06/09/23

LA VITA IN SUBAPPALTO


      Tanto loro non possono più parlare, gli sventurati operai morti di lavoro lungo una ferrovia nel torinese. Così, a meno di non richiamarli indietro dal silenzioso Ade per testimoniare, alla fine si “accerterà” che è stata tutta loro, la colpa d’essersi fatti sbriciolare dal treno in corsa. 

Giornaloni e tromboni e grancasse di regime sono già pronti alla bisogna. 


Normative sulla sicurezza, italiane ed europee, inadeguate e comunque disattese? Analisi e valutazioni di rischio non effettuate? Mancate verifiche di adeguatezza del Sistema di Gestione Sicurezza? Procedure non adottate da parte dei gestori e delle figure istituzionali deputate al controllo? Bubbole e quisquilie. C’è che se lavori di notte sui binari, un treno che ti spappola è una problematica che ti puoi aspettare [così come se vai in discoteca e ti sbronzi, vai incontro alla problematica che ti stuprino, l’ha detto in tivù il Giambry-compagno-d’Italia. Per dire come siamo messi.].

 

      Ci sarebbe quell’altra bazzecola che è l’italica costumanza dell’italiche imprese di subappaltare - legalmente, sia chiaro - tutto il subappaltabile. Anche cosette marginali tipo manutenzione e sicurezza nei cantieri: come fa l’azienda Rfi che subappalta la manutenzione della rete ferroviaria alla premiata - si fa per dire - ditta Sigifer [da cui dipendevano gli operai vaporizzati dal treno in corsa].

 

E sono appena 1.800 i cantieri di Rfi in subappalto in tutta Italia. 


     Criminale roulette russa che il mercato e gli interessi di bottega giocano con le vite degli altri: effetti collaterali, queste, quando si spappolano su un ponte d’autostrada, in fabbrica, in un cantiere qualsiasi o lungo i binari del treno.

Intanto, se le tecnologie avanzate (avanzate?) sono per l’alta velocità - cosiddetta, perchè ne vediamo di ogni pure là - sulla rete tradizionale invece si va avanti a comunicazioni cartacee e carta carbone, telefoniche se il telefono funziona, vocali - del genere “ahò, spostatevi se arriva il treno” – fino ai segnali di fumo che è uno scherzo impararli dagli scout.


      “Abbiamo un sistema ferroviario in enorme ritardo su molteplici aspetti della sicurezza” (A.Mortellaro) ma, alle brutte, premere il tasto “errore umano” funziona sempre. 

Come se l’errore non fosse l’anello finale di una catena di inadempienze, inadeguatezze, colpevoli superficialità, impensabili in una realtà in cui la tecnologia può segnalare un callo sul mio piede a chilometri di distanza, ma per impedire che si lavori sulle rotaie mentre passa un treno di notte siamo ancora alle tavolette del cuneiforme di Uruk.


      E i minimo 1800 cantieri subappaltati da Rfi (molti di più in realtà, considerando l’infinito moltiplicatore che sono  - storia nota - i subappalti dei subappalti) misurano l’estensione del fenomeno lungo tutto il belpaese: dai colossi - sempre impuniti - concessionari di autostrade con relativi gallerie e ponti in odore di sbriciolamento e manutenzioni effettuate ad ogni cambio di era geologica (ponte Morandi docet) - alle imprese di ogni settore senza eccezione, la corsa al subappalto (osceno ma legale, appunto) è la norma. 


      Così come in ogni Comune del belpaese - nord, centro, sud e isole - subappaltare permette di fare ciò che si vuole, come e con chi si vuole, favorendo l’amico o il parente o il potente al minor costo possibile e magari per “correre come una Ferrari” [nell’immaginario preadolescenziale della fratelladitaglia] così che i favori elargiti e le commesse ottenute amplino il bacino del consenso e dei voti di ritorno. 


Pazienza se a sì nobili obiettivi si sacrifica sempre più spesso qualche vita di passaggio, perchè viene sempre in aiuto il salvifico “errore umano”, meglio se attribuibile agli anelli ultimi della catena (all’aria ci vanno i cenci, n’est-ce-pas?). Smacchia ch’è un piacere, quello, lava via responsabilità, colpe, connivenze, insipienza e malaffare ai piani alti e medi, candeggia coscienze meglio di Omino bianco, dovrebbe provare, signora mia.


Ad ogni vita in subappalto che se ne va resta solo da aggiungere lo spettacolo del funerale più o meno di Stato, lo stucchevole rituale di applausi, fiaccolata e palloncini e, perchè nulla ci sia risparmiato, la svergognata retorica dei sepolcri imbiancati di ogni risma.


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 “…Ormai nessuno ci pensava, solamente qualche madre, qualche vecchierello […] al vedere gli altri che parlavano tranquillamente dei loro affari coi galantuomini, [….] col berretto in mano, e si persuadevano che all’aria ci vanno i cenci

[G.Verga, Libertà, 1882]

 

Sara Di Giuseppe - 6 settembre 2023

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