in tutta Italia gli "Istituti a custodia attenuata per le detenute madri", gli ICAM). 

Maglie larghe invece coi forti, e garanzie e tutele statali per i pubblici ufficiali (non più infatti sospensione immediata per gli indagati dal manganello facile e peggio, assistenza legale fino a 10.000 euro a carico dello Stato); e, ciliegina sulla torta, ampio spazio di manovra ai Servizi Segreti (le cui devianze tante tragedie produssero in anni bui della storia recente d’Italia).

I numeri: 39 (gli articoli del Decreto); 14 (i nuovi reati); 9 (le aggravanti). Chi vuole può giocarseli. Come le conquiste del dissoluto punito  nel catalogo di Leporello - Un catalogo egli è che ho fatt'io - questi sono  numeri di “conquiste”: per chi le ha scritte, volute, votate, firmate, accettate.

 

Per tutti noi altri, sono piuttosto la misura di un deficit di civiltà più che mai profondo; sono un passo decisivo verso la compressione del dissenso; verso la criminalizzazione di condotte che nascono dal disagio sociale sul quale ci si guarda bene dall'intervenire; verso la cancellazione - conclamata oggi con feroce prosopopea - di diritti e di spazi di libertà democratica.

 

-          Oggi voteremo un Referendum, anzi 5: prima che ci tolgano anche questo, prima che sia tardi - finchè ancora tempo (…) e prima che bruci Parigi – cercheremo di assaporare, non ancora sconfitti, un residuo scampolo di democrazia


 

*W. A. MozartDon Giovanni, Atto I, scena V
 
Sara Di Giuseppe - 8 giugno 2025