27/01/21

IL MONDO È SCOMPARSO

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        “Non hai mai pensato, caro Winston, che per l’anno 2050 nemmeno un solo essere umano sarà in grado di capire il significato di una conversazione come quella che stiamo tenendo ora?”
         (G.Orwell, “1984”)
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        Un alieno che calasse per avventura nel Belpaese (ma chi glielo farebbe fare) e s’imbattesse nei notiziari nazionali, si convincerebbe che il pianeta di cui ha sentito favoleggiare lassù si sia ristretto come un tessuto scadente o maldestramente lavato, riducendosi alla sola Italia.
Perché il mondo è semplicemente scomparso dalla nostrana informazione (sia televisiva che giornalistica).
Vero che questa non ha mai brillato per ampiezza di sguardo e di orizzonti: che si tratti di mamma tivù o degli acclamati giornaloni di proprietà e al servizio di chi conta, il provincialismo ne è - da molto o da sempre - la specificità che ci mortifica in ogni confronto col giornalismo del resto d’Europa.
Ma certo la calamità planetaria in corso – no, non Renzi; quell’altra – ne ha ulteriormente ridotto il campo visivo e da circa un anno il resto del pianeta è evaporato dalle cronache, e figuriamoci dagli approfondimenti e dalle inchieste.

Sparite intere aeree del mondo di cui non si sa neanche più, salvo recarsi sul posto, se esistano ancora; di altre - tolte le psichiatriche cronache trumpiane con annesse sovradimensionate “maratone” - si sa appena il necessario per paragonarvi superficialmente le italiche epidemiche vicissitudini o tornano utili all’audience in caso di provvidenziali catastrofi…

Perfino il terrorismo è stato vaporizzato da ogni orizzonte televisivo e giornalistico: praticamente in sonno, pur essendo noto che se lo è - un po’ - in Europa non lo è certo altrove nel pianeta ma, a meno che non ci scodelli una strage vicino a casetta nostra, chissene.
 
        Contestualmente al contrarsi del campo visivo - patologia cronicizzata - si restringe, si minimalizza, s’impoverisce anche il linguaggio della (cosiddetta) informazione; di quella televisiva soprattutto, popolata di metafore che neanche le cronache calcistiche, prestate dalla peggior lingua parlata.

Nessun campo semantico è risparmiato, anzi la crisi politica si somma all’emergenza sanitaria stimolandone di nuovi: si va dal casereccio rimboccarsi le maniche, volano gli stracci, al machista/bellicista scendere in campo, serrare i ranghi; al cinematografico cabina di regia; al funerario andare alle urne (macabro, data la situazione); all’ascetico/ascensionale salire al Colle; all’andante con moto (o senza) e adesso andiamo all’estero; allo scolastico/sintattico il condizionale è d’obbligo; allo scolastico/matematico trovare la quadra; al pittorico mettere nero su bianco che un po’ somiglia all’Indovinello Veronese di 8°/9° secolo ma figurati se lo sanno; al nautico remare contro; all’ inquietantemente ortopedico quarta gamba. E via metaforizzando.
 
Il resto è linguaggio sciatto e poverissimo, spesso improprio, improbabili arzigogoli perditempo e maldestra mescolanza di registri dominata dal parlato, e in tivù come sulla stampa le eccezioni sono meno delle dita di una mano.
 
Stiamo sereni, però, perché a breve l’Italiano sarà finalmente “materia facoltativa a scuola”, e ti saluto e sono.

Scomparso già dalla Maturità il tema d’Italiano, abolita - o quasi - anni fa in molti indirizzi la Geografia, e la Storia non se la passa bene dato che “la geografia spiega la storia e viceversa”, e quanto all’Educazione Civica chi era costei, finalmente politica e informazione, burattini e burattinai non dovranno più darsi la pena di spingere lo sguardo sulla cultura e sul mondo.
 
A tutti loro e a noi per essere appagati e felici basterà che campeggi ovunque quel motto, quello che in eleganti caratteri abbellisce la bianca facciata dell’orwelliano Ministero della Verità:
 

L’IGNORANZA È FORZA

 
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        “…Relativamente al nostro, il vocabolario della neolingua era assai sottile, e ci si adoperava di continuo per trovare il mezzo di ridurlo ulteriormente (…). Ogni riduzione rappresentava una conquista, perché più piccolo era il campo della scelta, più limitata era la tentazione di lasciar spaziare il proprio pensiero”.
         (G.Orwell, “1984”)  
 

Sara Di Giuseppe - 27 gennaio 2021



 

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