26/10/22

SHAKESPEARE A COLORI

 Romeo and Juliet

Coreografia  Jhon Cranko

 

Musica Sergej Prokofiev 

State Opera Orchestra

 

Teatro Nazionale

Praga

 

18 Ottobre 2022 h19

 

Perché mai vi fu storia più dolorosa

Di questa di Giulietta e del suo Romeo.

(W. Shakespeare, Romeo e Giulietta – V, 3)

 

 

Domina ogni scena di questa coreografia, il colore, prorompe nei costumi e negli arredi, esalta la gioia vitalissima che ne permea la prima parte e precede la tragedia. È una tavolozza rutilante e festosa che disegna gli spazi, enfatizza i moti corali della danza, si fonde col dinamismo orchestrale della partitura di Prokofiev, e musica e danza insieme compongono il poderoso affresco sonoro e visivo che avvolge e trascina.
Ne sembra bandita ogni idea di morte, eppure essa incombe sulla bella Verona, alita nell’aria avvelenata dalle faide cittadine, aleggia irreparabile e struggente quanto più irriducibile è la vita che ferve in ogni cosa e accende i sensi.
E sono i giovani, proprio loro e non i tristi vendicativi adulti, a incontrare la morte uno dopo l’altro: Mercuzio e poi Tebaldo, e Paride, e poi Romeo, infine Giulietta; a restare sono i “vecchi”, chiusi nel proprio odio rancoroso, nelle faide che trasformano la città in una tomba.
(“Ehi, voi uomini, voi bestie, […] / le vostre mani / sanguinose gettino a terra queste armi / temprate per il male…” rampogna inutilmente i Montecchi e i Capuleti, l’irato Principe di Verona).
 
C’è tutto questo nella luminosa coreografia di John Cranko, caleidoscopio di dodici scene racchiuse in tre atti, sempre magnificamente nuova dopo la prima del 1958 con Carla Fracci al Teatro Verde, Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. L’accesa coralità dell’allestimento di Cranko si alterna ai monologhi intimisti,  trascolora nei dialoghi di danza, definisce un vocabolario coreografico del quale i danzatori sono anche attoriali interpreti a tutto tondo. 
 
È con l’avanzare del tragico che, così come il verso shakespeariano cessa di essere giocoso e barocco per farsi realistico e scabro, la danza trasforma anch’essa il suo linguaggio: la coreografia si spoglia di ogni solarità quando l’odio tra le parti chiude ogni altro orizzonte; la natura allora sparisce e il gioco, le maschere, i fiori, la festa lasciano il posto a nudi interni e a fredde geometrie architettoniche, fino al gelo e alla penombra di una cripta.
 
Aderisce con fedeltà all’impianto shakespeariano, questa coreografia che contrappone la morte irragionevole, ingiusta, struggente, alla vita di una comunità rappresentata, dagli strati sociali più alti ai più umili, nella gioiosa sensualità dei suoi riti, nella carnalità delle feste, in una Verona fervente di vita prima che faide e odi di parte la precipitino nel dolore e nel sangue.
 
Di quella prorompente forza vitale l’amore è la luce più vivida ma ne è anche il grande escluso, i due giovani amanti non possono che afferrarne qualche bagliore prima di affacciarsi sulla soglia della tenebra, dove il paradiso è perduto per sempre, e dall’aiuola triste che li stringe lo sguardo si volge “ad un tempo che devono solo temere”.
 
Ed è dunque così vicina a questo nostro tempo, la tragedia immortale che parla, “con un vocabolario classico ma con una sintassi  contemporanea”, di amore e di giovinezza spezzati dall’odio e dalle guerre, dalla sete di potere, dall’insormontabile forza  di abitudini sclerotizzate. Il nero fato di questo giorno / Peserà su altri giorni. Questo è l’inizio / Di un male che altri debbono finire: sono le parole presaghe di Romeo dopo l’uccisione di Mercuzio.
 
Ma danza e musica insieme, e il grandioso affresco narrativo che ne risulta hanno qui, più che in qualunque altro classico, un quasi catartico afflato. E se non c’è consolazione per i troppi Capuleti e Montecchi di oggi e di ieri, se allora come oggi tutti siamo stati puniti come sentenzia il Principe nell’ultimo atto, a noi forse, grazie all’arte e alla grandezza universale di un classico senza tempo, è dato scorgere nella Bellezza il lampo che spezza la solitudine del presente e ricostituisce in parte il tessuto lacerato della vita.

 
Sara Di Giuseppe - 26 ottobre 2022
 


 

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