16/02/23

LA CASA ROSA [Villa Cicchi]

         Moderna ma bella, molto tempo fa c’era quasi solo lei nella piana campagna in via d’estinzione. Noi la guardavamo ammirati, quando per andare al mare dalla zona dei carrozzieri di via Sabotino - per accorciare - le passavamo vicino camminando scalzi con passi da gatto, per i viottoli che si formavano da soli tra i campi coltivati. Alberi di pere, albicocche, pesche, pure di fichi e di ciliegie, filari d’uva bianca e nera, piante architettoniche di pomodori, verdure basse. Ci s’infangava con allegria nella ragnatela di canalette di terra per l’irrigazione, dove l’acqua di pozzo apparentemente senza pendenza scorreva pigra o quasi in salita, ma il contadino che con due colpetti di zappa le costruiva era meglio di un ingegnere.

        Tra le poche case di quelle parti, brutte in confronto, la casa rosa spiccava. Stile vagamente modernista-funzionalista secondo il principio dell’ortogonalità, un po’ Villa Müller di Praga (1930) di Adolf Loos. Ma a noi ignorantoni sembrava più un castello futurista: la sua forma geometrica disegnata a riga e squadra (e niente tetto di coppi), le finestre alte, ariose e con le serrandine, i balconi larghi che giravano nello spazio, il giardino schematico e per noi insolito (senza frutti da rubare). Niente ghirigori estetici, proprio un villino morigerato. Ma ci intrigava soprattutto quel suo color rosa coraggioso e gentile, quando le nostre case-dalle-finestre-strette, mal intonacate a toppe, erano normalmente color grigio-cemento [papà diceva: costa tanto pitturarla, fatto il tetto si vedrà…].

Era riuscita a rimaner viva ed integra per più di 60 anni, la “nostra” casa rosa, sempre signorile ed elegante. Mentre intorno, divorando l’intera campagna, l’arrogante miseria progettistica dei palazzinari del tempo produceva il “quartiere non pensante” che ci ritroviamo, fatto di orridi alveari verticali per migliaia di umani senz’ali, con balconcini-ripostiglio bonsai e fiori carcerati morti stecchiti nelle fioriere compresi nel prezzo a metro quadro. Edifici spazzatura, diremmo oggi. Infatti adesso li vanno impacchettando di corsa come per una titanica raccolta dell’umido, ma è manutenzione-riqualificazione alla 110ª potenza, bellezza! 

 La casa rosa aveva resistito senza invecchiare (come Villa Müller di Praga), pur accerchiata come accade in Cina a quelle case dalla fine segnata che restano dritte su un rimasuglio di terreno sfidando i branchi di famelici bulldozer che scavano intorno e aspettano coi motori accesi.

Ma alla fine anche lei ha ceduto. Venduta, spogliata e subito abbattuta con velocità elettrodomestica. Al suo posto presto sorgerà un’altra torre-alveare multipiano come quelle vicine ora impacchettate, ma assurdamente attraente per i cacciatori di status symbol: nervi d’acciaio e tutta bianca (neanche rosa), con garages interrati per SUV incorporati, giardino (simbolico) e spettacolare attico padronale-vista-qualcosa.

Non ha avuto la fortuna della Villa Müller che, passata anch’essa di proprietà, è stata intelligentemente acquistata dal Comune di Praga, restaurata dal Ministero della Cultura (fin negli arredi) e trasformata in frequentatissimo Museo. 

 

       E’ che da queste parti razzolano amministratori pubblici ignoranti e inconsapevoli, pure “sorvegliati” da  Soprintendenze distratte o cieche. Comandano i soldi. C’è infantilismo consumistico. Nessuno che pensi controvento, cioè dalla parte giusta.

 

       Né tra noi tapini scontenti e incazzati si trovano più personaggi popolari ma lungimiranti, disinteressati e di grande spirito civico, come l’amico Batti’ che – con un manipolo di “garibaldini” – nella vicinissima via Formentini riuscì prima a difendere quell’arido “spazio vuoto” e a cacciare le gru che già ne stavano facendo una ghiotta area fabbricabile - guai lasciare uno “spazio vuoto” libero - poi a preservarlo e a creare le condizioni per farlo felicemente vivere dall’intero quartiere fino ad oggi. Era “Art for Rebellion”? Sì.

 

       Purtroppo invece, noi non usciremo più dalla “squallida morsa di cemento e infelicità” (T.Montanari).

 

PGC - 15 febbraio 2023

1 commento:

  1. [Riportiamo una bella lettera pervenuta a commento dell'abbattimento della "Casa rosa"]

    MACERIE MACERIE MACERIE:.....
    Sono un'abitudinaria: mi piace ripercorrere le strade già battute, quelle della mia infanzia. Rivedere quel portone, quel cortiletto dove, bambini, ci riunivamo (oggi dove sono più i ragazzini che giocano in strada?).
    Ci sono stati molti cambiamenti nella mia città. Ma quella meravigliosa palazzina rosa- incanto era sempre là, un punto fermo nella mia vita. Passandovi davanti lanciavo sempre un'occhiata a quella nota di colore tra il grigiore dei palazzoni sorti intorno a essa. Specialmente in primavera i suoi balconi erano un tripudio di fiori dal rosa al rosso all' amaranto... qualcosa da immortalare in una fotografia. Spero che qualcuno lo abbia fatto.
    Quando, tanti anni fa, abitavo in fondo alla via Sabotino, la mia era una delle poche case in quella zona. Da lì ammiravo in mezzo al verde la villetta rosa, da cui vedevo uscire, nelle domeniche di sole, una famigliola con bambini e biciclette che si perdevano nella campagna... (la via Formentini era poco più che un viottolo). Era come guardare un quadro dipinto dal più bravo dei pittori.
    Cara, bella palazzina rosa della mia infanzia, sai cosa ho visto l'altro giorno passando nei dintorni? Escavatori come draghi ormai sazi, e tu affondata in un cumulo di macerie. Sinistri automezzi verranno a portarti via.
    Ora mi rivolgo a te, caro ri-costruttore: so che non la rifarai uguale, i miracoli non si ripetono. Ma ti prego di una cosa: di salvare il BELLO. Il bello predispone al BUONO.
    Una cittadina innamorata di San Benedetto#

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