07/10/18

Se Aznavour fosse venuto al “Ferré”

Avevo quasi supplicato Gennari di provarci.


         Costa tanto? E noi non lo paghiamo per niente. Ha troppi impegni? Facciamo il Ferré nella data che decide lui. L’orchestra? Niente orchestra, basta lui.  (…)

         Avremmo potuto provarci: collega, e soprattutto “testimone” di Léo, ormai c’era rimasto soltanto lui. I testimoni sono importanti. Avremmo dovuto provarci con i “suoi” metodi: niente intermediari, niente diplomazia, niente trattative. Basando tutto sulla sorpresa, e sul concetto lapalissiano che se l’unico Festival Ferré non poteva farsi mancare Aznavour, Aznavour non poteva farsi mancare il Ferré. Puntando dunque anche noi solo sulla “ardita ragionevolezza, intelligente cocciutaggine, provocatoria umanità, candida irriverenza, affettuosa incoscienza…”: sue “armi” pacifiche ma temibili e vincenti nell’estenuante e mai sospeso suo impegno politico e sociale. Oltre le canzoni, la musica, l’arte.

        In fondo, gli avremmo chiesto solo “quello che era possibile”, di venire qua a San Benedetto a riconfermarci quello che diceva sempre: “Léo Ferré vale quanto Baudelaire”.

        E se ci avesse amabilmente risposto che “aveva da fare in campagna con il suo olio, che già gli dava tante soddisfazioni…”, lo avremmo tentato col nostro, di olio, e con quello di Marie-Christine Ferré.


PGC - 5 ottobre 2018




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