18/07/18

Il suono di Perseus

SPOLETO61 
FESTIVAL DEI 2MONDI

Giudizio, Possibilità, Essere
Esercizi di ginnastica su La morte di Empedocle di Friedrich Hölderlin

di Romeo Castellucci

produzione Societas 

Il suono di Perseus 


       È di 250 milioni di anni luce la distanza dalla terra di Perseus, il più grande buco nero della Via Lattea, del quale scienziati NASA hanno individuato il suono: lascoltiamo, allaprirsi della scena, nella registrazione il cui volume ai limiti del fisicamente tollerabile ci scolla da terra a forza di vibrazioni.

       Non lezione di fisica bensì di teatro, quella cui assistiamo nella Palestra di S.Giovanni di Baiano, propaggine del 61°Festival dei 2Mondi di Spoleto, giornata ultima. Spazio insolito e soprattutto introvabile, totale assenza di indicazioni da parte della spoletina organizzazione festivaliera che riesce a peggiorare ogni anno e quando pensi non possa far peggio, invece lo fa. Peccato capitale, per un Festival di tali qualità preminenza e carisma. Aspiranti spettatori dispersi potrebbero vagare ancora fra le verdi valli umbre.

       Per noi fortunosamente pervenuti a destinazione è La morte di Empedocle, tragedia in versi di Friedrich Hölderlin, ad essere qui agìta da quattordici ragazze straordinarie più un cane sapiente (attore nato).

       Rimanda allavanguardismo di Antonin Artaud, di Carmelo Bene e di altri maestri, la visione che ispira Romeo Castellucci: di un teatro che superando la soggezione al testo si fa creazione e ri-scrittura; in cui il testo a monte diviene testo in scena (C. Bene) e il soggetto/attore è autore egli stesso, sciamano e medium. [Alla stessa latitudine di Spoleto, da molti anni, in terra abruzzese-marchigiana e non solo, il teatro di Vincenzo Di Bonaventura, teatro del testimone, lontano dalla sclerosi dellufficialità percorre come macchina attoriale - secondo la definizione beniana - i grandi territori drammatici dallantico al contemporaneo superando il testo, "dis-apprendendolo dopo averlo appreso"]. 

       Regia e interpreti si fanno veicoli di una comunicazione che richiede, anche, un nuovo modo di essere pubblico. Proviamo ad essere noi, oggi, questo pubblico nuovo: perplesso allinizio (spettacolo a sé sono le nostre facce durante il - finto, certo - taglio della lingua autoinflittosi dalle ragazze in lentissime realistiche sequenze); convinto, coinvolto, emozionato poi e fino alla fine, quando scricchiolando - noi diversamente giovani - ritroviamo la posizione eretta dopo oltre unora di articolazioni ripiegate sui bassi cuscini del salto in alto.

       Il filosofo Empedocle, la devota discepola Pantea e lamica Delia, lamato e dolente Pausania, linfido sacerdote Ermocrate, larconte Crizia, gli anonimi cittadini di Agrigento: tutti hanno le fattezze di queste giovani donne dai severi abiti amisch, che disponendosi nello spazio come gruppi scultorei neoclassici o in stilizzate movenze retoricamente classicheggianti, alitano un che di winckelmanniano sullimprobabile scena della palestra.

        Lapertura sulla registrazione del suono violento e preromanticamente sublime di Perseus, ci prepara a concepire labisso, il cratere dellEtna in fondo al quale Empedocle precipita se stesso per ritrovare quella comunione con la Natura e con il Tutto che la finitezza umana preclude. Il suo balzo nel vuoto è illuministico slancio verso la conoscenza ultima di sé, romantica tensione verso linfinito e la comunione col divino; ed è parabola senza ritorno che rigetta i meccanismi del potere e trova nel sacrificio la conciliazione altrimenti impossibile. 

       Di lui parla Pantea con nostalgica dolcezza allamica Delia (Non so neppure io perché gli appartengo. Ma forse se lo vedessi capiresti), istintivamente partecipe del dolore che è in lui (Sembrava aver perduto qualcosa, come se la sua vita fosse precipitata da grandi altezze), nelleroe tragico che sceglie liberamente, perfino con gioia la morte, consapevole che questa se da un lato priva luomo di ciò che è dato, dallaltro lo riconsegna a ciò che alluomo è sottratto

       Egli sa che la Natura lo ha abbandonato come un mendicante per il tracotante orgoglio che lo ha innalzato al di sopra degli dei, e alla Natura egli tornerà - A te ritorno per essere sereno e riposare - per ricomporre lunità perduta e perché in quella riconciliazione il Divino torni a manifestarsi O Dei del cielo, io vi ho oltraggiati e voi mi avete abbandonato. Ma presto sarò canto

      È maturato il tempo. Mi stupisco come se la mia vita cominciasse, e solamente ora io sono”: e agli agrigentini che dopo averlo cacciato lo richiamano indietro e vorrebbero incoronarlo re, E finita lepoca dei re, risponde, e li esorta a rinascere, Rinnovatevi in una giovinezza nuova () e rinascendo assecondate la Natura, prima che simpadronisca di voi!. 

      Rinascono davvero sotto i nostri occhi le 14 ragazze: faticosamente le espelle un figurato utero materno dal quale emergono nude e intatte come bianchi fogli di un copione ancora da scrivere lentamente muovendo verso un inconoscibile altrove, verso un sipario che non cè. 

       Il gruppo dei personaggi della tragedia sarà interpretato da una compagnia di giovani donne. Sono studentesse di una scuola? o forse membri di una qualche comunità femminile? si interroga la locandina consegnata allingresso. Non importa saperlo: le giovani attrici hanno vissuto, plasmato, agito la poesia di Hölderlin restituendocene intatte eppure nuove e diverse la grazia e la forza.

       Lapplauso caloroso che le saluta e le richiama a lungo festeggia anche il cagnone che ha giocato un insolito ruolo sulla scena, mangiando di gusto i resti - di ingredienti appetibili, sintuisce - delliniziale raccapricciante sforbiciata collettiva: da attore consumato si pavoneggia, si concede, annusa le fanciulle e disciplinato scodinzola, ringrazia a suo modo e, abbaiando con piglio drammatico, perfino gigioneggia un po’…


Sara Di Giuseppe - 16 luglio 2018


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