14/12/17

Cineteatro San Filippo Neri. Gegè Telesforo: "...ma non è dei tuoi che volevo parlare…”


Succede di rado che un bravo jazzista sappia gustosamente intrattenere con le parole oltre che con la musica, con eleganza e proprietà di linguaggio anche. Di solito, su un microfono sempre troppo basso e debole, è il più intraprendente del gruppo (o quello tirato a sorte) che snocciola, tra intermittenti applausi, solo nome-cognome e strumento dei colleghi; poi l’ultimo ritualmente ricambia indicandolo con goffo gesto e dicendo il suo. STOP. Sono sobri parlatori, i musicisti. Ma lo sanno loro stessi, e intelligenti restano nel loro campo di eccellenza. Non fanno come i calciatori o gli allenatori, che inseguiti implorati assediati e intervistati fin negli spogliatoi malmenano pensosi la lingua peggio del pallone. 
        Però stasera, col Gegè Telesforo quintet, pareva strano a chi li conosce che il concerto contemplasse “solo” la musica. E in ultimo, infatti, facendosi spazio con garbo e senza spingere, le parole sono arrivate: tra Gegè e i suoi - e noi ad ascoltare attenti - si è snodato gradualmente e come per caso un “racconto” piacevolissimo, confidenziale, elegante, divertente; libera conversazione tra amici, che di ognuno spolvera vicende personali, storie di vita, ricordi di famiglia, aneddoti, cose buffe. Gegè conduce da professionista, la voce giusta e chiara, così che noi respiriamo più aria di radio-radio che di teatro: ce li immagineremmo così anche senza vederli, i personaggi! E da loro, risposte brevi, fra il timido l’impacciato e l’incerto, con pudore, da ragazzi educati (di una volta) “interrogati” dal maestro buono e un po’ severo…  
        Così di Alfonso Deidda - che, artigliati charleston e sax, in bilico sullo sgabello non batte mai ciglio - Gegè passa in rassegna l’intera sua famiglia salernitana: padre pianista jazz, madre cantante e cuoca, fratello valente sassofonista – e quindi anche lui, “per ripicca” … …ma non è dei tuoi che volevo parlare… ma di te, così modesto e bravo, con me da 25 anni, che… con tuo padre tua madre tuo fratello e magari pure i nonni musicisti, no?… tu che dovevi fare… oltre a 3 figlie femmine…”
        “Fratello”Joseph Bassi, nascosto dal contrabbasso come dietro a una lavagna, sa che tocca pure a lui: “Eccolo questo pezzo unico, questa entità, questa scultura d’arte contemporanea, questo graaande uomo (e si vede!) dalla immensa spiritualità… frate cappuccino mancato, a 13 anni, in quel di San Giovanni Rotondo… dove ebbe in visione… una chitarra! Ma non aveva fatto i conti col Jazz e lo Swing… così ascoltava di nascosto Count Basie sul Walkman Sony, anzi Aiwa… finchè Padre Priore Pancrazio, ricevuta una denuncia anonima, lo cacciò dal convento… appena dopo una settimana!... “Ma è di te, non di queste cose, che volevo parlare”…
        Non dirò di Seby Burgio e Dario Panza, anche loro sono stati raccontati con sorridente leggerezza. Anche perché non è delle storielle dei quattro che volevo parlare, ma della loro ottima musica… però mi dilungherei troppo. Dirò solo che ogni volta ci sorprende come, in una “lingua” che non ha vocabolario e senza suonare alcuno strumento, Gegè Telesforo riesca a farti godere le mille sfumature di cento orchestre, pur se accompagnato “solo” da un quartetto. Qui non siamo nella sua Foggia [dove, ci dice, da certi pericolosi ambienti la musica lo ha “salvato”], ma è dappertutto che la musica di ogni genere può rivelarsi “terapia salvifica”. Come stasera: gocce sincopate alla Bob Marley, sapori di Paolo Conte, esotiche atmosfere di Brasile, aromi di swing e blues…Perfino simil-arborate pazzesche: come nel finale, quando al segnale convenuto (i cinque si infilano buffi cappelli colorati e cappucci di lana grossa) il pubblico salta su come a un gol dell’Inter, e berretti, guanti in aria, sciarpe roteanti, grida sgarrupate, giubilo… Tutto finto, si capisce, “recitato” per Paolo Soriani-fotografo che con le sue mini-riprese al volo è qui che prepara un imminente film-documentario per la RAI… 
 Eh, mi piacerebbe saperla riscrivere la scena…

PGC

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