21/04/22

Come non dissipare un Lunedì di Pasqua


San Benedetto T.  -  Id  GENTI TAVANXHIU alla Palazzina Azzurra

 

Centrifugato con la mia bici tra le auto in nervosa processione ovunque, tra il puzzolente “SAN BEACH STREET FOOD FESTIVAL” del viale, tra gli eccitatissimi chalet in ansia d’apertura con buttafuori e buttadentro, tra le invasate protesi mangerecce dei bar-cafè-pizza-restaurant, avevo perso le speranze. Pure serrande abbassate alle edicole, ah, mi sarei ridotto perfino a comprare un Corriere Adriatico+Messaggero, 1.20 euro di nulla. 

Butto l’occhio opaco verso la Palazzina Azzurra, figurati, sarà chiusa, è lunedì… toh, invece è - con insolita intelligenza - aperta; ma è deserta deserta, mentre appena lì  fuori c’è l’inferno mangereccio.

 

La salvezza.  Entro – sarei entrato anche solo per abbracciare VALE&TINO di Lodola – ma scopro che c’è pure una mostra (invisibile e inimmaginabile dalle vetrate attappate). 

E che mostra! Id di Genti Tavanxhiu, con l’autore in persona che ti accoglie, e ci parli. Lui ti dice delle sue opere, ovvio, e un po’ anche della sua vita di artista-di-mondo del suo “mondo parallelo” ellittico, ma quasi en passant, con leggerezza, con un parlare non difficile, anzi semplice e preciso, per niente commerciale né auto-promozionale auto-incensatorio auto-celebrativo (come spesso succede con gli artisti): ti dà informazioni utili, interessanti, intelligenti, mai eccessive. Anche per questo trovo naturale che le sue opere siano belle.

 

Sculture non grandi in legno o in pietra-marmo-travertino-quarzo, più oli e acrilici figurativi o astratti che evocano sempre qualcosa. Quasi tutte le sculture, intagliate in avanzi di legni industriali e di alberi persi, cave o sapientemente sezionate, sanno di mediterraneo, di etrusco… o di Antonello da Messina (suggerimento di Genti). E come quelle in marmo rosa, di Carrara, travertino persiano o semplice pietra calcarea, hanno profondi sguardi improbabili, astratti, energici, singoli o alternati, quasi da Divina Commedia. C’è del classico e dell’arcaico in queste “figure ibride e antropomorfe”, ma con slanci e proiezioni nel futuro. Analogo il linguaggio figurativo degli oli e degli acrilici - qui la modernità è più evidente - mentre le spettacolari e scenografiche opere monumentali sparse in tutto il mondo (una, qui al molo-sud a San Benedetto) si possono ammirare nel catalogo.

 

      Bene, in parte non ho “dissipato” questo Lunedì di Pasqua. Ma a guardarmi intorno, a questa realtà sconfortante rigorosamente banale, alla barbara allegria finta di questa “anti-città” (S.Boeri), ho l’amara sensazione che il “deserto culturale” sambenedettese si stia allargando e affollando.

Lo dicono giulivi e soddisfatti i giornali del giorno dopo.


PGC - 21 aprile 2022



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