29/05/22

“Sono storie”

KOBILINSKY / DI BONAVENTURA  DUO   [“Notre Dame”]

Krzysztzof Kobylinski - pianoforte    Daniele Di Bonaventura - bandoneon

Ascoli Piceno  Cotton Lab     20 maggio 2022  h21




Non so se il meraviglioso rosone del CD sia proprio di Notre Dame de Paris, penso di sì. In ogni caso riassume perfettamente l’anima architettonica delle musiche di Kobylinski/Di Bonaventura: jazz radiale come fatto col compasso, che parte da poche note apparentemente casuali (forse lo sono) del pianoforte o del bandoneon. Note normalissime di pari importanza, economiche, quasi sempre timide e silenziose, ma cristalline, che sembrano emergere dal centro di un grande rosone all’alba quando c’è ancora scuro, ma via via che la luce cresce ne irraggiano altre in tutte le direzioni, vettorialmente, secondo grafiche perfette e leggere, a crescita infinita. Ricami (musicali) imprevedibili, complicati, colorati come nelle cattedrali (più gotiche che romaniche), suoni che crescono e mutano come i cristalli di neve, tra loro simili ma diversissimi. 


      Kobilinski e Di Bonaventura sono come i mastri rinascimentali dei rosoni, che sceglievano forme e colori delle tessere di vetro e col piombo le montavano, in accordo coi rigidi costruttori delle colonnine radiali esterne raccordate con archetti e rosette. Così nasce la loro Opera Jazz Notre Dame, ma non basta: le dita che comandano i tasti devono anche inventare ed esprimere echi, ombre, tratteggi, effetti, vibrati, per raccontare bene la “storia” [e sempre in maniera diversa, sennò non sarebbe jazz]. 


      È anche una questione di fisica meccanica: dal vivo - e per fortuna anche dal cd - si avvertono i legnosi ticchettii del bandoneon, i tocchi di pedale di Krzysztzof, i respiri e i sospiri del mantice, mentre loro ascoltano e rispettano l’immenso lavoro nascosto degli strumenti, e assecondandoli ne sono ispirati (!).


      Al Cotton, stasera è musica pianeggiante, geograficamente di bella campagna con un po’ di collina. Discese, morbide salite e risalite, silenzi. “Sono storie” scorrevoli, forse commedie di Polonia o di Marche, da interpretare con gusto e fantasia. Ma non è mancato - quasi in sordina - anche un piccolo tango (dall’incedere poco aggressivo) e con sorpresa perfino un originale 5/4 che più che un ricamo di rosone m’è sembrato una forte storia di città, dalla tessitura intricata seppur ricorrente, senza fine.


     Eh, “sono storie”, il jazz è fatto di storie: compiute, incompiute, inventate.  Al bar, Daniele poi me lo conferma.


PGC - 23 maggio 2022





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