16/06/25

COSE DA LEONI

 L'operazione in Iran si chiama "Leone nascente".

L'assassino Netanyahu avrà chiesto il permesso?

PGC - 15 giugno 2025

09/06/25

"Madamina, il catalogo è questo"

Vignetta di Natangelo - Il Fatto Quotidiano 5.06.’25

               …Non già che mancassero leggi e pene (…). Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati con minuta prolissità; le pene, pazzamente esorbitanti, e aumentabili (…) ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori. (…) Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò, quelle gride (…) non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l’impotenza de’ loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d’aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano

     [ A.Manzoni, I Promessi Sposi  - cap.I ]

 

     Lunghetto il Catalogo. No, non il catalogo di Leporello delle belle che amò il padron mio; magari ci soccorressero la levità geniale di Mozart e Da Ponte, la bellezza come antidoto alla tossicità di un potere politico dal volto arcigno, voglioso di agitare manganello e galera! 

No, qui solo il plumbeo DL Sicurezza col suo lugubre catalogo di nuovi reati più un congruo numero di aggravanti più un bel pacchetto di norme repressive. 
Varato da un Parlamento di pavide pasciute marionette. 
Contrastato - si fa per dire - da un’opposizione - si fa per dire - caricatura di sé stessa. 
Firmato da un Capo dello Stato troppe volte dimentico di Costituzione (dell’art. 17, per esempio - diritto a riunirsi pacificamente e senz’armi - e dell'art. 21 - libertà di manifestare il proprio pensiero. Per dirne solo due).

 

In Italia seicento e quaranta / in Almagna duecento e trentuna - canta Leporello - e giù una serie numerica di sicuro effetto comico: Cento in Francia, in Turchia novantuna, ma in Ispagna son già mille e tre

Uguale effetto comico, al di là del tragico, ampiamente raggiunto anche dal nostro Decreto Sicurezza: l’iperbolico numero di conquiste del dissoluto serial lover Don Giovanni - sciorinate dal servo a beneficio della sventurata Donna Elvira - non è meno grottesco della paranoia securitaria che permea il lungo catalogo delle libere manifestazioni di dissenso, dei comportamenti di protesta non violenta fino a ieri - e non tutti - da sanzione  amministrativia e oggi - tutti - reati da galera: il blocco stradale non violento (la cosiddetta norma anti-Ghandi), la contestazione delle Grandi Opere, le manifestazioni ambientaliste e animaliste, eccetera. 

Forme di protesta già depenalizzate nel 1999, per dire il nuovo che avanza.

E giù giù lungo la repressione di atti magari illeciti ma non certo degni di galera, fino alla criminalizzazione della cannabis light (priva di principio stupefacente, utilizzata anche a scopo terapeutico). Non male per chi come Nordio voleva alleggerire le carceri (i carceri, dice) depenalizzando un po’ di reati: gli togliessero il fiasco, ogni tanto…

E non è, ahinoi, la parentesi comica (pur inscindibilmente legata al dramma e alla tragedia) del catalogo di Leporello.

 

Qui al contrario, nelle logiche securitarie del decreto si annida l’anima profonda di questo ceto politico e delle forze al governo: classiste e retrive, intimamente fasciste. 

Pugno di ferro dunque coi deboli (e con chi magari “delinque” per necessità o disperazione; perfino coi bambini di meno di un anno condannati al carcere con le loro madri - essendo solo 4 in tutta Italia gli "Istituti a custodia attenuata per le detenute madri", gli ICAM). 

Maglie larghe invece coi forti, e garanzie e tutele statali per i pubblici ufficiali (non più infatti sospensione immediata per gli indagati dal manganello facile e peggio, assistenza legale fino a 10.000 euro a carico dello Stato); e, ciliegina sulla torta, ampio spazio di manovra ai Servizi Segreti (le cui devianze tante tragedie produssero in anni bui della storia recente d’Italia).

I numeri: 39 (gli articoli del Decreto); 14 (i nuovi reati); 9 (le aggravanti). Chi vuole può giocarseli. Come le conquiste del dissoluto punito  nel catalogo di Leporello - Un catalogo egli è che ho fatt'io - questi sono  numeri di “conquiste”: per chi le ha scritte, volute, votate, firmate, accettate.

 

Per tutti noi altri, sono piuttosto la misura di un deficit di civiltà più che mai profondo; sono un passo decisivo verso la compressione del dissenso; verso la criminalizzazione di condotte che nascono dal disagio sociale sul quale ci si guarda bene dall'intervenire; verso la cancellazione - conclamata oggi con feroce prosopopea - di diritti e di spazi di libertà democratica.

 

-          Oggi voteremo un Referendum, anzi 5: prima che ci tolgano anche questo, prima che sia tardi - finchè ancora tempo (…) e prima che bruci Parigi – cercheremo di assaporare, non ancora sconfitti, un residuo scampolo di democrazia


 

*W. A. MozartDon Giovanni, Atto I, scena V
 
Sara Di Giuseppe - 8 giugno 2025

 

05/06/25

GRANDE PENNELLO per GRANDI REFERENDUM


 
Per affiggere i nostri manifesti dei referendum, da improvvisati attacchini abbiamo messo un pennello grande a rullo in cima a un bastone e fatto in casa della colla che pareva un brodo col dado. Risultato: alcuni sono subito caduti da soli, altri ce li hanno staccati facile. 

Tutta colpa del pennello: ci voleva non un pennello grande, ma un GRANDE PENNELLO!” (CINGHIALE magari, ma quella pubblicità non c’è più…).

Il gusto e la fatica di fare gli attacchini come quando eravamo manovalanza operativa esterna dei partiti. Però, oggi, con lo spirito di cani sciolti, di manovali del nostro pensiero
Col nostro CHI VOTA MANGIA LE MELE, copiato dall’indimenticabile CHI VESPA MANGIA LE MELE del ‘70 (pietra miliare della comunicazione, che perfino rilanciò la Piaggio!), abbiamo tentato di scacciare l’atavica tristezza della politica facendo i seri giocando, e occupando le deprimenti plance di ferro orfane di manifesti (salvo alcuni inguardabili). 
Abbiamo provato a scacciare la noia, a incuriosire, a incentivare l’affluenza a cui già fanno il funerale. Diffondendo poi in rete le buffe foto di attacchini precari in cerca di lavoro…
Zero risultati, i nostri giornalisti c’hanno altro da fa’. Almeno sapessero spiegarli, ‘sti referendum.
 
PGC & FdZ - 5 giugno 2025

27/05/25

BIANCO E NERO


Il bianco del papa, il nero dei calciatori. Il Napoli, eh, mica calciatori qualsiasi, non vai dal papa se non sei da scudetto; e ci vai in tiro: tutti neri come a lutto. 
Con le sneackers bianche però, che fanno figo. 
Prima di loro c’era stato il rosso carota di Sinner (ma pure lui in nero), che s’era portato mamma e papà; loro si sono portati presidente e staff tecnico, i genitori l’hanno lasciati a casa, so’ grandicelli. 

Ti viene il dubbio, da cotanto affollamento di sport in Vaticano, che Leone aspiri a diventare presidente del Coni.

Che vai a pensare. È così che si fa, i bravi sportivi vanno dal papa, ogni tanto pure da Mattarella: l’uno e/o l’altro fanno il discorso edificante, loro fanno la faccia della domenica a messa, quella da eh sì signora mia; a volte si commuovono, la lacrima virile dona, agli uomini duri che non devono chiedere mai.

E poi Leone ha toccato punti importanti nel discorso, sapete: soprattutto nel parlare dell’aspetto educativo del calcio, del suo valore sociale e del fatto che “quando lo sport diventa business” rischia di perdere la sua valenza educativa.

Ma non mi dire. 

E chi se lo immaginava, che il calcio potesse diventare business. Sport puro come acqua di sorgente, del tutto estraneo agli affari loschi, alle violenze, allo sperpero di denaro, alle cifre che gira la testa a sentirle e sfamerebbero metà della popolazione del pianeta. Tutto ciò non tocca certo il calcio, signori miei!

 

Dunque il monito di Leone era rivolto in astratto al “pericolo”, tout court, che il valore educativo del calcio venga messo in discussione da qualche morto ammazzato, dalle curve naziste, dalle infiltrazioni di mafia, dagli scandali delle società, dagli affaracci eccetera. Tante bruttissime cose che il calcio in realtà non l’hanno mai sfiorato e però bisogna vigilare perché ciò non avvenga.

Se poi qualche malmostoso sostiene che “il gioco del calcio è il più grande mattatoio di cervelli che sia mai esistito”, è  solo livore, o invidia.

Tutto chiaro? Ma certo.

 

Meno chiaro è perché il papa, che è anche capo di uno Stato e non solo capo religioso, che è dunque una figura politica oltre che carismatica, non eserciti questa sua funzione diversamente, avendone l’autorità e la legittimità.
Convocando in Vaticano, per esempio, non dei bambinoni viziati e milionari ma coloro che in questo momento tragico e folle della nostra storia rappresentano e praticano la negazione di ogni valore, di ogni umanità, di ogni etica. 

C’è l’imbarazzo della scelta, di politici criminali da neurodeliri siamo pieni, e hanno in mano le sorti del pianeta: ma dovrà cominciare senz’altro dal macellaio Netanyahu. 

Poi potrà sbizzarrirsi a piacere, a riceverli uno dopo l’altro c’è da riempirsi le giornate, e naturalmente il fervorino edificante dovrà essere sostituito da un paccutissimo stock di  scomuniche.
Intanto salverebbe un bel po’ di vite dal macello, dalle bombe e dalla fame, e il silenzio degli innocenti non peserebbe anche su di lui.

 

No, eh?
 
Sara Di Giuseppe - 27 maggio 2025

26/05/25

GAZA END, il quorum dei morti

   Noi maligni ne dubitavamo. Invece il Governo Israeliano è davvero campione di democrazia: Netanyahu ammazza secondo Referendum, pare che si fermerà appena avrà trucidato il 50% +1 degli abitanti della striscia di Gaza. Per lui è un quorum come un altro, però funerario.

  A saperlo, non ci affannavamo a comprare su Amazon le bandiere palestinesi da sventolare dai balconi e nei cortili alle tappe del Giro d’Italia, costringendo - per l’identificazione - Carabinieri e Polizia a far di corsa le scale (e se cadono?), a entrare nelle corti private (e se il cane li mozzica?) ecc. attratti dal palestinese triangolo rosso molto più che dalla carta moschicida. Si precipitano, verbalizzano, identificano duro. Ovviamente accolti male, dopo pure ci si offendono! Poveri cari

 

   E non ci saremmo fatti (giustamente) menare in piazza, non avremmo imbiancato coi sudari le città, progettato teatrali flash-mob, stampato locandine (con le mele), piatito intellettuali decenti, per stanare i politici, scuotere gli imbambolati: farli un tantino sdegnare. Mica facevamo tutto ‘sto casino. Si pazientava fino al raggiungimento del benedetto quorum del 50% +1 di anime e amen. Ma saremmo rimasti sereni anche dopo. Netanyahu, uomo d’onore, sazio di (mezzo) genocidio, offrirà lui stesso la “pace giusta”. Dando il via - con entusiasmo - anche alla costruzione di villazze e resort sulle spiagge, alberghi di design, casinò… Chi meglio di lui, candidato al Nobel per la Pace.

   Fattostà che il funerario quorum del 50% +1 di morti ammazzati è ancora lontano. Vanno bene droni, missili, aerei, carrarmati, mine e bombe in quantità industriali, ma non bastano. Netanyahu deve accelerare. Fortuna allora l’antica ma sempre buona genialata: l’assedio feroce, con chiusura di tutti i rubinetti (acqua, gas, carburanti…) e azzeramento dei viveri. Rendere gli aiuti umanitari insufficienti fino a nulli - solo qualche camion al giorno - e interrompere la catena di distribuzione dispensando pochissimo cibo. Però “buono da morire”. Un tempo la si chiamava presa per fame.

    Nell’impossibilità di sfamare i 2 milioni di civili della Striscia, molto presto così ne morirà 1 milione senza spender soldi in armi e munizioni. 

   E raggiunto finalmente il quorum del 50% +1 di palestinesi uccisi l’indisturbato Netanyahu sarà ancora vincente. 

   GAZA END. Evviva. (si fa per dire)

PGC - 24 maggio 2025

25/05/25

I NOMI DELLA FEROCIA


“Gaza non è un campo di battaglia ma un sito di cancellazione”

(P.Corrias, Il Fatto Quotidiano 21 maggio ‘25)



"Chissà se, come dice la Scrittura, le ossa umiliate - tutte le ossa umiliate - un giorno esulteranno"

(Claudio Magris)



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Cambiano i nomi in codice - oggi Carri di Gedeone (Israele, maggio 2025), ieri Soluzione Finale (Germania, gennaio 1942, Conferenza di Wannsee) - ma la ferocia umana non cambia. 

 

Ieri macchina scientificamente pianificata al genocidio di un popolo, l’ebraico; oggi pulizia etnica o genocidio, comunque si voglia chiamare il piano di distruzione totale di un territorio e della sua popolazione, quella palestinese - in spregio della Convenzione del 1948 contro il genocidio - mediante gli attacchi a fuoco da terra e dal cielo, l'assedio e la morte per fame e malattie con blocco degli aiuti alimentari e sanitari, la deportazione finale in altro territorio della popolazione superstite.

 

La domanda - come si è potuto consentire che accadesse? - nasceva dalle Ossa Humiliata del martirio di allora, nasce da quelle ancora calde del martirio di oggi. 

Lascia attoniti l’assenza abissale di risposte.

 

Della realtà di allora - “che deve restare inconcepibile", scrive Claudio Magris nella prefazione a "Necropoli" di Boris Pahor - nessuno potrà mai dirsi innocente salvo coloro - sopravvissuti e non, i sommersi e i salvati, e chi ha visto  la Gorgone (P.Levi). 


Di quella odierna, l'incommensurabile orrore precipita sulla nostra sazia quotidianità con fragore apocalittico; e della sua operazione finale conosciamo i nomi, fraudolentemente pescati dal criminale Netanyahu e dai criminali suoi complici nell’antico e nella tradizione ebraica. 


“Fusione di fanatismo teologico e guerra tecnologica”* l'operazione Carri di Gedeone si avvale delle più sofisticate tecnologie (droni, I.A., sorveglianza elettronica, codici cibernetici) e di possenti sistemi d’arma: dove i Carri (merkavot, i mitologici carri da guerra) sono oggi i tank Merkava “simboli della potenza militare israeliana”; e il biblico guerriero Gedeone sterminatore in nome di Dio degli oppressori - gli arabi Madianiti - suffraga la simbologia della crociata benedetta dal volere divino.

 

Strategia “non solo militare ma copertura per pulizia etnica e aggressione” - come denunciano le organizzazioni per i diritti umani e gli osservatori internazionali - approvata all’unanimità da Governo e responsabili israeliani; condivisa dallo psicotico bullo statunitense che pregusta l’imminenza del lussuoso Resort Gaza; consentita di fatto da un Occidente e da un’Europa complici dei crimini con il proprio silenzio, che non erogano una sola sanzione contro il governo israeliano anzi commerciano con quello in armi, che lasciano inascoltate le associazioni per i diritti umani, che manganellano - non solo  metaforicamente - chi si oppone e denuncia. 

Fiancheggiati da una stampa internazionale appecoronata e complice che in un’orgia di imbecillismo e malafede bolla di antisemitismo ogni protesta anti israeliana; che invoca il 7 ottobre e il diritto all’autodifesa - la solfa, che ben conosciamo, dell’aggressore e dell’aggredito - per giustificare “questo anno e mezzo di follia militare e politica, israeliana e internazionale” (Tomaso Montanari), per coprire l’indicibile, per raccontare la belva umana.

 

Oggi, come nauseabondi zombies svegliatisi dal sonno collettivo, questi indecenti governanti alzano voci ipocrite di presunto sdegno, recitano il copione sporco, strappato e logoro del compianto e della condanna a posteriori. 

 

È TARDI. 

 

Pesi per sempre su tutti loro e affolli le loro notti il sangue di tutti quegli innocenti, delle oltre 60.000 vittime, dei 28.000 bambini uccisi, delle migliaia che stanno morendo e moriranno ancora; li raggiunga implacabile il grido di quelle ossa umiliate, li schiacci l’orrore dei corpi maciullati dai cecchini e polverizzati dalle bombe, li annienti la supplica della popolazione affamata e morente. 


Le migliaia di bianchi sudari che ogni giorno da un anno e mezzo vediamo sfilare sui nostri schermi siano la condanna incancellabile scolpita nelle pagine della Storia, quella condanna che nessuna Norimberga pronuncerà mai per i criminali che ci governano.

 

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    “Soltanto un film potrebbe cogliere la massa multicefala che, con istinto centuplicato, a mezzogiorno brulica e ondeggia propagando nell’aria (…) un forte tremore dovuto all’attesa di un mestolo dell’acquosa, ma calda, sorgente di energia”


(Boris Pahor, Necropoli, 2008)

*(G.Gagliano in Inside over)

 

Sara Di Giuseppe - 24 maggio 2025

 


17/05/25

La mostra (la festa) appena cominciata è già finita*

SENZA CONFINI

Mostra fotografica di FERNANDO FELICETTI
 

San Benedetto del Tronto - Palazzina Azzurra   3 - 14 maggio 2025

 

    12 giorni di calendario, 8 giorni di apertura, 48 ore per visitarla. La mostra appena cominciata è già finita. Felicetti poteva lasciare la macchina in pineta col cofano spalancato: le sue foto SENZA CONFINI “transitate” in Palazzina come un treno (in silenzio), oggi se le ricarica e chiude. 

    Arriva infatti un’altra “mostra e fuggi”, anch’essa senza santi in paradiso e da tempo immemorabile in lista d’attesa, come una visita alla ASL. Finchè, saltando la fila oh yes… almeno per tutta la bella stagione metterà radici stabili in Palazzina - ovviamente raccomandata oh yes… - la consueta portentosa GRANDE MOSTRA da 100/200 giorni caricata con la propaganda (a pallettoni ma a salve, infatti farà cilecca): ben recensita dove e come si deve, pompatissima da critici sapienti, pseudo-intellettuali in affitto, intenditori del nulla, chiacchieroni con l’ultimo libro adesivo (in odor di Strega) da promuovere, più nani e ballerine. All’artista plebeo in lista d’attesa, o che fiducioso ci si mette, gli si dirà fatti più in là, tu non conti niente. 
Così è ridotta la Palazzina Azzurra: terra di conquista di corsari più mercanti che artisti. 
Come quei gemelli pubblicitari Van…qualcosa (mica olandesi, torinesi!) che - pure ad Ascoli - quasi ci misero casa fino a febbraio, e si pagava, per vedere la loro pitturazzata motocicletta pop!  

    Comunque, un viaggetto SENZA CONFINI per tutti i continenti tra le foto di Felicetti siamo riusciti a farlo. 

 Di fretta, per forza, ma in tempo per capirne un po’ lo spirito, il perché di quegli scatti rivelatori di tanta architettura (razionalista?) di mestiere. Non solo nelle inaspettate immagini di città, nei particolari edilizi “cercati”, negli scorci prospettici aguzzi, nei moduli ripetitivi simmetrici, che sembrano respingerne la monotonia. Ma anche in quelle apparentemente casuali di persone: il volto enigmatico e triste, pensoso e accusatore, della bambina della Mauritania, inclinato di 25°, sottolineato da quello che pare (o è) un invalicabile pesante grosso muro nero. Per dire che ogni foto meriterebbe una “analisi del testo”, come si faceva a scuola.

 

    Difficile che sfugga nelle foto in mostra – oltre all’originalità e al ritmo - la rigenerante filosofia di lavoro dell’autore, quella “ricerca di valore” in ogni inquadratura, anche nella più normale: quasi che nel suo intorno, come nei viaggi, lui prima cerchi, trovi e indaghi il particolare nascosto o trascurato (normalmente “invisibile”, a noi tapina maggioranza) e poi, spinto da un illuminante raptus di pulizia, di giustizia, di bellezza, con uno scatto lo esalti! 

Emblematica la foto della grassa-stramba-e-storta, vagamente brutalista (ma proprio nel senso di brutta) proboscide di vetro e cemento del MAXXI di Roma, nella quale - certo per sacrosanta rivalsa - si riflette l’anziano magnifico palazzo (di “solo” 6 piani) tipicamente romano-romanesco pure nel colore. Non ti viene da pensare che quella bellezza che vedi non esiste, è un’illusione, è solo il riflesso fantasma del palazzo che c’era una volta… e che ti trovi davanti all’ennesima invenzione felice di Felicetti (a cui - come a noi - il MAXXI forse non piace)?

      

*Canzone per te  (BARDOTTI - ENDRIGO  1967)

PGC - 14 maggio 2025

12/05/25

Indomito "riparte"

 


       Eccolo che riparte, il nostro indomito ‘poeta di viaggi per terra e per mare’.

 Con una stella marina e una conchiglia.

 

Giorgio- 11 maggio 2025

11/05/25

FUMO DI ROMA

ovvero

DATEVI UNA CALMATA

Difficile rintracciare un barlume di razionalità tra le nebbie, i fumi, le fumate di questo aprile/maggio tragico e confuso, disseminato di guerre inutili e feroci (pleonasmi: c’è guerra che non lo sia?) e di folli dottor Stranamore in fregola bellicista; impossibile comprendere e accettare che un mondo a pezzi e sull’orlo ormai del precipizio si fermi incantato come un bambinone un po’ fesso davanti a un brutto comignolo romano e allo strambo rituale delle fumate così simili ai segnali di fumo degli indiani Arapaho.

C’è che l’immaginario collettivo si nutre di suggestioni, e vuoi mettere la magica attesa della fumatona – nera o bianca, rosa forse se mai si eleggerà una papessa – contro la fredda tecnologia di un display che invece dei punti nel basket dica se il papa ce l’habemus o no.

Però. Se Dio c’è, ci salvi almeno dal diluvio. Non l’universale e biblico, no, che ce lo meriteremmo tutto –essendo chiaro che peggior sorte non poteva toccare al pianeta, quest’atomo opaco del male, dell’essere abitato dalla specie umana – bensì quello che ci sta piovendo addosso a tema unico e unificato: il magico mondo del Vaticano, The greatest show on earth.


Funzionano così, le droghe: vedi solo quelle, il resto cessa di esistere. 

L’hanno ben capito i politici nostrani - e, va da sé, i giornaloni e tutta la stampa da riporto - e con loro tutto il cucuzzaro internazionale: mediocri e inetti sì, dal primo all’ultimo, ma furbi quanto basta per sapere che una fortuna così, quando gli ricapita.

 

Perché il più grande spettacolo del mondo è una provvidenziale droga collettiva che fa sparire in un amen (letteralmente) le porcate della politica e le follie nostre e altrui; che qui da noi permette di nascondere ai radar i 5 referendum ai quali manca meno di un mese; di far passare inosservati  la demolizione scientifica dei sistemi giudiziario, sanitario, scolastico, il riarmo che procede a rotta di collo e i paccuti finanziamenti a quello destinati e sottratti a tutto il resto, le politiche guerrafondaie dell’Europa a cui ci accodiamo in nome della…pace, gli stermini di popoli (relegati quasi tra le brevi di cronaca, come gli accoltellamenti tra balordi da stadio). 

 

È bastato che nel discorso del Leone vestito di porpora e d’oro la parola pace risuonasse più volte (le hanno pure contate!) et voilà: giornali, giornaloni e giornaletti, tromboni e trombette, timpani e grancasse in delirio collettivo a dirsi e a dirci che un'età dell'oro sta per dischiudersi ora che sul soglio di Pietro siede un Leone.

 

Si cita la “meraviglia” di quel nome scelto in continuità - se ne dicono sicuri - col XIII, quello della Rerum Novarum. 

Dimenticando che quest’ultima, innovativa per i tempi, era pur sempre di "impianto concettuale ed etico così paternalisticamente codino" che prenderla a modello è proprio un azzardo (definiva il socialismo una potente ingiustizia, la proprietà privata un diritto di natura, condannava la laicità dello stato e la lotta di classe,  riteneva torre dal mondo le disparità sociali, esser cosa impossibile…insomma non proprio Che Guevara…) 

 

Meglio questo, tuttavia, che farsi venire in mente quell'altro, il mediceo Leone X - niente meno che figlio del Magnifico - e il suo esultante, goliardico e arcinoto “Andiamo a goderci il papato”… 

[D’altronde aveva 38 anni - altri tempi - e si può capire… E poi non gliene restavano molti, defunse a 46. Un malore, si disse, ma resta un cold case: era già scampato all’avvelenamento una volta….Comunque no panic, da un pezzo i papi non li assassinano più].

 

Insomma, datevi una calmata. Perché di questo passo toccherà nominarne presto un altro, di papa, se non  si vuole che dissoltisi troppo presto i fumi del fumo di Roma le folle tornino a vedere chiaro – d’una chiarezza allucinante - e si accorgano che non solo il re, ma pure il papa è nudo, e i suoi richiami alla pace – vedere Bergoglio per credere – hanno sulle scellerate politiche mondiali lo stesso effetto  di quelli di missitalia.


A meno che l’attuale non si dimostri un leone per davvero e scomunichi, coi loro capi, i regimi genocidari, quelli guerrafondai, quelli che le guerre le fanno per procura, quelli che fanno strame dei diritti umani e civili. Cominciando, in rigoroso ordine alfabetico, da Netanyahu, Putin, Trump, Zelensky. E via scomunicando…

 

Sara Di Giuseppe - 11 maggio 2025