02/07/21

Le rondini di Budapest

 SPOLETO – 64° FESTIVAL DEI 2MONDI
 
CONCERTO ENSEMBLE ARCHI
Musicisti della Budapest Festival Orchestra
[ Musiche di Dmitri Šostakovič, Ernő Dohnányi, Astor Piazzolla ]
Chiostro San Nicolò – 26 giugno 2021
 h 19.00
 
            Spoleto. L’incanto del chiostro San Nicolò alle sette della sera, con quella luce un po’ così, con quel silenzio un po’ così, e quella gente che c’è lì sulle sedie avvitate in fila sul prato a distanza anti-contagio, ad ascoltar gli ungheresi. E quel venticello un po’ così che esce dalla collina, che ti asciuga e ti corrobora, mentre trasporta alla giusta velocità e intensità le onde musicali di un mondo diverso, asburgico, balcanico, ma non selvatico.
E le rondini d’Umbria, naturalmente gemellate con questo formidabile Ensemble d’archi di Budapest.
Anche loro, le nere migratrici, prima rigorosamente in quartetto (op.110 n.8 in do minore di Šostakovič), poi in trio (Serenade in do maggiore op.10 di Dohnányi), infine gioiosamente in quintetto e sestetto nelle Quattro Stagioni di Buenos Aires di Piazzolla. Più la squadra di rondini-soliste velocissime ed eleganti, anche se non “colorate” come le umane violiniste soliste (qualcuna col fascinoso violino nero, però).
Instancabili le rondini, come tutte le loro simili - ad ovest il sole della sera si appoggia ormai sul tetto del chiostro - volteggiano su di noi in circoli ellittici a quote di sicurezza variabili, medio-alte ma di temeraria acrobazia quando la musica si fa energica, disegnando traiettorie ardite e sicure (con Šostakovič e con Dohnányi non si scherza).
 
In formazione ridotta di trio (Dohnányi), eccole pure in spericolate “variazioni” raso terra, con l’aiuto esterno di rondoni-violoncellisti di contrappunto. 
 
Sarà che verso le sette e quaranta il sole sta sparendo dal chiostro e nel venticello s’allungano le prime ombre. I musicisti sul palco seguono i loro volteggi più con la mente che con gli occhi, noi più con gli occhi e le orecchie che con la mente. 
 
Di questa pensante “atmosfera di 2mondi” - terrestre e aerea - s’avvantaggia proprio la musica: lirismi danubiani (con influenze newyorchesi), ritmi simil-jazz che si spezzano come in certe danze balcaniche, e soliste ispirate. Ma tutto estremamente composto, nessun attrito con l’eccitata emozione danzante delle giovani rondini di Spoleto (o di Budapest?).
 
Sono traiettorie sonore, pennellate volanti, momenti sospesi, equazioni di coniche complesse e originali, specie nelle Quattro Stagioni di Buenos Aires, di un Piazzolla finalmente trascritto “diversamente”: non senti la mancanza del bandoneon, nessuno batte il piede sull’erba accompagnando il ritmo incalzante (ma a volte stucchevole) del tango, stasera invece scorrevole misterioso silenzioso e quasi malinconico, come l’acqua (blu?) del Danubio.
 
Le acrobatiche rondini-tanguere di Budapest aiutano perfino l’acustica: quando la voce degli archi si fa impercettibile e quasi non arriva (siamo all’aperto, senza microfoni, col “chiasso” delle rondini…) sentiamo bene lo stesso, le note viaggiano invisibili trasportate da rondini-musiciste professioniste. Alle nostre orecchie basta guardare gli archetti scorrere lenti e senza peso sulle corde, sotto la mira di sguardi infallibili.
 
Alle otto e trenta arrivano dei piccioni con due tortorelle, ma sono lenti e impacciati. Il concerto è finito. Chissà dove sono andate le Rondini di Budapest (o di Spoleto), non hanno aspettato neanche gli applausi.
 
 
PGC - 30 giugno 2021
 

 

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