con Piergiorgio Cinìfisarmonica Sergio CapoferriTeatro dell'OlmoSan Benedetto del Tronto26 ottobre 2025 h18
31° Incontro Nazionale dei TEATRI INVISIBILI
San Benedetto del Tronto - Grottammare
26-28 Ottobre - 8-9-15 Novembre
Direzione artistica
Laboratorio Teatrale Re Nudo
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“È momentaneamente vivo” si legge nel sito in cui lui, Stefano Benni, parla di sé.
La data non c’è e non importa: è noto, parola di monsieur de Lapalisse, che chiunque prima della dipartita è vivo.
Nel caso di Benni riteniamo anzi da fondati indizi che vivo lo sia tuttora: per esempio continua a farci ridere di gusto; per esempio Re Nudo e gli Invisibili gli dedicano un recital teatral-poetico-musicale e la sua satira sociale continua a colpire nel segno senza tregua: roba da vivi, no?
E dunque.
Piergiorgio Cinì e Sergio Capoferri fanno già da soli una compagnia teatrale: Cinì parla, mima, declama, spumeggia; Capoferri risponde a suon di fisarmonica e Piazzolla irrompe dalla lontana Buenos Aires fra i legni affettuosi del Teatro dell'Olmo.
I testi di Benni strappano risate e meraviglia, sono una festa della parola e del paradosso, sono il trionfo dell’iperbole ma sono anche la verità su di noi e ci mettono a nudo, bizzarre creature davanti a uno specchio deformante.
Ecco allora il mercante d’armi rivendicare la propria buona fede e perbacco, se avessi saputo che un cliente / può diventare nemico / della mia patria/ dell’Occidente (…) gli avrei fatto pagare / il cinquanta per cento in più… Quando si dice il rigore etico sposato alla solida morale… Avercene!
Ecco l’amore, ecco “Le piccole cose che amo di te”; ecco “Ti amo”, e “Prima o poi l’amore arriva”: già, l’amore. Quello che, comunque lo vedi, declinato dal quotidiano al surreale al grottesco come in Benni, sempre rende imprevedibile e surreale ciò che è ordinario e Benni sa come prendersi gioco di "questo guazzabuglio del cuore umano" .
Ecco l’impareggiabile “Storia di Pronto Soccorso e Beauty Case”: amore anche qui, e tanto, e paradossi e iperboli. Sedici anni lui, passione per i motori ereditata seguendo il padre sul lavoro cioè a rubare le gomme; quindici lei, figlia di una sarta e di un ladro di Tir, così piccola che la madre le cuce le minigonne con le vecchie cravatte del babbo.
S’incontrano, s’innamorano una sera di prima estate, si baciano dalle nove e un quarto alle sei di mattina, e “sono innamorato” confesserà Pronto a quattro scarafaggi che dalle nostre parti parlano piuttosto colorito e rispondono di conseguenza.
Tra una carambola e l’altra di Pronto Soccorso – nomen omen, in un anno s’imbustò col motorino duecentoquindici volte sempre in modi diversi - alla fine la legge arriva nella persona di Joe Blocchetto, spietato comminatore di multe: per Pronto sarebbe finita, se tutto il quartiere di Manolenza - entri che ce l’hai ed esci senza - non si mobilitasse scatenando il più colossale ingorgo che memoria di vigile ricordi: il quale vigile, va da sé, esce fuori di testa. Ma tutto finisce in gloria: il feroce Joe Blocchetto dopo un periodo in manicomio dirige ora un autoscontro, e Pronto e Beauty si sono sposati, lui trucca le auto, lei le pettina.
Potere dell’amore! Perfino se è quello, mercenario e proibito che - ne “Il porno sabato del cinema Splendor” - sconvolge il paese di Sompazzo il cui cinema (il primo ad essere aperto in paese!) inserisce nella programmazione un film a luce rosse, sconvolgendo codici morali ed equilibri famigliari; e dove per involontario scambio di bobine invece che il secondo tempo del porno viene proiettato l’arrivo di Coppi al Giro d’Italia e l’accaduto viene così commentato: “Coppi è bestiale. Pensa, nel primo tempo scopa per un’ora di fila, poi salta in bicicletta e vince” .
Il Piazzolla degli intermezzi alla fisarmonica del maestro Capoferri – durante i quali l’umorismo dei testi sembra raccogliersi in momenti di abbandono e riflessione – evoca mondi ben lontani dalla colorita provincia emiliana di Benni: eppure il vitalismo porteño che occhieggia nella melodia struggente di Astor (“negli accordi ci sono antiche cose / l’altro cortile e la nascosta orditura”: così il tango, nei versi di Borges) si coniuga intimamente col microcosmo “diabolicamente” smascherato da Benni, col caleidoscopio di voci e di volti che ci vengono incontro: stralunati o struggenti, e tutti - grazie all'immaginario di Benni, alla scrittura acuminata, al sorriso in agguato dietro la malinconia e viceversa - sono eroi senza medaglie di quell’avventura che tutti ci accomuna ed è la vita.
“E a morire non riuscirò mai”, scriveva Benni nella sua Canzone per De André.
Ed ha avuto ragione: non c’è riuscito.
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Povere genti che ai menestrelli credete
Dimenticarvi di me non potrete
E io di voi scordarmi non posso
Dentro un tramonto feroce e rosso
Dentro un cielo di sangue e vino
Ascoltate come sembra il primo
L’ultimo accordo che io imparai
Io non voglio non voglio morire
E a morire non riuscirò mai.
[S.Benni Quello che non voglio (una canzone per Fabrizio De André ) – 2011]
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