28/10/25

Liliom

Coreografia John Neumeier

Corpo di ballo del Teatro Nazionale di Praga
Musica Michel Legrand
Orchestra dell’Opera di Stato di Praga e Top Big Band

 

Teatro dell’Opera – Praga
première 23 Ottobre 2025 h19


Foto NárodnÍ Divadlo

SULLA GIOSTRA [NON] C’È POSTO PER TUTTI

 

…E se la giostra è quella metaforica della vita, di spazio ce n’è ancor meno, e si fa labile il confine fra il gioco e la tragedia. 

Ben lo aveva rappresentato Ferenc Molnár nel dramma teatrale del 1909, da cui il prestigioso John Neumeier trae la coreografia “Liliom”.

 

Mutata l’ambientazione - dalle periferie dei giostrai ungheresi ai parchi di divertimento dell’America degli anni Trenta e della Grande Depressione - l’umanità che vi si rappresenta, nel dramma di Molnár come nella coreografia di Neumeier, è composta da coloro che il Verga chiamerebbe “i vinti”.
E tuttavia, come è stato scritto, “non si tratta semplicemente di un dramma sociale ma di una riflessione poetica sul teatro del mondo”. Tanto da attirare all’epoca l’interesse di compositori del calibro di Kurt Weill e Puccini.

 

La giostra, dunque: centro simbolico del mondo suburbano, raduna intorno sé un microcosmo proletario e variegato di solitudini e coralità; le relazioni interpersonali, i sentimenti eternamente umani - amore, gelosia, collera, frustrazione – vivono nella cornice di un disagio sociale che relega i vinti ai margini della storia, circoscrive la loro libertà di vivere e amare, ne segna crudelmente i destini. Una realtà che, pur storicamente determinata – il disastro economico e sociale dell’America degli anni Trenta – presenta connessioni drammatiche con il presente e il recente passato.

 

Liliom e Julie - i protagonisti - si attraggono e si respingono, inconsapevolmente presaghi di una felicità che sarà breve: nel dramma di Molnár agisce un determinismo sociale che fa del giovane imbonitore da giostre una vittima predestinata, la cui genuinità di sentimenti annega nella palude malsana del degrado sociale e nella violenza che ne segnerà la fine tragica. 

Diverge qui dal modello teatrale, per approdare ad un finale meno fosco, la versione coreografica di Neumeier. Pur se la miserabilità della giustizia terrena verso gli emarginati e gli esclusi si riproduce  infatti tal quale nell’al di là, la condanna di Liliom e il successivo suo ritorno temporaneo in terra (concessogli per conoscere il figlio ormai 17enne e confessargli le sue colpe) porteranno al riscatto. 
In quello spazio sospeso tra il presente e l’eternità l’intervento amorevole di Julie farà sì, infatti, che Liliom torni tra le ombre senza essere dannato per sempre. 

 

La coreografia di Neumeier sovrappone genialmente i piani narrativi – nel prologo la morte di Liliom è già avvenuta, i quadri successivi sono altrettanti flashback lungo i quali si snoda l’intero dramma – enfatizzando nel vocabolario della danza sia gli interrogativi filosofici ed esistenziali che l’aspetto metafisico della storia. Realtà terrena e oltremondo finiscono per fondersi: la ieratica figura nerovestita, il Balloonmen - l’uomo dei palloncini -  ne è il misterioso inquietante raccordo e la storia  trascende il tempo e i confini culturali per farsi parabola esistenziale “sulla impossibilità di esprimere l’amore, sulla fragilità umana, sulla ricerca di redenzione”.

 

L’originalissimo dialogo musicale – musiche composte da Michel Legrand, suggestiva mescolanza di genere classico e jazzistico – tra l’orchestra nel golfo mistico e la big band collocata in alto sul proscenio, crea un’architettura sonora nella quale, se le variazioni ritmiche e le improvvisazioni del jazz rimandano a disarmonie e conflitti emozionali, gli elementi classici a loro volta ne enfatizzano i moti compresi fra gli opposti poli dell'amore e dell'odio.

 

Tessuto sonoro e alfabeto di movimento su cui l'eccellenza degli interpreti – splendidi protagonisti il “nostro” Giovanni Rotolo, primo ballerino del Teatro Nazionale, e l'intensa Alina Nanu – disegna un affresco di rara energia; nel brulicare delle scene corali come nell’intimismo dei duetti, nello struggimento dell’amore tradito, ostacolato, represso, nella pregnanza del conflitto sociale che ne è sfondo e cornice, percepiamo una realtà senza tempo nella quale prende corpo, prepotente, la riflessione dello stesso Neumeier per il quale il teatro non può cambiare il mondo ma può offrire la visione di un mondo diverso. E da qui il cambiamento può iniziare.

 

“Solo l’osservatore […] ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvegnenti, i vincitori d’oggi, affrettati anch’essi, avidi anch’essi d’arrivare, e che saranno sorpassati domani”.

 

(G.Verga Prefazione a I Malavoglia, 1881)
 
 
Sara Di Giuseppe - 26 ottobre 2025

 

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